Giorno 294

Dalla guerra tra Iran ed Iraq (in copertina foto di Serhii Bondarchuk per Pexels) a quella tra Russia e Ucraina: similitudini e differenze. L’ultima scommessa dell’Orso Vladimiro

Orio Giorgio Stirpe

La Guerra del Golfo fra Iran e Iraq, durata dal 1980 al 1988, è stata definita tipicamente come “una Prima Guerra mondiale combattuta con le armi della Terza”.

In sostanza contrapponeva due avversari dotati di armamenti sofisticati di provenienza sia sovietica che occidentale, acquistati con i proventi del petrolio, che però gli eserciti contrapposti non erano capaci di usare in maniera adeguata.

Dopo i primi mesi in cui l’Iraq, che aveva attaccato di sorpresa facendo affidamento sul suo moderno equipaggiamento sovietico e sulla completa disorganizzazione dell’esercito iraniano in seguito alla Rivoluzione Islamica che aveva rovesciato lo Scià, aveva operato in base ad un ordine di operazioni ambizioso e rigidissimo come da scuola sovietica, la guerra si impantanò e rimase bloccata per i successivi otto anni.

Le forze irakene, esaurita la sorpresa e le riserve iniziali di munizioni e carburante, cominciarono a scavare trincee e ad impiegare i carri armati (allora modernissimi) T-72 come casematte fisse, e quelle iraniane presero a contrattaccare prima con i carri armati occidentali ancora efficienti di cui disponevano, e poi con vere e proprie ondate umane di fanatici Pasdaran e Basiji rivoluzionari.

L’Occidente prese a rifornire l’Iraq e l’URSS l’Iran, così entrambi non finirono mai veramente a corto di armi e munizioni, ma non erano in grado di impiegarli in maniera adeguata a causa dello scarso addestramento dei soldati mobilitati e spediti al fronte in fretta e furia. Trincee e campi minati presero il sopravvento su ogni forma di manovra, e la guerra si incarognì sempre di più.

Ci sono molte similitudini con la guerra di oggi in Ucraina. Come per il piano operativo iniziale irakeno, quello russo si è rivelato del tutto inadeguato, e un esercito pesantemente meccanizzato si è trovato impantanato in territorio nemico affrontando fanterie leggere altamente motivate senza saper sfruttare la sua superiorità di manovra. Come già nel Golfo, il potere aereo si è rivelato incapace di supportare adeguatamente le forze terrestri ed è progressivamente scomparso dalle scene.

Ora come allora, i militari professionisti sono stati rapidamente esauriti e soppiantati da personale di leva male addestrato e da milizie motivate politicamente, etnicamente o religiosamente, che sono smontate dai mezzi corazzati ed hanno preso il loro posto nelle trincee.

Naturalmente ci sono anche differenze fondamentali: innanzitutto, allora non erano direttamente coinvolte le superpotenze, che erano anzi state colte di sorpresa dallo scoppio del conflitto e che avevano preso ad alimentarlo solo in un secondo tempo, incerte com’erano perfino su quale contendente appoggiare.

Per la stessa ragione, il conflitto non era dirimente per il confronto globale, e quindi le sue caratteristiche ad “alta intensità” decaddero rapidamente per mancanza di alimentazione e la guerra non assunse quindi mai la caratteristica di “conflitto totale”. Una volta culminata l’offensiva irakena e acquista l’iniziativa, l’Iran non ricevette un supporto paragonabile a quello ricevuto dall’Ucraina e non riuscì a mantenere il Momentum acquisito sul campo, così non fu in grado di risolvere il conflitto.

Però questo ci dimostra cosa potrebbe succedere se l’Occidente non mantenesse il ritmo attuale nel sostegno al Governo di Kyiv: la guerra sprofonderebbe nelle trincee, e proseguirebbe per anni… Esattamente come l’Iran si rifiutò fino al 1988 di trattare, così oggi rifiuterebbe l’Ucraina: ci ritroveremmo per anni e anni con un conflitto bloccato di vaste proporzioni contro una potenza nucleare proprio ai confini dell’Europa.

Nel 1988 il conflitto si sbloccò quando una delle due parti riuscì ad accumulare mediante massicci acquisti di armi finanziati dall’estero (gli Stati del Golfo) un nuovo potenziale militare offensivo capace di spezzare l’equilibrio.

In quel caso fu l’Iraq, con il supporto dell’Occidente guadagnato a causa degli improvvidi attacchi iraniani alle petroliere occidentali, che raccolse una forza corazzata nuova di zecca e la gettò in campo per un’offensiva di pochi mesi che respinse un avversario assai peggio equipaggiato fin nel suo territorio e costrinse Khomeini a “bere l’amaro calice” – come disse lui stesso – ed accettare un armistizio.

L’Iraq era a sua volta guidato da un dittatore come Saddam Hussein, e quindi la sua vittoria si tradusse due anni dopo nell’aggressione al Kuwait, e questa è la differenza politica fondamentale con la situazione di oggi, ma quello che mi interessa puntualizzare è l’aspetto puramente militare: il conflitto bloccato nelle trincee si sbloccò quando una delle parti acquisì il potenziale offensivo corazzato necessario a spezzare le linee nemiche difese da orde di fanteria leggera male addestrata e male equipaggiata, con morale basso e pochissima motivazione.

Le situazioni militari all’inizio e alla fine della Guerra del Golfo sono paragonabili a quella del ciclo iniziale e di quello futuro del conflitto in Ucraina proprio per quanto attiene alle condizioni delle forze contrapposte. La differenza risiede nel fatto che nel Golfo la superiorità tecnica è sempre rimasta con gli irakeni, mentre in Ucraina è transitata – almeno in campo tattico – dalle forze di Mosca a quelle di Kyiv.

La lezione che se ne trae è che uno stallo apparente determinato da una parità di forze, dall’esaurimento reciproco delle scorte materiali e dalle condizioni ambientali, può essere rotto da un consistente accumulo di energie e di equipaggiamenti da parte di uno dei contendenti. Questo perché una relativa stasi operativa come quella cui stiamo assistendo sul terreno in Ucraina non comporta l’arresto della curva del Momentum: questa continua a svilupparsi indipendentemente dai movimenti sul terreno, in quanto il potenziale militare delle parti in conflitto continua ad evolversi.

Disporre dell’iniziativa non comporta l’obbligo di esercitarla: se chi la detiene non ne fa uso per attaccare, chi la subisce rimane comunque impossibilitato ad assumerla a sua volta, e rimarrà obbligato ad aspettare l’offesa avversaria. Ove si azzardasse a violare tale “regola”, si esporrebbe al rischio di un contrattacco devastante.

La parte che gode di un Momentum favorevole vede in ogni caso il proprio potenziale crescere in proporzione a quello avversario, e se dispone anche dell’iniziativa ha modo di scegliere il momento in cui convertire il suo potenziale in energia cinetica con cui colpire il nemico.

Si tratta della situazione in cui si trova l’Ucraina in questo momento: ha l’iniziativa e gode di un Momentum favorevole. Questa situazione di vantaggio può cambiare solo se il sostegno di cui gode Kyiv venisse meno e/o se Mosca ne ricevesse uno superiore (interno o esterno che sia), oppure se si verificasse un “Cigno Nero” di cui al momento non si vede traccia.

Esclusi i “Cigni Neri” (che per definizione sono imprevedibili), rimangono le variazioni del sostegno.

Per l’Ucraina tale sostegno è rappresentato dagli aiuti economici e militari dell’Occidente, che la propaganda russa si sforza di influenzare prospettando sofferenze crescenti per la popolazione civile; considerata la determinazione del fronte interno ucraino e della motivazione al combattimento delle Forze Armate, intaccare la portata di tali aiuti influenzando l’opinione pubblica occidentale è l’unica possibilità per la Russia di influire sulla crescita del potenziale avversario.

Per la Russia, considerato che non si vede una Potenza esterna disponibile a fornire un sostegno equivalente a quello occidentale per l’Ucraina (la Cina ha appena escluso di poter fornire superconduttori alla Russia per tema di reverse-engeneering, il che considerati i precedenti appare quantomeno ironico), rimane la convinzione di poter compiere un miracolo e generare questo sostegno internamente: attraverso la mobilitazione e la riconversione industriale a scopo bellico.

L’inverno porterà ad operazioni militari limitate, e probabilmente assisteremo solo a nuovi limitati contrattacchi ucraini tesi a preparare le condizioni per una vera controffensiva per la buona stagione, ma l’impegno principale di entrambe le parti consisterà nell’accrescere il proprio potenziale per lo scontro cinetico decisivo dell’anno prossimo.

L’Ucraina continuerà ad addestrare Brigate da equipaggiare con l’aiuto occidentale; l’orso Vladimiro invece fa affidamento sulla mobilitazione di un gran numero di rincalzi e soprattutto sulla possibilità che la sua industria riesca nel miracolo di ricostituire le forze corazzate perdute quest’anno… E che tali misure valgano non solo a compensare le perdite, ma anche a flettere la curva del Momentum superando gli aiuti occidentali.

Ci riuscirà?

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