Le decisioni della Consulta sugli otto quesiti referendari
Conferenza stampa “per spiegare”. “Più collaborazione con Parlamento”
La redazione
La Corte Costituzionale decide di spiegare le proprie scelte, “deve spiegare e quando, in passato, non lo ha fatto ha sbagliato“.
Non basta. La Corte costituzionale, gestione Giuliano Amato, divenuto di recente suo presidente, “pur non sconfinando in ambiti non suoi, in primis quello deputato alla formazione delle leggi, la Consulta deve dialogare con il Parlamento in un’ottica di collaborazione più forte“. Insomma, “i moniti contenuti nelle sentenze non bastano”.
E’ partita l’era Giuliano Amato alla Consulta ed assistiamo ad una conferenza stampa per spiegare, appunto, le decisioni adottate sui quesiti referendari.
Bilancio; anzitutto cinque ammessi e solo uno bocciato in tema di giustizia; ritenuti inammissibili, invece, sia quello sulla cannabis che quello sull’eutanasia.
Si voterà per i referendum in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno e la decisione spetta al Consiglio dei ministri.
Ammessi in tema di giustizia i referendum concernenti l’abrogazione delle disposizioni in materia di incandidabilità (legge Severino), la limitazione delle misure cautelari, la separazione delle funzioni dei magistrati, l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm, il riconoscimento nei consigli giudiziari del diritto di voto degli avvocati sulle valutazioni di professionalità dei magistrati.
Dichiarati, invece Inammissibili il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis come anche quello sulla responsabilità civile diretta dei magistrati. Bocciato ieri anche il quesito sull’eutanasia.
E da questa bocciatura, ampiamente e diffusamente criticata, che prende le mosse la conferenza stampa di Amato: “nella sorpresa e amarezza sulla decisione di ieri ha giocato il fatto che si era detto che il referendum fosse sull’eutanasia, in realtà era sull’omicidio del consenziente e avrebbe finito per legittimarlo ben aldilà nei casi in cui l’eutanasia possa aver luogo”.
La parola eutanasia, a giudizio di Amato era “fuorviante”. La parola passa al Parlamento: “Occorre dimensionare il tema dell’eutanasia alle persone a cui si applica, ossia a coloro che soffrono. Non potevamo farlo sulla base del quesito referendario, con altri strumenti può farlo il Parlamento”.
Sul quesito sulla cannabis, pure dichiarato inammissibile, Amato piega che “abbiamo dichiarato inammissibile il referendum, io dico, sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis”. Cita, quindi, le Sezioni unite della Cassazione che “interpretando l’articolo 73” avevano già sancito come fosse “fuori dalla punibilità la coltivazione a uso personale della cannabis”.
La politica reagisce in modi del tutto differenti. Matteo Salvini guardando ai quesiti sulla giustizia, supportati dal Carroccio, dichiara: “in primavera gli italiani faranno la prima grande riforma della giustizia”. Ma perché i politici preferiscono far previsioni. come il Divino Oltema, piuttosto che ancorarsi alla realtà dei fatti? Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, invece, canta “vittoria” per la inammissibilità dichiarata del quesito “sulla cannabis”, perchè “quella contro le droghe e le dipendenze è una battaglia in difesa della vita che non ha colore politico”. Riccardo Magi, di Più Europa, partito che era tra i promotori del referendum sulla cannabis, la decisione della Corte “è un colpo durissimo per la democrazia in questo Paese”, così come lo è pure “la bocciatura ieri del quesito sull’eutanasia“. Giuseppe Conte, leader M5s Giuseppe Conte, sostiene che “la risposta migliore” su eutanasia e coltivazione della cannabis “spetti al Parlamento”.
E sul ruolo del Parlamento Amato fa una riflessione invitandolo ad occuparsi dei “conflitti valoriali”, a cercare “una piattaforma comune”, diversamente “se questi temi escono dall’ordine del giorno del Parlamento possono alimentare dissensi corrosivi per la coesione sociale, dobbiamo esserne consapevoli”. Poi Amato torna ad essere quello a tutti noto e non risparmia, piccato dalle sue critiche, una stoccata a Marco Cappato: “Dire che questa Corte fosse maldisposta significa dire una cattiveria che si poteva anche risparmiare. Doveva, invece, riflettere su cosa stava facendo quando parlava di eutanasia mentre si trattava di omicidio del consenziente. Io sono assai meno politico di lui”.
Cin tutto il rispetto dovuto al Presidente della Consulta, mentre ci riserviamo di esaminare ciascun quesito in dettaglio, le motivazioni dell’ammissione o della bocciatura, e il giudizio dato dalla Consulta nel suo complesso, francamente troviamo piuttosto maramaldeggiante la risposta alle critiche di Cappato. L’amarezza era comprensibile, la stizza assai meno.
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