Giorno 243

Se la tattica adottata da Surovikin fa pensare ad una strategia a lunga scadenza del conflitto, le opzioni per risolverlo sono da un lato la guerra ibrida all’occidente per indurlo a “mollare” la preda Ucraina e dall’atro il più probabile “Regime Change”. In copertina risposta Nato alle minacce, truppe lituane al confine con la Bielorussia.

Orio Giorgio Stirpe

Dopo aver sviscerato la situazione operativa in Ucraina, esaminato le opzioni disponibili alle due parti in conflitto e accennato alla metodologia per assumere decisioni in ambito militare, passiamo a cercare di immaginare cosa i russi si apprestano a fare nei prossimi mesi per raggiungere i loro obiettivi con gli strumenti che hanno a disposizione.

Il parziale cambio di passo delle operazioni russe, divenute apparentemente più aderenti alla situazione e quindi forse più razionali, sembra lasciar intendere che Surovikin sia disposto ad accettare il ruolo difensivo imposto dalla situazione ai russi almeno in questa fase.

I segnali che questa sia l’impostazione attuale sono relativamente piccoli, ma molteplici: l’assestamento della campagna di bombardamento “strategico”, concentrata sulle infrastrutture energetiche (laddove finora appariva priva di focus e diretta generalmente all’intero Paese), le operazioni volte ad una chiara difesa elastica e in profondità nel nord Luhansk e le predisposizioni per un ripiegamento dalla testa di ponte di Kherson, le azioni di copertura in Bielorussia volte a recuperare mezzi da combattimento, a cercare di consolidare il locale Regime e se possibile a distrarre quante più forze ucraine possibile, e perfino i continui accenni al pericolo di escalation nucleare, puntano tutti nella stessa direzione. Putin ha accettato il fatto che sconfiggere l’Ucraina nelle condizioni attuali è impossibile.

D’altra parte per lo stesso Putin è anche impossibile accettare il fallimento della sua strategia e salvare contestualmente il suo Regime, quindi è costretto ad adattare il disegno corrente alla situazione per lui imprevista.

L’unico adattamento possibile è accettare l’idea di un conflitto prolungato.

Ritengo che l’idea di Putin sia di condurre una guerra a tempo indeterminato, confidando che l’Occidente si stanchi di sostenere l’Ucraina prima che la Russia esaurisca le proprie risorse (che nella fantasia collettiva russa, filo-russa e nella stessa mente di Putin sarebbero inesauribili).

A questo scopo i russi accetterebbero il passaggio ad una difensiva strategica che garantisca loro di mantenere come minimo una linea in Ucraina che corra dalle foci del Dnipro al punto in cui il Siversky Donec entra in Russia, passando per il basso corso del Dnipro e il vecchio fronte fortificato del Donbass: si tratta di una linea relativamente facile da difendere, che lascerebbe gran parte della cosiddetta “Novorossya” in mano russa, compreso il famoso corridoio terrestre per la Crimea.

Secondo il concetto russo questa linea di contenimento strategico dovrebbe tenere per tutto l’inverno dando modo alla mobilitazione di completarsi e all’industria bellica di riorganizzarsi, in modo da poter riprendere l’iniziativa la prossima primavera.

Elemento fondamentale di questo progetto rimane la dissociazione dell’opinione pubblica occidentale dalla politica della NATO, e quindi la progressiva riduzione del sostegno economico e soprattutto militare al governo di Kyiv.

Allo scopo di favorire tale dissociazione, proseguiranno e verranno incrementate le attività di guerra ibrida tendenti a suggerire l’immagine di un accresciuto rischio nucleare, e ad esaltare le sofferenze delle popolazioni civili esposte al freddo invernale e alla crisi economica.

Si tratta di un concetto d’azione assolutamente razionale, che accoppiato ad una gestione militare meno autolesionista potrebbe anche portare dei frutti in primavera, ma dipende da una condizione imprescindibile: il sostegno occidentale all’Ucraina deve assolutamente ridursi, altrimenti l’attuale segno del Momentum operativo non si invertirà e in primavera il vantaggio militare ucraino sarà tale da consentire una controffensiva che potrebbe benissimo riportare il Governo di Kyiv in possesso di tutti i suoi legittimi territori.

La campagna ibrida volta a minare il consenso occidentale per il sostegno all’Ucraina assume quindi un’importanza centrale nella strategia di Putin; siccome si tratta di un progetto a medio-lungo termine dal quale dipende il successo o meno dell’intera strategia russa, questo significa che nell’ottica dello zar non esiste alcuno spazio per uno sbocco diplomatico del conflitto, e qualsiasi “trattativa” va vista da parte sua come parte integrante della campagna ibrida stessa.

In altre parole, tendo ad escludere qualsiasi buona fede da parte sua in un “colloquio di pace”, almeno fino a primavera (quando i rapporti di forza militari saranno chiari) e più probabilmente fino a tutta l’estate 2023 (quando l’esito della campagna estiva sarà ormai evidente).

In base a questa prospettiva – che purtroppo coincide con le dichiarazioni di numerosi esperti militari che si aspettano un conflitto prolungato – non ci dovremmo aspettare grandi cambiamenti almeno fino a tutto aprile… Almeno fintanto che il Regime attuale manterrà il proprio potere al Cremlino.

Le possibili rotture di questo equilibrio perverso fra le opposte resilienze di un’Ucraina sostenuta dall’Occidente e di una Russia dalle “risorse inesauribili” (?) sono infatti solo due. La prima è l’esaurimento del sostegno occidentale a Kyiv, che come abbiamo visto è l’obiettivo fondamentale di Putin; la seconda è il “Regime Change” a Mosca, che come abbiamo scritto alcuni giorni fa è ormai l’unico possibile obiettivo strategico dell’Occidente.

In mancanza di uno di questi due sviluppi fondamentali, il conflitto è destinato a protrarsi a tempo indeterminato.

I principali Paesi europei hanno tutti superato l’ostacolo delle elezioni politiche, e i Governi in carica sono tutti più o meno saldamente ancorati alla politica di sostegno all’Ucraina; solo un inverno catastroficamente freddo potrebbe scuotere tale politica insolitamente coerente, ed esiste anzi l’opportunità di approfondire la cooperazione a livello continentale per affrontare in maniera coesa e solidale le attuali difficoltà.

Le elezioni americane di “Mid-Term” sono probabilmente l’unica seria opportunità per Putin di incrinare il sostegno occidentale, a livello economico se non a quello militare.

Personalmente sono convinto che le dichiarazioni recenti di taluni rappresentanti particolarmente filo-Trump secondo cui il sostegno economico (non militare!) all’Ucraina potrebbe dover essere rivisto a lungo termine abbiano valenza puramente elettorale: le pulsioni antirusse dell’establishment repubblicano sono troppo radicate e l’importanza dell’elettorato polacco troppo importante per il “Great Old Party” da farmi credere ad un’eventuale maggioranza repubblicana al Congresso disposta a concedere la vittoria sul campo all’antico nemico. Storicamente i repubblicani sono sempre stati disposti a spendere in armamenti e conflitti assai più dei democratici.

Il secondo possibile sbocco del conflitto è il “Regime Change” a Mosca.

Per il momento, Putin appare ancora saldamente in controllo e i suoi uomini rimangono tutti ai loro posti anche se alcuni di loro appaiono relativamente indeboliti.

D’altra parte tanto i gravi problemi nell’attuazione della mobilitazione che gli insuccessi militari sono ormai evidenti alla popolazione civile, soprattutto quella dei grandi centri urbani, che comincia ad interrogarsi.

Le crepe in un Regime come quello russo si formano senza essere immediatamente visibili, e poi si allargano all’improvviso.

L’orso Vladimiro è un esperto nel prevenire o nell’intervenire pesantemente per riparare queste crepe, e ciò significa che durante l’inverno potremmo assistere a iniziative improvvise da parte dell’orso per rafforzare il suo potere: potrebbe trattarsi di nuove “purghe” di personale militare e/o dei Servizi, potrebbero essere iniziative repressive ai danni dell’opposizione – tanto pacifista che nazionalista – oppure perfino interventi strutturali, come ad esempio una nazionalizzazione di entità economiche strategiche che riformerebbe lo Stato in senso socialista (con il favore della “Vecchia Guardia” comunista) e allo stesso tempo distruggerebbe il potere degli oligarchi intenzionati a smarcarsi per tempo dal Regime.

Al tempo stesso, il sentore di alcuni di questi possibili provvedimenti potrebbe suscitare il risentimento di coloro che ne verrebbero danneggiati, incoraggiandoli ad assumere iniziative personali per proteggere il proprio potere, allargando così in anticipo quelle stesse crepe che Putin vorrebbe chiudere.

Comunque vadano le cose, non sarà un inverno tranquillo per l’orso Vladimiro e, contro natura, non potrà andare in letargo.

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