Giorno 254
Le prossime probabili mosse di due eserciti entrambi con problemi peculiari. Ma quello russo paga il prezzo maggiore, ovvero la strategia dettata esclusivamente dalla ragion politica dell’orso Vladimiro
Orio Giorgio Stirpe
Chi segue con attenzione il conflitto in Ucraina, oggi è concentrato su Kherson.
La grande novità di cui si parla, mentre ancora sto scrivendo, è che la bandiera russa è stata ammainata dal palazzo dell’amministrazione dell’Oblast (l’equivalente della nostra Regione) e che numerosi posti di blocco militari sono stati rimossi intorno e dentro all’abitato. Ci sono state anche numerose azioni di disturbo da parte della Resistenza e delle Forze Speciali ucraine, soprattutto intorno all’approdo nordoccidentale del famoso ponte Antonovsky, che collega la città alla sponda opposta del Dnipro, e in molti si sono infiammati immaginando una prossima partenza dei russi.
Non credo sia quello il caso.
Innanzitutto, cerchiamo di collegare le cose: è vero che il nuovo Comandante operativo Surovikin ha annunciato “misure dolorose” in Ucraina, ma abbiamo già visto che fra queste il suo padrone Putin non è disposto ad accettare l’abbandono di centri urbani significativi dal punto di vista politico. Le unità russe nella Testa di Ponte a occidente del Dnipro, che come abbiamo detto molte volte sono fra le migliori dell’intero esercito, visto che includono l’intera 7^ Divisione aviotrasportata delle VDV e la Brigata di Fanteria di Marina della Flotta del Mar Nero, tengono saldamente le loro posizioni, e in alcuni punti le hanno anche migliorate negli ultimi giorni anche se hanno significativamente ridotto il loro rateo di fuoco.
L’evacuazione del personale civile fedele a Mosca dalla sponda occidentale del fiume è stata completata, e ci sono indizi pesanti che sia in corso una vera e propria deportazione selettiva della popolazione ucraina verso i territori ancora controllati dai russi o addirittura nella Russia vera e propria, a cominciare dai minori (il che costituisce crimine di guerra).
E’ in corso una vasta serie di apprestamenti difensivi lungo la sponda orientale, dove chiaramente i russi intendono fissare la loro linea difensiva principale, che inevitabilmente a causa della sua posizione includerà l’area della Centrale Nucleare di Enerhodar (comunemente definita impropriamente “di Zaporzizhia” anche se dista parecchio dalla città che mai è caduta in mano russa); fra le misure in corso c’è anche l’allontanamento della popolazione civile, presumibilmente dovuto all’esigenza di prevenire l’invio di informazioni sulla posizione precisa delle postazioni difensive russe all’artiglieria ucraina.
Infine, buona parte del personale recentemente mobilitato (e quindi maggiormente “spendibile”) è stata inviata nella zona e in particolare nella testa di Ponte, dalla quale invece sono stati ritirati gli elementi di Comando e Controllo principali.
Tutto questo indica chiaramente come i russi abbiano semplicemente abbandonato la loro illusione che la Testa di Ponte possa mai rappresentare un trampolino di lancio verso un’improbabile conquista di Odesa, e si apprestino invece semplicemente a difenderla a tempo indeterminato per salvaguardarne il valore politico (ragione fondamentale apposta da Putin) e per proteggere la linea difensiva principale (motivazione tecnica di Surovikin).
In questo contesto i Posti Comando e l’amministrazione civile sono stati ritirati in zone meno esposte alla minaccia ucraina assieme all’artiglieria a tiro più lungo e alle unità maggiormente mobili, mentre la Testa di Ponte è stata rinforzata con fanteria leggera (di fresca mobilitazione) in teoria maggiormente idonea alla difesa statica a lungo termine di posizioni fortificate.
In questo contesto appare normale che il Palazzo dell’Oblast sia stato sgomberato dall’amministrazione regionale e che i posti di blocco che proteggevano amministratori, Comandi militari e cittadini collaborazionisti ormai non più presenti siano stati rimossi per rinforzare invece le difese esterne della città. Questo probabilmente lascerà maggiore spazio alla Resistenza e alle Forze Speciali infiltrate, ma d’altra parte la deportazione di parte della popolazione residente priverà entrambe dell’”acqua” in cui sono abituate a “nuotare” (come da massima di Mao).
Insomma: non vedo come prossimo l’abbandono di Kherson da parte russa.
Detto questo, vorrei però precisare che anche se sarà una delusione per chi sostiene l’Ucraina, in quanto allontana la prospettiva della liberazione della principale località occupata del Paese, e magari segnerà un punto politico a favore di Putin e delle sue ambizioni imperiali, in realtà le cose vanno viste diversamente.
Se Surovikin fosse autorizzato a ritirare la 7^ Divisione, la Brigata di Fanteria di Marina e le altre Unità di élite che difendono la Testa di Ponte, queste potrebbero essere raggruppate e reimpiegate con maggiore successo e migliore sostegno logistico altrove: in particolare laddove l’avanzata ucraina ha registrato i maggiori successi militari (ancorché poco visibili politicamente), e cioè nel nord, da dove già durante l’inverno sarebbe possibile puntare sul capoluogo amministrativo di tale Oblast avvolgendolo dal nord insieme a Severodonetsk, e dove non esistono ostacoli naturali all’avanzata di forze meccanizzate paragonabili al Dnipro.
Una simile manovra militare da parte russa condurrebbe alla liberazione di Kherson, ma renderebbe molto più difficile la prossima offensiva ucraina: sarebbe insomma l’ennesima manovra per i russi militarmente ragionevole ma politicamente costosa che Putin semplicemente non autorizzerà mai.
Quindi non mi aspetto che succeda, almeno non a breve termine, e questa militarmente è un’ottima notizia per gli ucraini: le forze di élite russe nella Testa di Ponte sono le più difficili da scalzare, ma sono decisamente sprecate a difendere una posizione militarmente insignificante; e Kherson è del tutto insignificante perché la sua liberazione – per quanto politicamente significativa – non porterebbe nessun vantaggio ulteriore in quanto il Dnipro è quasi impossibile da attraversare di fronte ad un nemico saldamente attestato a difesa.
Mentre nel Luhansk un rinforzo di Unità meccanizzate veterane russe sarebbe estremamente pericoloso.
Tutto questo mi porta ad una considerazione tecnica che probabilmente alla maggior parte dell’opinione pubblica tende a sfuggire mentre per i tecnici è un’ovvietà che non merita approfondimenti: cos’è che rende questa 7^ Divisione in particolare e le VDV (forze aviotrasportate) in generale così speciali?
Le VDV costituiscono una branca separata di élite all’interno dell’esercito russo, con uno status che potremmo paragonare a quello dei nostri Carabinieri prima che venissero elevati a Forza Armata autonoma: in sostanza ricevono più fondi che gestiscono autonomamente, ricevono il personale migliore ed equipaggiamenti specifici e più avanzati, e soprattutto godono di una notevole autonomia decisionale.
A differenza dei paracadutisti occidentali, non sono fanteria leggera di élite, ma una sorta di forza pesante con limitata capacità aeromobile. Effettuano quando necessario operazioni elitrasportate, ma in tutta la loro storia hanno eseguito un’unica operazione aviolanciata durante la II Guerra mondiale conclusasi in un disastro, e poi una serie di azioni aeromobili come le occupazioni preventive di Praga e di Kabul, ma in generale combattono come fanteria meccanizzata a bordo di veicoli corazzati fra i migliori in dotazione all’Armata e che sono – almeno in teoria – aviolanciabili.
In un periodo in cui il morale e la motivazione al combattimento dei soldati dell’esercito russo – soldati a contratto o richiamati dalla Riserva – appare seriamente scosso, questi soldati delle VDV costituiscono un gruppo di veterani particolarmente addestrati ed induriti che dovrebbe essere impiegato laddove hanno luogo le azioni decisive, e non quelle maggiormente visibili o politicamente motivate.
Sacrificarli in una difesa statica e militarmente insignificante di un’area urbana non ha militarmente alcun senso.
Ma del resto, neppure l’invasione dell’Ucraina da parte dell’orso Vladimiro ne aveva.
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