Lettera del prof. di Ravanusa
L’ha citata nel suo discordo, appena pubblicato, Mattarella. Vale la pena leggerla
La redazione
Se Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno, che prelude a quello di fine mandato (poco più di un mese) di cui già parla, cita la lettera del prof. Pietro Carmina agli studenti in occasione del pensionamento, la ragione non poteva essere solo la similitudine tra la fine imminente del mandato presidenziale e l’andata in pensione del docente, Doveva esserci qualche ragione speciale. La sua lettura, anche se per brani spiega tutto.
Il Prof. Pietro Carmina (in foto di copertina), sessantottenne, uno dei nove morti sepolti dalle case crollate a Ravanusa per un’esplosione nella condotta cittadina del gas, scrive ai suoi alunni: “Ai miei ragazzi, di ieri e di oggi. Ho appena chiuso il registro di classe. Per l’ultima volta. In attesa che la campanella liberatoria li faccia sciamare verso le vacanze, mi ritrovo a guardare i ragazzi che ho davanti. E, come in un fantasioso caleidoscopio, dietro i loro volti ne scorgo altri, tantissimi, centinaia, tutti quelli che ho incrociato in questi ultimi miei 43 anni. Di parecchi rammento tutto, anche i sorrisi, le battute, i gesti di disappunto, il modo di giustificarsi, di confidarsi, di comunicare gioie e dolori, di altri, molti in verità, solo il viso o il nome. Con alcuni persistono, vivi, rapporti amichevoli, ma il trascorrere del tempo e la lontananza hanno affievolito o interrotto, ahimè, quelli con tantissimi altri. Sono arrivato al capolinea e il magone più lancinante sta non tanto nell’essere iscritto di diritto al club degli anziani, quanto nel separarmi da questi ragazzi”.
“A tutti credo aver dato tutto quello che ho potuto, ma credo anche di avere ricevuto di più, molto di più. Vorrei salutarvi tutti, quelli che incontro per strada, quelli che mi siete amici sui social, e, tramite voi, anche tutti gli altri, tutti, e abbracciarvi ovunque voi siate. Vorrei che sapeste che una delle mie felicità consiste nel sentirmi ricordato; una delle mie gioie è sapervi affermati nella vita; una delle mie soddisfazioni la coscienza e la consapevolezza di avere tentato di insegnarvi che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista. Ho imparato qualcosa da ciascuno di voi, e da tutti la gioia di vivere, la vitalità, il dinamismo, l’entusiasmo, la voglia di lottare”.
Gli anni del liceo “non sempre sono felici nè facili, specialmente quando avete dovuto fare i conti con un prof che certe mattine raggiungeva livelli eccelsi di scontrosità e di asprezza… insomma rompeva alla grande. Ma lo faceva di proposito, nel tentativo di spianarvi la strada, evidenziandone ostacoli e difficoltà. Vi chiedo scusa se qualche volta non ho prestato il giusto ascolto, se non sono riuscito a stabilire la giusta empatia, se ho giudicato solo le apparenze, se ho deluso le aspettative, se ho dato più valore ai risultati e trascurato il percorso e i progressi, se, in una parola, non sono stato all’altezza delle vostre aspettative e non sono riuscito a farvi percepire che per me siete stati e siete importanti, perchè avete costituito la mia seconda famiglia. Mentre il mio pullman si sta fermando, usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha; non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi: infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa: voi non siete il futuro, siete il presente“.
“Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare, non state tutto il santo giorno incollati a cazzeggiare con l’iphone. Leggete, invece, viaggiate, siate curiosi (rammentate il coniglio del mondo di Sofia?). Io ho fatto, o meglio, ho cercato di fare la mia parte, ora tocca a voi. Le nostre strade si dividono, ma ricordate che avete fatto parte del mio vissuto, della mia storia e, quindi, della mia vita. Per questo, anche ora che siete grandi, per un consiglio, per una delusione, o semplicemente per una risata, un ricordo o un saluto, io ci sono e ci sarò. Sapete dove trovarmi. Ecco. Il pullman è arrivato. Io mi fermo qui. A voi, buon viaggio”.
Impossibile aggiungere nulla, ha scritto già lui in questa sorta di testamento morale lasciato ai suoi alunni e, loro tramite a tutti noi.
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