Giorno 342

Tutte le possibili soluzioni alternative del conflitto russo-ucraino. In copertina l’incontro a Parigi tra Putin e Zelenskiy

Orio Giorgio Stirpe

Esaminato il problema specifico dei carri armati, vediamo di fare un po’ di luce su cosa ci si debba aspettare nei prossimi mesi, sempre tenendo conto del fatto che la situazione è dinamica e che i fattori che la determinano seguono una loro evoluzione a loro volta. I tempi che gli sviluppi richiedono per manifestarsi sono lunghi a causa delle enormi masse che sono in movimento (basti pensare alle popolazioni coinvolte e alle dimensioni degli apparati militari ed economici in gioco) e che quindi sono gravate da una forte inerzia.

Molta gente si aspetta che quando si afferma “le sanzioni funzionano e hanno un effetto devastante”, questo implichi che l’economia russa stia per crollare nel giro di poche settimane; analogamente quando si afferma che “Putin sta male”, c’è chi si aspetta che stia per morire da un giorno all’altro… Non è così. Il processo di erosione di un’economia vasta come quella russa richiede molto più di qualche mese, e il decorso di una malattia può richiedere molti anni.

Questo vale anche per le decisioni politiche occidentali: a differenza del Regime russo, dove sostanzialmente le decisioni sono di pertinenza di una sola persona, in democrazia i Governi decidono largamente per consenso e devono confrontarsi con i propri Parlamenti, dove sono presenti partiti politici che rispondono ad un elettorato con sensibilità molto variegate. I Governi in gioco poi sono numerosi e hanno valenze differenti: Italia, Polonia e Portogallo hanno pesi differenti fra loro e soprattutto diversi rispetto agli Stati Uniti o all’Unione Europea, e ovviamente alla stessa Ucraina. Le decisioni, quindi, prendono tempo, ed è erroneo trarre le proprie conclusioni dai titoli del quotidiano del giorno: come abbiamo visto, tali titoli non riflettono quasi mai le effettive dinamiche in atto, ma amplificano le sensazioni del momento derivanti da una singola affermazione di un particolare attore in uno specifico momento.

In realtà tutte le decisioni vengono assunte in un contesto multinazionale dove la ricerca di un punto d’incontro richiede tempo a causa della necessità di condividere le responsabilità in rapporto alle capacità degli attori in gioco e di sincronizzare le esigenze strategiche con le aspettative delle popolazioni rappresentate (nessun Governo aspira a perdere le elezioni successive).

Ciò che occorre capire è che le tendenze fondamentali una volta innescate seguono una loro logica e vanno lette nel contesto generale della situazione man mano che questa si evolve.

Lo so: quello che ho scritto suona astratto, quindi cerco di spiegarmi meglio tornando al caso specifico.

Abbiamo un conflitto che in realtà nessuno vuole: gli ucraini chiaramente non gradiscono essere invasi, ma anche i russi non gradiscono trovarsi invischiati in un conflitto che non riescono a vincere, mentre l’Occidente vorrebbe liberarsi di un problema costoso e pericolosissimo. Purtroppo però nessuno riesce a sbrogliare la matassa diplomaticamente, perché gli ucraini comprensibilmente non vogliono rinunciare al loro territorio (perché dovrebbero essere i primi a rinunciare a territori propri dal 1945?), i russi non possono riconoscere la sconfitta perché il loro Regime non potrebbe sopravvivere all’umiliazione, e l’Occidente non può consentire la rottura di un ordine internazionale che ha preservato per ottanta anni il mondo da conflitti maggiori, e che metterebbe a rischio il suo benessere.

Quindi la guerra continua.

Non tanto le dichiarazioni diplomatiche – che lasciano il tempo che trovano – quanto gli atti formali dei Governi coinvolti (quali il riconoscimento del Regime russo quale “sponsor del terrorismo” e l’attiva ricerca di uno strumento giuridico per perseguire i crimini di guerra russi da parte occidentale, e le “annessioni” degli oblast ucraini contesi da parte russa) hanno sostanzialmente reso impossibile uno sbocco diplomatico della crisi e indicano la precisa volontà delle due parti contrapposte di addivenire ad una soluzione militare.

Essendo poi convolte nella crisi le massime potenze militari del mondo, non esiste una forza esterna al conflitto in grado di imporne la fine (la Cina è ampiamente sopravvalutata in questo caso, poiché la sua capacità di proiezione militare è minima in generale e assolutamente nulla nel Teatro ucraino).

Quindi la guerra continua.

Le modalità con cui la Russia si propone di concludere il conflitto con successo appaiono abbastanza chiare: il Regime spera di ottenere attraverso la mobilitazione il potenziale sufficiente per riprendere l’iniziativa e infliggere abbastanza perdite all’avversario da imporre una cessazione delle ostilità che lasci in mano russa oltre ai territori occupati nel 2014 anche il famoso “corridoio” terrestre per la Crimea e qualche territorio aggiuntivo nel contesissimo Donbas; in sostanza, come già indicato fin dal maggio scorso, si tratterebbe di riuscire finalmente a conquistare Kramatorsk.

L’Ucraina per conto suo potrebbe dirsi militarmente soddisfatta per essere sopravvissuta all’invasione e aver imposto l’arresto al “secondo esercito più forte del mondo”: il suo potenziale militare nazionale non può consentirle di più. La presenza dell’Occidente al suo fianco però cambia il paradigma strategico, affiancando il potenziale economico dell’intero G7 a quello ucraino, e quindi Kyiv intende perseguire il suo obiettivo politico di liberare tutti i territori occupati e ripristinare i suoi confini internazionalmente riconosciuti. La variabile a questo punto è una sola: quanta parte del potenziale economico che l’Occidente intende apportare alla causa ucraina verrà convertita in potenziale militare.

Per chiarire questo dato, occorre tornare a quelli che sono gli obiettivi strategici condivisi dell’Occidente. Questi sono sostanzialmente riassunti nel concetto di stabilità globale sotto l’egida del vigente Diritto Internazionale (che così com’è garantisce prosperità economica all’Occidente stesso). Tale stabilità è servita dal RAPIDO ripristino di tale stabilità quantomeno nella sostanza, ma possibilmente anche nella forma: occorre quindi che il tentativo russo di sovvertire a proprio vantaggio tale stabilità attraverso l’uso della forza militare fallisca in maniera visibile e convincente (quanto basta da scoraggiare ulteriori tentativi da parte dello stesso Regime o da parte di altri attori quali la Cina).

Tutto questo però va ottenuto evitando di destabilizzare l’ordine globale in modo opposto, cioè provocando il collasso non solo del Regime ma anche della stessa Federazione russa.

Questi obiettivi strategici sono stati perseguiti finora con una certa coerenza anche se questa può non sembrare evidente a chi segue gli eventi leggendo i titoli dei giornali o ascoltando i notiziari TV. Il fatto è che siamo dentro l’onda e quindi non ne vediamo la forma: occorre esaminare gli eventi in prospettiva per comprenderne la logica, e quindi cercare di vedere l’onda dal di fuori. Altrimenti, occorre aspettare che gli eventi si siano conclusi, per poterli comprendere in chiave storica.

Le mie previsioni sull’andamento futuro del conflitto si basano in sostanza sull’assunto che l’Occidente continuerà a perseguire i suoi obiettivi strategici con la stessa coerenza seguita finora.

Se così sarà, il potenziale economico dell’Occidente sarà impiegato per far crescere ulteriormente quello militare dell’Ucraina fino al punto da consentire un successo bellico entro l’anno senza rischiare la disintegrazione della Federazione russa.

Il potenziale militare ucraino dovrà quindi essere alimentato con tutte quelle capacità necessarie per una controffensiva estiva tale da ripristinare il confine internazionale. Queste capacità includono sostanzialmente la manovra corazzata in profondità, il supporto di fuoco e il sostegno logistico appropriati a tale manovra, e il controllo dello spazio aereo necessario a consentirla.

Prevedo quindi che Occidente continuerà a perseguire i propri obiettivi strategici supportando militarmente l’Ucraina come fatto finora; i tentativi di ripresa offensiva russa saranno frustrati attraverso l’inverno e la primavera e in estate avrà luogo controffensiva.

Se questa porterà al recupero completo dei confini di Stato ucraini, probabilmente assisteremo ad un cambio di Regime a Mosca ed avremo un ristabilimento non solo effettivo ma anche formale del Diritto internazionale con la conseguente cessazione totale delle ostilità e delle sanzioni economiche.

Se la controffensiva condurrà ad un recupero solamente parziale di territori e permarrà l’occupazione russa di alcune zone (quali ad esempio la Crimea e/o la città di Donetsk) allora probabilmente si addiverrà ad un “conflitto bloccato” e quindi ad un armistizio di fatto con un “cessate il fuoco” che ristabilirà solo in parte il Diritto Internazionale e lascerà in piedi tanto il Regime russo che le sanzioni economiche; l’Ucraina avrà ugualmente salvato la sua indipendenza e accederà alla EU e alla NATO di fatto se non de jure, ma per una conclusione definitiva del conflitto occorrerà aspettare che le sanzioni e la natura seguano il loro corso.

Ovviamente per il bene di tutti (tranne che dell’orso Vladimiro), occorre augurarsi che il successo della controffensiva sia completo.

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