L’Europa impari dalla piccola Albania
Le parole del premier albanese Edi Rama sono uno squarcio di luce in uno scenario nero per il futuro dell’Europa
Vito Longo
“O si fa l’Europa o si muore”.
Parafrasando la celebre frase di Giuseppe Garibaldi, questo è il momento delle scelte che possono segnare un’epoca.
Lo ha detto bene il premier Conte, seguito in buona compagnia dal presidente spagnolo Sanchéz, da quello francese Macron e da quello portoghese Costa, capifila in questa battaglia che vede contrapposte Europa del sud (queste 4 nazioni, infatti, sono seguite da Cipro e Grecia) con alcuni paesi del centro nord (Belgio, Irlanda, Lussemburgo e Slovenia) e Germania e blocco nordico.
Lo scontro più duro si sta consumando in queste ore sui famosi Coronabond. Questo strumento finanziario altro non è che un’emissione di obbligazioni di debito pubblico degli stessi paesi membri dell’Europa, per consentire una capacità di spesa ingente per far fronte alla pandemia e per affrontare le sfide successive del rilancio economico. Queste emissioni di debito verrebbero poi ripartite tra tutti gli stati membri.
Da qui nasce la ferma opposizione della Germania soprattutto. Il paese a guida Merkel, infatti, ha i conti in ordine e quindi non avrebbe praticamente nessun vantaggio dall’accollo complessivo dei debiti europei, dato che, a differenza di alcuni dei paesi che le si oppongono, ha i conti in ordine e non uscirà eccessivamente pregiudicata da questo momento di incertezza economica e sanitaria che attanaglia praticamente tutto il mondo.
Il modo più semplice e veloce, adesso, è il ricorso al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), già finanziato con un fondo di 410 miliardi di Euro. Il suo utilizzo, tuttavia, impone condizioni molto stringenti a chi sia costretto a farne ricorso.
Sul punto si è consumato lo scontro, a tratti anche molto duro, tra Italia e Germania. Il presidente del consiglio Giuseppe Conte non perde occasione per ricordare all’Europa, senza, tuttavia, rinunciare a riferimenti molto espliciti proprio alla Germania, quanto storico sia il momento e che, proprio a ragione di ciò, non può essere affrontato senza il ricorso a strumenti all’altezza della sfida che attende tutti, non solo l’Italia.
Spiace dire che, dopo il primo intervento a vuoto di Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, poi corretto, anche la nuova presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, eletta anche grazie ai voti italiani, pare non aver compreso la portata della pandemia da Coronavirus. Non è una sfida che riguarda singoli stati e neanche l’Europa intesa come entità di stati: ad essere messa in discussione è l’idea stessa di Europa come finora l’abbiamo conosciuta. L’Europa serve, ma come insieme coeso e solidale di democrazie, non come grigio coacervo interessato a numeri ed equilibri finanziari.
A dare manforte al premier, negli ultimi giorni, si sono levate notevoli voci autorevoli.
Il primo è stato Mario Draghi, seguito da David Sassoli, presidente dell’Europarlamento, Paolo Gentiloni, ex premier e ora commissario agli Affari Economici, Enrico Letta e anche Romano Prodi. Questi sono solo alcuni dei sostenitori della posizione italiana e certo non si può dire che abbiano trascorsi politici o idee lontane dal sostegno all’Europa. Se, tuttavia, anche loro spingono a che l’Europa sia meno timida e “apra gli occhi”, vuol dire che, al netto della nostra responsabilità nell’aver accumulato un alto debito, il momento è realmente drammatico e serve, pertanto, affrontarlo ed uscirne tutti insieme.
In questo scenario abbastanza grigio, si è elevata, nelle ultime ore, la figura a capo di un piccolo paesino vicino al nostro: l’Albania.
Il paese del premier Edi Rama ha inviato in Italia trenta tra medici e infermieri. In occasione della conferenza stampa all’aeroporto di Tirana, in un ottimo italiano, ha salutato il personale sanitario albanese che raggiungerà Brescia, una delle città più colpite, ringraziando, inoltre, l’Italia. “Non siamo una potenza industriale, ma non ci dimentichiamo dell’Italia, un paese che ci ha accolto. A voi saremo sempre grati, popolo italiano, e non potevamo tirarci indietro”.
L’Europa può e deve, anzi, imparare tanto dalle parole del premier albanese Edi Rama. L’Europa che verrà, se verrà, conviene dire a questo punto, non può essere quella dell’equilibrio dei conti a tutti i costi, ma quella della solidarietà, dove, se qualcuno resta indietro, non viene abbandonato, ma sostenuto e aiutato a rialzarsi e a riprendere la giusta direzione.
Il tempo c’è. Ora serve la comune volontà di farlo.