Il caffè con il lettore
Ce ne vuole di cecità per non aver visto questa scena ripetuta tre volte. Menzogne e coperture impudiche nel caso Acca Laurentia
Gianvito Pugliese
Carissime/i ospiti del caffè…, la bevanda è pronta, e va bevuta calda, ed il cornetto che l’accompagna profuma di pasticceria quando si sta sfornando. Almeno una cosa buona perché, almeno secondo me, non lo è allo stesso modo l’argomento del giorno: i fatti di Acca Laurenzia!
Non è obbligatorio che sia Voi, che i lettori dobbiate conoscerne il significato di Acca Laurentia.
Strage di Acca Larenzia è la denominazione giornalistica del pluriomicidio a sfondo politico avvenuto a Roma il 7 gennaio 1978, nel quale furono uccisi due giovani attivisti di destra, appartenenti al Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assassinati davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano. in via Acca Larenzia, nel quartiere Tuscolano. Un terzo attivista della destra sociale. Stefano Recchioni, morì poco dopo negli scontri con le forze dell’ordine durante una manifestazione di protesta nel luogo dei primi morti.
Ogni anno il 7 gennaio militanti di destra organizzano una manifestazione “Acca Laurentia”, appunto, per commemorare ed onorare le tre vittime
Iniziativa pregevole ove contenuta nelle finalità sopra indicate. Ma, talvolta, le cose pregevoli diventano spregevoli per le strumentalizzazioni politiche che le stravolgono.
Ieri, infatti, la commemorazione era presieduta dal governatore di centrodestra del Lazio, Francesco Rocca. Sta di fatto che la commemorazione si trasforma ad opera della maggioranza del parterre in un momento apologico del fascismo con il ripetuto presente e saluto fascista rivolto all’indirizzo delle tre vittime.
Rocca, afferma di non essersene accorto. Ma le foto lo inchiodano. Impossibile non vedere una marea di persone, tutte peraltro in camicia nera fare ripetutamente il saluto fascista e non sentire un “non improvvisato coorganizzatore” con amplificazione, invitarle ripetutamente al “presente ed al saluto fascista”.
Emanuela Droghei, coordinatrice segreteria Pd Roma, dichiara: “Commemorare i morti è una cosa, dare copertura istituzionale ad adunate fasciste è altro“. L’attacco è evidentemente rivolto a Rocca, che anziché scusarsi e sostenere che la cosa gli era sfuggita di mano dichiara, come riposta il suo “Il Giornale”: “Le sue accuse sono false, surreali e diffamatorie. La cerimonia è stata estremamente composta e animata dalla sola intenzione di ricordare tre vittime degli Anni di Piombo”. Il Giornale non lo dice, ma aggiunge che sporgerà querela. Con le prove schiaccianti che lo inchiodano, ne dubito.
Qualcuno obietterà che Acca Laurentia si è celebrata ogni anno. Certo, ma i neofascisti, non sentendosi protetti da maggioranza e governo erano più cauti e il clima non era quello di continua accusa dell’avversario da parte di chi sembra non aver capito che una cosa è stare all’opposizione, altra è governare il Paese.
Ed, infatti, la seconda carica dello Stato, Ignazio la Russa, “fregandosene altamente” dell’equidistanza che il Presidente del Senato deve tenere nei confronti delle parti politiche, si schiera apertamente, da partigiano della destra più deteriore, ed insinua inl dubbio che il saluto fascista integri il reato di Apologia del fascismo. Ne parliamo in #daisocial di questa mattina.
In tutto questo. il silenzio assordante di Giorgia Meloni, che non perde occasione per apparire, dal panettone della Ferragni all’albero di Natale con figlia abbracciata (con buona pace della privacy invocata). Eppure è la maggiore danneggiata da quella stupida manifestazione degenerata in un reato.
L’ho scritto, o l’ho letto ieri su lavocenews.it, preoccupano la maggioranza ed il governo, che tengono nei confronti di quella gentaglia un atteggiamento di complicità, elevando così alla massima potenza la loro arroganza innata, ma ancor più prefetti, questori e finanche commissari di servizio che hanno dimenticato di non essere al servizio di Giorgia Meloni o Matteo Piantedosi, ma di un Paese che si chiama Italia.
Perché dico che la Meloni e la maggior danneggiata. Meloni sta combattendo due battaglie epocali. Sbaglierò ma le perde ignominiosamente entrambe. La prima il premierato, ovvero i pieni poteri, sul quale sta facendo carte false. A proposito mi sono sempre chiesto: “D’accordo non è una colta, anzi, ma possibile ignori i corsi e ricorsi storici di Giambattisto Vico e che, dunque, la storia si ripete sempre“. Salvini invocò i peni poteri a luglio 2019. Due mesi dopo non era più né vice presidente, né ministro dell’interno. Ed dal 35% delle europee del maggio 2019 è precipitato a percentuali ad una cifra. Mussolini le ottenne dal parlamento nel 1924 e non gli portarono bene, la fine che fece non è di certo invidiabile. E in casa della destra, in un secolo esatto, non sorge il dubbio che non c’è due senza tre? Eppure, come politica ha una grossa esperienza, è nel partito da quando aveva 16 anni e si è fatta tutta la gavetta e la scalata alla sommità di FdI senza Santi in Paradiso. Pregevole da questo punto di vista.
La seconda sfida è ad Ursula von der Leyen. Meloni vuol guidare la coalizione opposta e candidarsi alla presidenza della Commissione europea. Mi manca Cossiga ed il suo pallottoliere. Andrebbe dato alla Meloni. Conti cortesemente i Paesi europeisti e quelli che mal sopportano l’Unione Europea, che si giuda a coordinare e rappresentare. Non c’è storia.
Comunque. tutti questi bei propositi, sembra la letterina alla Befana, hanno necessità di un clima politico e sociale sereno. Ovviamente le manifestazioni neofasciste, con l’appoggio o anche il semplice complice silenzio di governo e maggioranza, preoccupano gli italiani e questo si trasforma in perdita di consenso nei momenti più delicati. Ed anche il non aver mai dismesso gli abiti della suffragetta dell’opposizione per vestire quelli del leader di un Paese, ed essere sempre provocatoria, pronta all’insulto, alla rissa, permettono ai più di misurare la sua adeguatezza a quelle sfide.
E se non bastasse il Paese cresce quest’anno al massimo dello 0,6% contro la media europea dell’1,3 decimale più o meno e la Meloni ci dice che cresciamo più di tutti, i numeri di cittadini sotto la soglia di povertà aumentano vertiginosamente, i disoccupati ed i sottoccupati, un altro enorme dramma per tutti, fuorché per Donzelli che afferma che “con la Meloni la disoccupazione è praticamente scomparsa”, e ciò che è peggio, il potere d’acquisto della classe media è drasticamente ridotto, prova ne sia i saldi di quest’anno, con negozi totalmente vuoti e commesse annoiate. Unica cosa che unicamente è davvero cresciuta è il debito pubblico da 2,742 miliardi a settembre 2022 (insediamento governo Meloni) a 2.858,6 dodici mesi dopo cioè di 116,6 miliardi (Stime Bankitalia)
Eppure, cara Presidente del Consiglio, i sondaggi parlavano chiaro e lanciavano segnali preoccupanti. Gli italiani non sono rivoluzionari, nei sondaggi bisogna essere capaci di cogliere l’andamento e finanche i decimali. Poi, all’improvviso, gli italiani si svegliano ed arriva il crollo. E’ accaduto ai pentastellati, è accaduto ai leghisti.
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