Giorno 216

Putin ormai nell’invasione dell’Ucraina non può fare altro che sperare in un “Cigno nero”, evento raro e difficilmente prevedibile che interviene dall’esterno del conflitto influenzandolo in modo tale da deviarne il corso. Se è così è davvero nei guai.

Orio Giorgio Stirpe

Quando abbiamo preso in esame le opzioni di Putin per reagire alla limitata ma efficacissima controffensiva ucraina di settembre, abbiamo visto che in sostanza al di là di azioni sostanzialmente di facciata e legate più che altro alla guerra di propaganda, l’autocrate del Cremlino deve necessariamente affidarsi ad un “Cigno Nero”: un evento raro e difficilmente prevedibile che interviene dall’esterno del conflitto influenzandolo in modo tale da deviarne il corso.

Uno dei possibili “cigni neri” che abbiamo provato a ipotizzare, era un cambio di corso della politica occidentale e soprattutto europea nei confronti del sostegno all’Ucraina.

Riporto qui di seguito la prima dichiarazione post-elettorale di colui che appare essere attualmente il principale consigliere diplomatico della leader politica risultata vincitrice alle elezioni italiane, e quindi potenziale futuro Ministro degli Esteri.

L’Italia – come la Francia e la Germania – svolge un ruolo d’azione, di sollecitazione e di spiegazione all’opinione pubblica mondiale di una narrativa che deve essere diffusa: ovvero, di quali siano le reali questioni legate alla guerra in Ucraina, che è poi diventata guerra contro l’Europa, con il tema – dominante – dell’energia. L’energia infatti è un’arma, che attualmente viene utilizzata contro l’Unione europea. Il nostro sforzo, di italiani ed europei, dev’essere quello di lavorare affinché la coesione e la visione politica profonda e determinata di tutto il mondo euro-occidentale venga consolidata. Ci sono Paesi che rischiano una grave crisi alimentare, se continuerà questa situazione e se non verranno riaperti i porti ucraini. Lo sforzo, dunque, della diplomazia italiana deve essere quello di agire con i partner europei e atlantici affinché essi si mantengano dalla parte giusta della storia. Davanti a un aggressore che non vuole negoziare sin che non ha raggiunto tutti i propri obiettivi neoimperialisti, l’unico modo per sedersi a negoziare, è frapporsi al raggiungimento di quegli obiettivi.”

Insisto nel ripetere che su queste pagine non intendo in alcun modo discutere di politica interna italiana – che non mi compete in quanto militare – e ricordo che le mie competenze sono essenzialmente militari e non diplomatiche; ciò detto, non riesco a riconoscere nulla in questa dichiarazione che si discosti dalla linea di politica estera saldamente tenuta dal precedente Governo italiano.

Osservo nel testo, innanzitutto, un chiaro riferimento all’azione comune svolta e da svolgere dall’Italia assieme agli altri principali Paesi dell’Unione Europea, seguito da un esplicito riferimento al fatto che l’Europa nel suo complesso subisce un autentico “attacco” da parte di qualcuno che impiega contro di essa l’energia come un arma.

Vedo un forte richiamo all’esigenza di una compatta solidarietà euro-atlantica e di un’azione comune per rimanere “dalla parte giusta della Storia”, che è un’espressione frequentemente usata dai vertici europei e americani.

Infine c’è un inequivocabile indicazione di un aggressore che rifiuta di negoziare e che ha chiari obiettivi “neoimperialisti”, del tutto ingiustificabili, ai quali si intende opporre una decisa resistenza anche da parte italiana nell’ambito di un’azione comune con gli alleati.

Se proprio vogliamo trovare una differenza rispetto alle dichiarazioni diplomatiche del Governo uscente, manca un riferimento esplicito alle strutture dell’Unione Europea e sembra volersi porre l’enfasi su un’azione coordinata delle Nazioni che la compongono, in linea con la concezione dell’”Europa delle Patrie” espressa da diversi rappresentanti del nuovo Partito di maggioranza in Italia.

Insomma: vedo alcuni aggiustamenti più formali che sostanziali tanto all’interno della diplomazia italiana che nell’ambito della gestione del coordinamento interno all’Unione, ma la posizione italiana di sostegno all’Ucraina nell’ambito della solidarietà euro-atlantica non mi pare in discussione.

Le elezioni italiane non saranno un “cigno nero”; e nemmeno una penna di tale volatile ipotetico.

Molti osservano come la posizione di diversi Governi europei potrebbe cambiare durante l’inverno, qualora le difficoltà energetiche dovessero portare a disagi superiori a quanto previsto dalle Autorità occidentali.

Sinceramente non lo ritengo probabile. Le democrazie sono particolarmente vulnerabili in coincidenza con le elezioni politiche delle Nazioni maggiori, e tutte e tre le principali Nazioni europee hanno appena celebrato le proprie: i Governi possono permettersi un inverno di malcontento, ammesso che questo si verifichi realmente. In fondo la dipendenza dal gas russo è scesa al di sotto del 10%, e non vedo problemi che non si possano risolvere con un’accorta gestione delle scorte da parte governativa e con modesti sacrifici da parte dei cittadini. Personalmente ho sempre tenuto la temperatura di casa mia sui 18°C, quindi non vedo problemi a contenerla entro i 19°C. Quanto ai costi, sono indubbiamente elevati, ma ricordiamoci che la bolla speculativa ha cominciato a gonfiarsi già a novembre, almeno tre mesi prima dello scoppio della guerra, e che quali che siano le connessioni fra i due eventi, una cessazione del supporto all’Ucraina non cambierebbe di molto le cose, e sicuramente non entro l’inverno.

Quello che occorrerebbe da parte del nuovo Governo, e che trovo sia mancato nell’azione del precedente, è una chiara informazione al pubblico da parte delle Autorità, tanto sul conflitto in sé quanto sui suoi riflessi economici.

Scartate le elezioni europee, il “cigno nero” atteso da Putin potrebbero essere le elezioni americane cosiddette di “mid-term”?

La polarizzazione della politica interna americana è sicuramente una seria fonte di preoccupazione per il futuro: non c’è dubbio. Come è chiaro che la precedente Amministrazione americana avrebbe tenuto un atteggiamento ben diverso da quella attuale nei riguardi del conflitto in Ucraina. Ma osservando un po’ più da vicino la politica americana, si vede come per quanto attiene l’atteggiamento nei confronti della Russia di Putin, il Presidente Trump ha tenuto una posizione assolutamente inconsueta per un Commander-in-Chief repubblicano. In effetti, se la “russofobia” tanto lamentata dal regime di Mosca esistesse davvero, sarebbe una malattia particolarmente frequente fra i repubblicani americani, tradizionalmente molto meno disposti a fare sconti al Cremlino rispetto alle loro controparti democratiche.

L’opposizione repubblicana al Presidente Biden, si caratterizza infatti per l’incessante richiesta di sostenere l’Ucraina in maniera più robusta, sbloccando per esempio le consegne di lanciatori ATACMs a raggio molto superiore rispetto agli HIMARS, o accelerando quelle di carri armati avanzati e perfino di aerei da combattimento occidentali.

Un successo repubblicano alle prossime elezioni americane potrebbe sicuramente indebolire l’azione del Presidente Biden, ma non cambierebbe assolutamente la posizione di supporto incondizionato all’Ucraina; semmai, potrebbe irrobustirla ulteriormente, e perfino venire a rappresentare un punto di convergenza “bi-partisan” al Congresso.

Se il “cigno nero” di Putin non verrà da elezioni in Occidente, allora cosa potrebbe mettere fine al sostegno occidentale all’Ucraina?

Un omicidio politico di qualche personaggio-chiave, quale lo stesso Presidente Zelensky? Non credo sia credibile: la sua parte più importante il Presidente ucraino l’ha già giocata, creando una solida coalizione tanto all’interno che intorno all’Ucraina: dovesse venir meno adesso assumerebbe la fisionomia di un martire e sarebbe sostituito da qualcuno più deciso di lui (che per inciso è un moderato). Anche la perdita di qualche altro leader mondiale non sarebbe un evento capace di invertire il corso degli eventi, in quanto le politiche nazionali sono ormai saldamente delineate.

Forse solo l’avvento di un nuovo leader in Cina – in qualche modo disposto a sfidare l’Occidente e a compromettere l’economia del Dragone allo scopo di sostenere la Russia – potrebbe alterare i rapporti di forza e fornire a Mosca quella capacità industriale di ricostruire gli equipaggiamenti pesanti perduti che le sanzioni occidentali hanno bloccato. Ma siamo nel campo della fantapolitica.

Un “cigno nero” è per sua natura imprevedibile… Ed estremamente raro.

Se veramente l’orso Vladimiro fa affidamento su uno di essi, allora è veramente nei guai.

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