Giorno 319
Il nostro esperto militare vi spiega perché è da escludere la probabilità (e anche la possibilità) che l’esercito russo possa lanciare oggi o a breve termine (alcuni mesi) offensive in Ucraina. In copertina e nell’articolo immagini di filate russe.
Orio Giorgio STIRPE
Esiste un malinteso generale sulle capacità militari della Russia e sulle sue opzioni e riprendere l’iniziativa nel conflitto ucraino.
Molti commentatori continuano a ritenere che l’esercito russo potrebbe capitalizzare la recente mobilitazione parziale e lanciare una nuova, massiccia offensiva per porre fine alla guerra alle proprie condizioni; questa offensiva potrebbe essere lanciata dalla Bielorussia e minacciare niente di meno che la stessa Kiev, portando l’Ucraina a piegarsi alla potenza del presidente Putin.
La cosa interessante è che voci del genere non provengono solo da commentatori disinformati o sedicenti esperti favorevoli al Cremlino, ma anche da professionisti occidentali e persino da fonti ufficiali ucraine.
Il punto è che l’intera idea di un massiccio ritorno russo a Kiev è completamente irrealistica.
La maggior parte delle persone che danno credito a queste idee non hanno alcuna comprensione dei massicci cambiamenti avvenuti nell’esercito russo negli ultimi dieci mesi.
Non si tratta solo di perdite in combattimento e calo del morale a causa dei fallimenti militari: la natura stessa delle forze di terra è cambiata, lasciando al presidente Putin uno strumento militare semplicemente inadatto alle operazioni offensive.
Questo NON significa che l’esercito russo sia definitivamente sconfitto: non lo è.
Significa però che non ha più una capacità credibile di organizzare attacchi a livello operativo e catturare vaste aree di territorio, ma piuttosto quella di conservare ciò che detiene e organizzare contrattacchi di disturbo locali… Che è quello che sta facendo attualmente.
Come ho detto, non è solo una questione di vittime, anche se le ingenti perdite subite sono la causa del cambiamento di DNA all’interno delle forze d’invasione.
L’esercito russo, che ha invaso l’Ucraina lo scorso febbraio, era composto a grandi linee da circa 200.000 soldati professionisti, supportati da altri 50.000 coscritti e da un numero massiccio di veicoli da combattimento relativamente moderni. Si trattava sostanzialmente di tutta la capacità operativa che la Federazione Russa poteva permettersi di ammassare in una sola campagna, e ne è la dimostrazione la presenza stessa dei coscritti, inizialmente proibita non solo per ordine diretto del Presidente Putin, ma anche dalla legge federale; se sono stati coinvolti comunque, è perché semplicemente non c’erano abbastanza fanti a contratto per popolare le unità di manovra, e il generale Gerasimov ha cercato di far funzionare le cose nonostante i problemi di personale del proprio esercito.
Questo esercito professionale, a cui la maggior parte degli esperti attribuiva un buon livello di addestramento al combattimento, semplicemente non esiste più.
Non ci sono numeri definitivi confermati per le vittime russe, e quelli ufficiali ucraini di circa centomila KIA potrebbero essere sopravvalutati, ma probabilmente non siamo così lontani da questi, soprattutto se consideriamo la proporzione con le perdite di veicoli da combattimento confermate in modo indipendente, che sono sbalorditive: i russi hanno perso più carri armati dell’intero inventario dell’esercito americano attivo.
A proposito di personale, bisogna ricordare che statisticamente per ogni soldato ucciso in azione (KIA) ce ne sono almeno due gravemente feriti (WIA) o comunque dispersi (MIA) per cattura, diserzione o congedo. Ciò significa che, anche se i numeri ucraini possono essere esagerati, pochissimi dei soldati professionisti che hanno invaso a febbraio stanno ancora combattendo oggi in prima linea: la maggior parte di loro è stata messa fuori combattimento nei dieci mesi di combattimenti, e i restanti sono stati probabilmente promossi a gradi superiori per ricoprire le posizioni degli ufficiali caduti e assumere il comando delle reclute mobilitate. Forse alcuni battaglioni d’élite VDV (paracadutisti meccanizzati) dispongono ancora di una maggioranza di soldati a contratto, e ovviamente i gruppi mercenari come Wagner sono di natura “professionale”, ma fondamentalmente l’intero esercito russo è tornato a essere una banda di coscritti mobilitati… E io uso la parola “banda” intenzionalmente, a causa della natura della “mobilitazione parziale” a cui abbiamo assistito.
Per eseguire una mobilitazione efficace, è necessario un piano dettagliato (che l’Ucraina aveva), un’infrastruttura con istruttori e una riserva di equipaggiamento individuale per ricevere il personale richiamato (di cui l’Ucraina disponeva in una certa misura), tempo per l’addestramento ed equipaggiamento pesante per supportare le unità di nuova formazione (di cui anche l’Ucraina era gravemente carente), e soprattutto quadri per guidare queste unità in combattimento (che l’Ucraina in qualche modo sembra aver potuto mettere insieme).
TUTTI questi elementi mancavano in Russia, semplicemente perché non c’era alcun piano di mobilitazione; inoltre, la corruzione e la mancanza di risorse avevano notevolmente ridotto l’equipaggiamento di riserva, quindi il personale mobilitato russo è andato in combattimento privo di tutto tranne che dei propri corpi mortali. Carne da cannone, come visto nelle orribili immagini da Bakhmut.
Parlando di risorse materiali, la situazione è ancora peggiore che per quelle umane, che sono pur sempre numericamente disponibili. Per quanto grande sia, la Federazione Russa ha un Pil di gran lunga inferiore a quello italiano, e qualsiasi budget militare – per quanto gonfiato – deve partire da questo dato fondamentale. Considerando che alla fine le spese militari della Russia sono simili a quelle del Regno Unito, ma che le forze armate russe sono venti volte più grandi di quelle britanniche e hanno un deterrente nucleare numericamente pari a quello statunitense – che risucchia circa la metà del bilancio totale – vediamo che il finanziamento disponibile è decisamente insufficiente per mantenere un esercito così numeroso; se aggiungiamo la corruzione, vediamo che le risorse erano decisamente scarse fin dall’inizio.
Qualunque fosse la disponibilità di risorse iniziale, questa è stata poi seriamente colpita dalle sanzioni occidentali, quindi la produzione industriale militare è diminuita drasticamente, mentre le riserve immagazzinate si sono rivelate in gran parte inidonee.
Alla fine, l’esercito professionale con equipaggiamento moderno che la Russia ha schierato lo scorso febbraio si è trasformato in un’orda di reclute demoralizzate scarsamente equipaggiate e mal addestrate, supportate da veicoli da combattimento insufficienti per numero e di modelli obsoleti, guidate da ufficiali scontenti sollevati dai ranghi e per lo più con scarso addestramento alla leadership.
Un tale esercito è semplicemente inadatto alle operazioni offensive in territorio ostile. Lo è ancora di meno meno quando capita che i suoi avversari godano di numeri ormai superiori in vari campi, di una migliore formazione, di una buona leadership e di materiale più moderno.
A tutto ciò, e alla questione motivazionale di cui abbiamo parlato in precedenza, si devono aggiungere i problemi logistici, che legano i russi ai terminali ferroviari per qualsiasi sforzo offensivo poiché mancano dei mezzi su ruote per spostare i rifornimenti – principalmente munizioni di artiglieria – necessari per qualsiasi sforzo prolungato: i generali ucraini hanno pianificato attentamente le loro operazioni per negare tali terminali agli invasori, così che ora la ferrovia che collega Rostov a Donetsk è l’unica in grado di supportare operazioni offensive in territorio ucraino. Qualsiasi offensiva dal territorio bielorusso dovrebbe fare invece affidamento su un’unica linea ferroviaria bielorussa, presidiata da personale bielorusso con simpatie poco nascoste per l’Ucraina: lo scorso marzo abbiamo visto quanto tale linea – che per di più attraversa l’area contaminata di Chernobyl – si sia dimostrata efficiente.
L’esercito russo è ancora vivo e vegeto: ha ancora molti numeri dalla sua parte, e la resilienza di una grande Nazione a sostenerlo; può mantenere la sua linea in modo efficace per molti mesi a venire. Non solo non va sottovalutato, ma sia i governi occidentali che le autorità ucraine hanno anche tutto l’interesse a dipingerlo sull’orlo di un nuovo assalto al fine di sostenere la fornitura di ulteriori rifornimenti militari occidentali.
Ma rimane il fatto che l’orso Vladimiro non è più in grado di organizzare grandi operazioni offensive: né oggi né tra qualche mese.
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