Il primo caso umano di contagio H5N1
Congiuntivite con occhi sanguinanti ma la vista rimane intatta
Rocco Michele Renna
In un evento senza precedenti, un lavoratore di un’azienda lattiero-casearia in Texas ha presentato una congiuntivite con emorragia in entrambi gli occhi, ma senza compromissione della vista. Questo caso è il primo collegato all’epidemia di virus dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità che sta interessando i bovini da latte negli Stati Uniti.
Il caso è stato segnalato per la prima volta un mese fa e ha rapidamente attirato l’attenzione dei media internazionali. Una lettera all’editore, pubblicata sul “New England Journal of Medicine” e firmata da esperti di varie istituzioni sanitarie, ha fornito una descrizione dettagliata del caso, inclusa una fotografia degli occhi del paziente.
Il virus H5N1, noto per la sua alta mortalità e gravità clinica, ha causato infezioni umane sporadiche in 23 paesi nel corso di oltre 20 anni. Il clade 2.3.4.4b del virus si è diffuso tra gli uccelli selvatici dal 2020-2021, causando epidemie in pollame e altri animali, e recentemente è stato identificato anche in vacche da latte negli Stati Uniti.
Il paziente texano ha iniziato a manifestare sintomi alla fine di marzo 2024, con arrossamento e fastidio all’occhio destro. Nonostante l’emorragia sottocongiuntivale e il drenaggio sieroso, non ha mostrato febbre, sintomi respiratori o alterazioni della vista. Non aveva avuto contatti con uccelli selvatici o pollame, ma aveva lavorato a stretto contatto con mucche da latte, alcune delle quali mostravano segni di malattia.
Dopo essere stato sottoposto a tampone, i risultati erano presuntivi per il virus dell’influenza A e A(H5). Gli è stato quindi somministrato l’antivirale oseltamivir e raccomandato l’isolamento domiciliare. Il giorno seguente, il paziente non ha riportato sintomi a parte il fastidio agli occhi. Nei giorni successivi, la congiuntivite si è risolta senza ulteriori sintomi respiratori, e i suoi contatti familiari sono rimasti in salute.
Dall’analisi dei tamponi, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno confermato l’infezione da virus Hpai A(H5N1). L’analisi dell’Rna virale ottenuto dal campione congiuntivale ha confermato che il virus apparteneva al clade 2.3.4.4b (genotipo B3.13). L’isolamento del virus dai campioni congiuntivale e nasofaringeo ha prodotto un virus identico, con tutti i segmenti genetici esaminati risultati strettamente correlati ai virus rilevati nei bovini da latte del Texas e ad altri virus con genotipo B3.13 rilevati negli uccelli selvatici in Texas nel marzo 2024.
Le sequenze virali provenienti da bovini e dal paziente mantenevano principalmente caratteristiche genetiche aviarie. Non sono stati evidenziati cambiamenti nel gene dell’emoagglutinina che avrebbero influenzato la specificità di legame a recettori umani, riducendo così il rischio di trasmissione all’uomo. Tuttavia, il virus identificato nel paziente presentava una mutazione, PB2 E627K, associata a un adattamento virale a ospiti mammiferi e individuata precedentemente in uomini e altri mammiferi infettati da virus Hpai A(H5N1) o da altri sottotipi virali di influenza aviaria.
Non sono stati identificati marcatori genetici associati a una ridotta suscettibilità ai farmaci antivirali antinfluenzali approvati dalla Food and Drug Administration (FDA). L’emoagglutinina del virus del paziente è strettamente correlata a quella dei virus di due candidati vaccini contro l’A(H5N1), clade 2.3.4.4b. Poiché i virus dell’influenza A(H5N1) hanno un potenziale pandemico, questi virus sono a disposizione delle aziende e potrebbero essere utilizzati per produrre vaccini, se necessario.
Questo caso sottolinea l’importanza della protezione individuale e della sorveglianza sanitaria, specialmente in ambienti a rischio come le aziende lattiero-casearie, per prevenire la trasmissione di patogeni zoonotici all’uomo.
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