Giorno 208

Dal nostro esperto militare: tattica e strategia vincenti di Zaluzhny (in copertina), a fronte delle interferenze perdenti di Putin.

Orio Giorgio Stirpe

Parliamo, o meglio, scriviamo delle opzioni ucraine.

Abbiamo visto come attraverso una condotta oculata delle operazioni, il generale Zaluzhny (in primo piano in copertina) – Comandante in Capo delle Forze Armate ucraine – sia riuscito a compensare l’iniziale enorme svantaggio in termini di potenziale militare. L’Ucraina ha immediatamente ordinato la mobilitazione generale, e in questo modo da un lato ha potuto assorbire e compensare le perdite umane con il personale già addestrato in precedenza e richiamato in servizio, e dall’altro con le reclute chiamate alle armi per emergenza ha costituito un certo numero di Brigate nuove: in questo modo, mentre i russi consumavano rapidamente il loro margine di vantaggio in termini di potenziale umano disponibile, gli ucraini non solo mantenevano il loro livello ma si preparavano anche ad accrescerlo.

Più difficile il discorso in termini di equipaggiamento, soprattutto pesante. Gli aiuti iniziali dell’Occidente consistevano soprattutto in materiale leggero: equipaggiamento individuale, armi leggere, controcarri spalleggiabili e missili contraerei per autodifesa. Quindi, l’equipaggiamento pesante fino ad inizio estate era quello originario di matrice sovietica o di produzione domestica.

Ricorderete che nei primi mesi le condizioni del terreno erano tali che i russi erano costretti a manovrare sulle strade e a combattere negli abitati perché il terreno aperto era impraticabile. Combattendo, soprattutto, in città gli ucraini hanno impiegato fondamentalmente fanteria leggera: paracadutisti e motorizzati, e soprattutto la Guardia Nazionale (in larga parte tratta dalle forze di polizia addestrate fra gli altri dai nostri Carabinieri), tutti armati con armi leggere, più i famosi Javelin e Stinger americani, che hanno fatto strage dei mezzi russi incolonnati e degli elicotteri di supporto.

In questo modo le forze meccanizzate e corazzate sono state risparmiate e impiegate più tardi in campo aperto quando le condimeteo l’hanno permesso. Questo spiega in larga parte la resilienza delle Unità di manovra ucraine, che numericamente sono poco numerose.

Le Brigate mobilitate sono a loro volta “leggere”, con scarso equipaggiamento pesante. Il grosso del materiale NATO arrivato più di recente equipaggia non Unità di manovra, ma soprattutto di Supporto e in particolare reparti di artiglieria, sia convenzionale che lanciarazzi (i famosi HIMARS), che operano dalla seconda linea per colpire il nemico in profondità.

Questo significa che tanto la maggior parte delle forze disponibili all’inizio che la quasi totalità di quelle mobilitate ed entrate in linea di recente, sono Unità “leggere”: sostanzialmente soldati che combattono a piedi e si spostano su camion o altri veicoli non protetti. Questo tipo di forze sono eccellenti nel combattimento in aree urbane o su terreno particolarmente difficile come dense foreste o paludi, ma sono incapaci di affrontare un nemico con equipaggiamento pesante in campo aperto, dove al massimo possono difendersi dalle trincee.

Insomma: le Unità leggere non sono idonee alle offensive in profondità, per le quali occorrono invece Unità “pesanti”, cioè equipaggiate con carri armati e veicoli corazzati per fanteria.

All’inizio del conflitto l’Ucraina disponeva di circa una decina di Brigate pesanti, fra corazzate e meccanizzate. Fra perdite subite e equipaggiamento strappato intatto al nemico, le forze dovrebbero essere rimaste più o meno invariate, mentre i rifornimenti ricevuti da quei Paesi della NATO con materiale di provenienza ex-sovietica hanno consentito di irrobustirle e probabilmente anche di crearne una o due nuove.

Diverse di queste Unità – circa la metà – adesso sono impiegate a difendere il fronte laddove questo corre in terreno aperto e la fanteria leggera ha difficoltà a contenere le Unità russe che, a differenza di quelle ucraine, sono quasi tutte pesanti.

Rimane, quindi, una mezza dozzina di Brigate disponibili per operazioni offensive o controffensive. Non è molto, soprattutto se guardiamo alla lunghezza del fronte, che supera i mille chilometri (più lunghi tratti di frontiera non attiva con Russia e Bielorussia), e consideriamo che una Brigata a pieno organico difficilmente supera i 5 mila uomini o conta più di un centinaio di carri armati.

Qualsiasi controffensiva ucraina, per quanto ben pianificata e organizzata, deve tenere conto di questi numeri, indipendentemente dalla debolezza reale o presunta dei russi che le si contrappongono. Inoltre, un Comandante avveduto quale Zaluzhny ha dimostrato di essere, non impegna mai la totalità delle sue forze in una singola operazione, per quanto importante essa sia, e si terrà sempre alla mano una riserva in caso il nemico si dimostrasse più sveglio e intraprendente del previsto in un luogo inaspettato.

Il massiccio fissaggio nel settore di Kherson è stato ed è condotto esclusivamente dalle forze del Comando Sud, che impiega essenzialmente Brigate leggere, rafforzate da fanteria di marina e paracadutisti, artiglieria a lungo raggio e Forze Speciali, ma nessuna Brigata pesante: solo pochi carri armati di supporto (uno o due battaglioni). Per questo motivo il ritmo d’avanzata è lento in modo esasperante, ma del resto quella era l’idea fin dall’inizio.

La controffensiva nel settore di Kharkiv invece è stata condotta da quattro Brigate pesanti e una paracadutisti, che hanno “scavalcato” le forze leggere del Comando Nord che tenevano il fronte e hanno travolto le difese russe – piuttosto leggere anch’esse e incredibilmente non supportate da riserve pesanti.

Rimangono al massimo una o due Brigate pesanti, che Zaluzhni si tiene in riserva: non abbastanza per un altro attacco altrettanto devastante, almeno finché le Brigate che hanno effettuato l’azione a Izyum non saranno nuovamente disponibili.

Il problema con le Brigate pesanti è che anche se sono potenti e molto veloci, consumano enormi quantità di rifornimenti, e quando avanzano si allontanano dalle loro fonti logistiche, per cui per essere rifornite devono per forza rallentare o fermarsi e consentire ai reparti logistici di raggiungerle e di “far loro il pieno”.

A questo punto è presumibile che tale rifornimento abbia avuto luogo, e nel frattempo Zaluzhny avrà avuto il tempo di rivalutare la situazione alla luce del successo (direi superiore al previsto) e di pianificare la prossima operazione per sfruttare l’iniziativa e accrescere il Momentum favorevole. Cosa deciderà di fare?

Non ho nemmeno una piccola parte delle informazioni di cui dispone lui, quindi non proverò a rispondere con precisione; però mi aspetto di massima che le Brigate pesanti impiegate con successo a Kharkiv cedano il fronte a quelle leggere che avevano scavalcato durante l’attacco; quelle più provate passeranno in riserva e verranno sostituite con quelle (una o due) che non sono state impiegate, e così ci sarà nuovamente una “massa di manovra” di quattro o cinque Brigate disponibili per una nuova operazione. Dove e quando questa potrà avere luogo?

Se ci sarà, sarà sicuramente prima del Grande Fango, quindi entro le prossime due settimane. La zona di cui si parla di più è il settore meridionale posto fra Donetsk e Zaporizhzhia, facilmente raggiungibile per linee interne da Kharkhiv, con lo scopo di raggiungere la costa del Mare di Azov, e infatti è la zona dove i russi stanno cercando di ammassare rinforzi… Quindi credo che, se Zaluzhny attaccherà di nuovo prima del Grande Fango, lo farà da un’altra parte.

Al contrario dell’orso Vladimiro, che si diletta ad interferire con le decisioni dei suoi generali senza conoscere l’Arte Militare, Zaluzhny sa benissimo che chi attacca deve cercare di colpire il nemico laddove questi è più debole.

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