Il volto nero dei giochi social
Quando la connessione ha il volto della morte
Cinzia Montedoro
Sarà che spesso veniamo considerati, noi che sguazziamo negli anta, bigotti o bacchettoni, ma il ricordo dei pomeriggi estivi passati a giocare a campana, a sasso-carta-forbici, nascondino, e chi più ne ha più ne ricorda… non è poi tanto lontano.
Di certo non sono oggi considerati giochi “moderni” ma ciò che importava all’epoca era interagire tra noi, ci si confrontava, chiacchierava, rideva e altre volte ci si picchiava, ma nulla di poi tanto grave, il giorno dopo era tutto dimenticato e bastava un pallone per riconciliarsi, era cosi semplice costruire le proprie amicizie in un contesto vivace dove l’unica interconnessione era il desiderio di citofonare al proprio amico/a per poter giocare nel recinto di casa con spensieratezza.
I tempi cambiano e di quei passatempi ci rimane solo un lontano ricordo, oggi i giochi viaggiano in rete e troppo spesso il pericolo è nascosto dietro ad un click. Le vittime , si perché è di morti che parliamo, troppo spesso sono giovanissimi “intrappolati” da catene virali o da “ giochi” horror che plagiano la loro mente .
Napoli, un bambino di 11 anni è morto lanciandosi dal balcone, l’ipotesi è quella di una sfida social o di un gioco; il bambino ha lasciato un biglietto ai genitori in cui parlava di “seguire un uomo col cappuccio”. Un particolare che ha indotto gli inquirenti a far pensare che la morte del piccolo potrebbe appartenere alle Challenge mortali diffuse sul web.
Il web nasconde un’anima nera che ha il volto della paura, nel corso degli anni diverse sono state le inchieste sul fenomeno cosiddetto “Blue-whale”, il gioco on line che ha indotto diversi adolescenti al suicidio; il gioco si diffuse velocemente in Russia, ma anche in Inghilterra, Francia e Italia, nel 2018 una ragazzina della provincia di Bari fu coinvolta nel gioco mortale e salvata in extremis, grazie alle indagini coordinate dalla Procura per i Minorenni di Bari. “Jonathan Galindo” (questo il nome del profilo da cui arriva il contatto) ha le sembianze benevole di Pippo della Disney, è il nuovo pericolo in rete, il nuovo fenomeno social che indurrebbe ad atti di autolesionismo, senza dimenticare il “Samara challenge” ragazzini intenti a travestirsi da bambina fantasma dove la finalità è quella di impaurire i passanti, diverse sono state le persone portate in ospedale per lo spavento.
Il Washington Post oltre dieci anni fa citava nomi di altre macabre sfide autolesionistiche condotte via web: “blackout game”, “scarf game” solo per citarne alcune, si parlava di almeno 82 giovani, morti letteralmente nel “gioco del soffocamento” che consiste nello strangolare se stesso o qualcun altro usando le mani o una corda, per arrivare ad uno “stato di euforia”.
Il rischio, per la cosiddetta “generazione Z” – nati tra il 1995 ed il 2010 – è la sfida!
Connessione è la parola d’ordine, la sfida più ardua è riuscire a sganciarsi dalla rete per ritornare ad essere “liberi”: riattacchiamoci al desiderio di aria fresca, una partita di pallone non ha mai fatto male a nessuno!
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