Il caffè con il lettore
Un amore che sa sopravvivere alla morte è un arma più potente di mille missili ed è capace di far rinascere o ridestare coscienze sopite.
Gianvito Pugliese
E’ il primo caffè che consumo quest’anno con le mie lettrici/ori e, non prometto, ma spero e mi sforzerò nel 2023 di consumarlo, se non quotidianamente, almeno piuttosto spesso insieme a Voi. Lo faccio più che volentieri perché francamente, assai spesso, i Vostri commenti mi ripagano di tante cose che potrebbero andar meglio.
E’ proprio così “fetente”, lasciatemi passare l’aggettivo, il tempo in cui siamo chiamati a vivere e le persone che popolano il Paese ed il mondo in cui ci muoviamo? Certo, ci sono guerre che nulla hanno di epico (in Ucraina, la più atroce anche per dimensioni, ma nei sud del mondo ampiamente diffuse, particolarmente in Africa), soprusi intollerabili contro le donne ed i giovani in Iran, in Afghanistan ed in tanti altri Paesi di cui ignoriamo finanche l’esistenza come nell’ex Birmania. Non è che a Gaza sia mai finito il calvario dei palestinesi per mano degli israeliani. Il danaro di questi ultimi non dovrebbe comprate il silenzio, anche se spessissimo, coi media, ci riesce fin troppo bene. E non si fermano i femminicidi, e anche episodici feroci omicidi commessi da donne verso uomini, magari violenti e dispotici, ma non per questo meritevoli di morti atroci. Non si fermano gli omicidi ed i ferimenti per rapine, come non si fermano le morti sul lavoro e la strage pandemica, aggravata da un incosciente e gravemente colpevole “liberi tutti”, che regna sovrano. Come non si fermano da ultimo, i morti ammazzati sulle strade, soprattutto di giovani in cerca di sballo che incontrano invece l’ombra della grande falce per se e per gli altri.
Tutto negativo, dunque, tutto da buttar via? Neanche per sogno. Inutile ripetervi, me lo insegnate Voi carissime/i, che a fronte di milioni di giovani che studiano, lavorano, si adoperano per un volontariato prezioso, fanno notizia gli stramaledetti fratelli Bianchi ed episodi analoghi.
Diamo allora un’occhiata al bicchiere mezzo pieno. In questi primi due-tre giorni dell’anno nuovo è capitato, su questo giornale, di trattare due argomenti che fanno capire che il Paese non è solo palazzo Chigi, Montecitorio, Palazzo Madama, in una parola i luoghi del potere politico, finanziario, sociale, che poi sono la medesima cosa, ma che c’è un mondo che sopravvive e mantiene la propria purezza a dispetto di tanta indecenza.
Due episodi scrivevo: rileggete, cortesemente, “Valfrido Ferrari”, che ha chiuso il primo giorno dell’anno, ed il #Daisocial di stamani “Questo si che è amore!“. E’ stata solo una combinazione, nulla di programmato e, tantomeno, voluto. Ci siamo ritrovati a mostrarvi due fotografie (in realtà racconti), di amori che sopravvivono finanche alla morte. Soggetti diametralmente opposti, razze (qui il termine è assolutamente appropriato) assolutamente diverse, situazioni non paragonabili, ma con il medesimo filo conduttore o, se preferite, leitmotiv: un amore talmente grande che neanche l’onnipotente morte può sconfiggere e che riesce a sopravvivere alla livella, per usare il termine coniatole da Antonio de Curtis in una memorabile poesia.
E scusate se è poco. Un amore così forte, disinteressato e puro è un fiore che può far germogliare un risveglio di umanità sopita, almeno nei più. resi ottusi da terrificanti bombardamenti di disinformazione tesa a plagiarli, troppe volte -purtroppo- riuscendo nel malefico proposito.
Al prossimo caffè! Magari domani? Chissà.
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