Inclusione, questa sconosciuta

Emiliano, la scuola e l’inclusione. L’analisi e le conclusioni di una docente.

Genny Pugliese

Dopo anni di precariato, di treni su cui salire entro le ore 6.30 per risultare in servizio alle 8. Dopo aver riscaldato i motori dell’auto alle 6.30 e non avere mai avuto un rimborso per le spese di carburante. Dopo aver preparato un concorso senza il riconoscimento del diritto allo studio e aver dovuto barattare, da precaria, il giorno di riposo con i colleghi per poter partecipare al concorso ordinario. Perché paradossalmente si ha diritto all’esonero dal servizio quando si è di ruolo, ma non per partecipare al concorso per entrarvi. Dopo nove anni di questa vita, nel 2014 ho ottenuto il contratto a tempo indeterminato nella scuola pubblica italiana. Da concorso. Avendo nove anni di servizio pregresso, che solo in quella graduatoria non dettero diritto a nessun punto in più

La scuola italiana ha sempre avuto tante pecche. Pochi investimenti economici da parte dei vari governi che si sono avvicendati, prioritariamente. Direi che i problemi derivano tutti da lì, dalla mancanza d’investimenti. Non disponiamo di surveillants, come nel sistema scolastico francese, che monitorino sugli spostamenti degli alunni, che li seguano nelle salles de permanence, né disponiamo di internat, cioé di
convitto. Non disponiamo in molti plessi di adeguate strumentazioni digitali. Eppure la scuola italiana ha qualcosa che l’ha sempre portata un passo avanti rispetto alle istituzioni di molti paesi europei: non ha le
scuole speciali e le trova aberranti.


Il baluardo della scuola pubblica italiana e, invece, non sempre di quelle private, diventate elitarie ormai, è l’inclusione. L’inclusione non solo prevede l’inserimento dei ragazzi dva, ovvero diversamente abili, nelle
classi. Prevede l’affiancamento del docente di sostegno in classe. Prevede che il ragazzo dva sia l’alunno di tutti i docenti delle discipline e un compagno con cui crescere, per gli altri alunni della classe. Prevede
programmazioni semplificate per coloro che non presentino particolari difficoltà cognitive. E l’inclusione non si ferma a questo, ma prevede il riconoscimento ai ragazzi con difficoltà di apprendimento, detti dsa, di
misure compensative e dispensative per favorirne il successo scolastico. L’inclusione prevede che di queste ultime misure usufruiscano anche ragazzi con grave disagio sociale. I cosiddetti ragazzi bes sono, quindi, molteplici: non solo i dva, ma anche i ragazzi dsa e con altre forme di
svantaggio.

In Europa non è ovunque così, non c’è l’inclusione delle scuole italiane, non in tutti i paesi europei, ma spesso ce lo dimentichiamo perché, chissà perché, dobbiamo sempre denigrare il nostro Paese. E l’afferma un’insegnante innamorata persa della Francia (dove ha iniziato la carriera di docente), ma che non per questo ha perso il suo senso critico. Arrivo al punto critico. Ieri ci piovono dal cielo nuove direttive dalla regione Puglia per cui da lunedì potranno venire a scuola in presenza per fruire della didattica a distanza pochi alunni per classe, fino ad un massimo del 25 per cento dei componenti del gruppo classe, con precedenza data ai bes. La privacy va a farsi benedire e con essa l’inclusione. Priorità a chi ha problemi di apprendimento, deficit cognitivi, disagio socioeconomico.

Non potremo seguirli da vicino, perché nel frattempo noi docenti, da scuola, dovremo portare avanti la didattica a distanza, con linee internet delle scuole che non sono necessariamente performanti, tempi morti, ragazzi che da casa si potranno distrarre, ragazzi che in presenza potrebbero mostrare segni di irrequietezza e noi insegnanti che non sapremo a chi dare la priorità. La qualità della didattica cala e, in tutto questo, l’inclusione è andata a farsi benedire definitivamente.


Togliamoci dalla testa l’illusione che i bambini e i ragazzi siano sempre buoni e che la società li corrompa. Ho sempre fatto tacere quelle domande inopportune, con cui si protestava sul perché l’alunno Caio avesse diritto a usare la calcolatrice o la tabella dei verbi o la mappa concettuale e gli altri no. Perché spesso i ragazzi bes soffrono di bassa autostima e invece da piccoli l’accettazione nel gruppo è fondamentale. Come giustificherò perché Caio ha avuto la priorità a frequentare? Quanto Caio soffrirà su commenti inopportuni? E soprattutto, in tutto questo, non eravamo in emergenza sanitaria?

Le mie domande resteranno senza risposta e io mi sarò disamorata di questo Paese in cui forse una delle poche cose che si salvava era l’inclusione che partiva dai banchi di scuola. E in cui avrò dovuto difendere, da statale, misure che invece ci hanno svenduti, umiliati, piegati. E nuovamente esposti a contagi epidemici.
Porgo a voi le mie misere conclusioni, da insegnante idealista che vede sbriciolarsi quelle polveri di uguaglianza e pari dignità per cui ha lottato da sempre.

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