Giorno 122
Per il nostro esperto, la conquista di Severodonetsk è militarmente insignificante per i russi, ma favorevole agli ucraini, grazie al restringimento del fronte.
Orio Giorgio Stirpe
A quasi un mese dall’inizio dell’attacco a Sverodonetsk, sembra che l’ordine di ripiegamento alle forze ucraine sia, finalmente, arrivato e che i russi possano veramente annunciare il controllo della città.
Il prezzo pagato per questo risultato è quantomeno discutibile, ma evidentemente il valore politico della completa presa di possesso dell’oblast di Luhansk secondo Putin è tale da giustificarlo.
Torniamo con la memoria all’inizio della battaglia del Donbass: i tifosi della “guerra di movimento” ipotizzavano grandi avanzate su Dnipropetrovsk e su Zaporizia; più prudentemente noi preferivamo parlare di Kramatorsk quale centro di gravità dell’offensiva, che almeno a giudicare dalle dichiarazioni ufficiali russe, era intesa alla “totale liberazione del Donbass”, e quindi degli oblast di Luhansk e di Donetsk. Per una serie di ragioni tattiche che non staremo a ripetere, avevamo infatti identificato in Kramatorsk il fulcro di tale offensiva, e avevamo previsto come il controllo di tale centro al termine della battaglia ne avrebbe determinato il vincitore.
Per arrivare a Kramatorsk, la seconda città dell’oblast di Donetsk, occorreva sfondare da nord, lungo la direttrice di Izyum, da sud lungo quella di Donetsk, e/o al centro partendo da Severodonetsk. Naturalmente secondo un ragionevole criterio militare era preferibile impegnare almeno due di queste direttrici per evitare assalti frontali e far valere la superiorità numerica ottenuta concentrando quel che restava della capacità offensiva russa… Chiaramente a patto che ci fossero forze sufficienti per farlo.
L’iniziale assalto da Izyum era abortito in seguito ai contrattacchi ucraini a est di Kharkiv, che avevano reciso le linee di sostegno logistico russe provenienti da Belgorod, e da tale situazione era derivato lo spericolato viaggio al fronte del generale Gerasimov; probabilmente già a quel punto il Capo di Stato Maggiore si era convinto della inadeguatezza dell’azione di comando di Dvornikov e aveva cominciato a premere per rimuoverlo dalla posizione di Comandante Operativo.
Abortito l’attacco da Izyum e arenatosi il fronte nord del Donbass lungo il fiume Donec, i russi hanno avviato un secondo ciclo di raggruppamento cercando di richiamare in servizio quanti più riservisti e volontari possibile senza però ordinare una mobilitazione vera e propria che avrebbe distrutto la narrativa di un’Operazione Militare Speciale che procedeva “secondo i piani”.
Riservisti, volontari, miliziani ceceni e mercenari del Wagner sono stati lanciati a quel punto in una serie di assalti frontali contro Severodonetsk, mentre i paracadutisti iniziavano una pressione più sistematica poco più a sud nel settore di Popasna per evitare il fiume. Per un mese abbiamo assistito ad una battaglia di attrito in perfetto stile Prima Guerra Mondiale, con gravissime perdite fra i militari di leva e i miliziani richiamati da poco, e in particolare fra i ceceni che dopo un iniziale successo erano stati respinti da un contrattacco in pieno centro abitato. Gli ucraini hanno enfatizzato la durezza degli scontri per ottenere ulteriore supporto dall’Occidente, e i russi hanno fatto altrettanto evocando lo sfondamento ogni volta che occupavano un isolato urbano o un villaggio nei sobborghi, lasciando entrambi intendere come fosse in corso una battaglia decisiva.
Sicuramente, si tratta di una battaglia maledettamente sanguinosa, ma che abbia un carattere “decisivo”, personalmente, ho molti dubbi.
Innanzitutto, come abbiamo detto Severodonetsk è semplicemente il primo passo sulla strada di Kramatorsk, e quindi per la vittoria o meno nella battaglia del Donbass: il mero possesso della cittadina del Luhansk può anche avere un significato politico per Putin, ma dal punto di vista militare non ne ha alcuno, in quanto non apre la strada ad alcuno sviluppo significativo. Inoltre, il costo pagato per tale successo appare estremamente elevato, e ricorda un’asta pubblica in cui due contendenti si incaponiscono a rilanciare per assicurarsi un oggetto ad un punto tale da superare di molto il suo valore: alla fine uno dei due “vince”, ma se il prezzo pagato è superiore al valore reale magari è l’avversario ad aver raggiunto lo scopo di imporre un costo esagerato alla sua controparte.
Nel caso specifico anche gli ucraini hanno subito perdite pesanti, e mi chiedo se ne sia valsa la pena. Difficile poterlo dire senza conoscere i dati esatti delle due parti.
Quello però che dal punto di vista puramente militare occorre tenere presente, è l’evoluzione dei rapporti di forza che risulta dall’esito della battaglia. Proviamo, dunque, a osservare la carta delle operazioni, partendo dal presupposto che i russi si assicurino nei prossimi giorni il completo controllo di Severodonetsk e dintorni.
La città si trova al vertice orientale del saliente ancora controllato dagli ucraini nel Donbass; Kramatorsk, il centro di Gravità della battaglia, si trova alla base del saliente stesso. Per ottenere la vittoria, i russi hanno dovuto diluire progressivamente le loro forze lungo l’intero fronte in modo da assicurarsi una costante superiorità nell’epicentro dell’attacco e poter conseguire il loro successo. Come abbiamo visto precedentemente, per ottenere il successo l’attaccante deve garantirsi una superiorità minima dell’ordine di 3:1; tale superiorità si esercita imponendo un ritmo di attacco elevato in un settore del fronte, che a sua volta conviene sia più esteso di quanto il difensore – in inferiorità numerica – possa permettersi di proteggere.
Il successo a Severodonetsk avrà come effetto lo smussamento del vertice del saliente, e quindi un accorciamento significativo del fronte. Ora, l’accorciamento del fronte favorisce il difensore, non l’attaccante: si tratta di una manovra che spesso viene attuata di proposito da chi si difende, in modo da concentrare le proprie forze e resistere meglio ad un attaccante superiore per numero. Personalmente avevo anche suggerito che agli ucraini sarebbe convenuto lasciare Severodonetsk ai russi e consolidarsi poco più a ovest. Ora i russi hanno costretto con la forza gli ucraini a fare quanto forse sarebbe stato opportuno facessero di loro iniziativa… Ma in questo modo hanno subito gravi perdite e diluito le loro forze lungo il resto della linea di contatto.
L’esito dei combattimenti intorno a Severodonetsk è un fronte più corto e quindi meglio difendibile davanti a Kramatorsk, lungo il quale le forze russe risultano indebolite e quelle ucraine invece sono rafforzate (per effetto dell’accorciamento del fronte). Se a questo aggiungiamo che nel frattempo mentre i russi hanno richiamato miliziani da impiegare come carne da cannone gli ucraini hanno portato avanti l’addestramento di nuove Brigate di mobilitazione, e che mentre Mosca mandava al fronte i vetusti T-62 l’Occidente inviava il suo materiale moderno ai soldati di Kyiv, come dice anche l’ Institute for the Study of War (ISW) ne esce un quadro che, al di là della perdita dolorosa di una città, offre una situazione tutt’altro che migliorata per i russi.
Kramatorsk resta lontana quanto la vittoria nel Donbass, l’esercito russo si è indebolito e quello ucraino continua a rafforzarsi… E il Comandante Operativo russo è stato sostituito, in premio evidentemente per la sua vittoria: evidentemente l’orso Vladimiro è soddisfatto così.
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