L’omicidio di Evan massacrato di botte a 21 mesi

Risvolti criminologici e grafologici.

Giovanna Sellaroli

Ai microfoni di Rai Uno, qualche giorno fa, Stefano Lo Piccolo, padre del piccolo Evan, barbaramente ucciso di botte a 21 mesi, nell’agosto del 2020, ha detto: “la morte di mio figlio si sarebbe potuta evitare”.

Fa male, molto male solo raccontarla questa vicenda crudele, ma è un imperativo morale parlarne, non solo per mantenere viva la memoria di questa creatura innocente dai grandi occhioni neri e spauriti,  ma soprattutto per senso di giustizia. Evan merita giustizia, è il minimo che  possiamo fare.

Evan Giulio Lo Piccolo arriva in fin di vita, col corpo martoriato dai lividi,  all’ospedale Maggiore di Modica, il 17 agosto, ma non è la prima volta che il bambino varca le soglie dell’ospedale. Nelle fredde relazioni degli esperti che hanno esaminato il corpicino di Evan si legge:

“Si ricordi che trattavasi di soggetto che, già dall’età di un anno e sedici mesi, ha ripetutamente riportato, in episodi differenti, fratture costali multiple, frattura del femore, frattura della clavicola, frattura dello sterno, frattura cervicale, nonché multiple lesioni contusive al capo, al collo, al tronco ed agli arti, tutti compatibili con atti di violenza esercitata sullo stesso”

Evan vive in una casa popolare a Rosolini (Sr), insieme alla madre, Letizia Spatola, al fratellastro di 6 anni e al convivente di lei, Salvatore Blanco, 31 anni, originario di Noto. Un ambiente famigliare degradato e una casa degli orrori quella di Evan che, a detta degli inquirenti, era luogo di violenze continue perpetrate dal Blanco, con la connivenza  della madre che pur sapendo, non è mai intervenuta, né aveva denunciato.

Letizia Spatola e il compagno sono attualmente indagati e agli arresti con l’accusa di omicidio; l’autopsia effettuata ha accertato la causa del decesso: broncopolmonite da aspirazione, le cause della polmonite sono attribuibili a tutti i traumi, le botte e le fratture subite nel corso della breve esistenza del piccolo Evan che gli provocavano perdite di coscienza ripetute.

In questa triste storia di degrado umano anche Lo Piccolo, il padre biologico di Evan, al momento è indagato per maltrattamenti sul figlio nel periodo precedente al dicembre del 2019, mese in cui terminò il rapporto con la madre di Evan.

Qualche giorno fa,  il Giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere, avanzata da Letizia Spatola. Intanto la procura ha chiesto la perizia psichiatrica per l’uomo accusato di omicidio.

Lo scenario che via via è emerso è da brividi; le fasi processuali stanno delineando il quadro nel quale il piccolo ha vissuto e ha perso la vita per accertare le reali responsabilità, in verità diversificate, di un omicidio che non si può accettare.

Ma ripercorriamo i punti cruciali della storia di Evan e della vicenda giudiziaria,  insieme ad Anna Vagli, criminologa e consulente tecnico degli zii paterni di Evan, che si è espressa duramente circa la richiesta di domiciliari, sollevata dall’Avvocato della Spatola.

Dottoressa Vagli, ci spieghi.

Letizia Spatola ha chiesto la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari dicendo di essere ridotta in schiavitù dall’ex compagno e di non essere riuscita a salvare Evan perché anche lei veniva picchiata. La verità che Letizia ha mentito spudoratamente e ripetutamente anche quando il figlio le stava morendo fra le braccia. Evidenziando il suo carattere manipolatorio.

Quando il 17 agosto – giorno della morte di Evan – ha chiamato i sanitari, il piccolo era già privo di coscienza e la donna per giustificare i lividi e le ecchimosi aveva raccontato che se li era procurati tre giorni prima sbattendo la faccia contro la porta e che i solchi sul collo se li era fatti con il laccetto del ciuccio! Tutto questo mentre gli operatori del 118 stavo cercano di rianimare Evan. Letizia ha cercato di costruire un castello di bugie anche quando il figlio le stava morendo sotto gli occhi

Questa è schiavitù secondo lei?

Dopo che la prima istanza era stata rigettata, ne è stata presentata una seconda perché le motivazioni relative al primo rigetto investivano la non adeguatezza del domicilio indicato. Stiamo attendendo nuovamente la decisione del GIP”

Dottoressa, la madre di Evan era già indagata per maltrattamenti. La procura di Siracusa aveva aperto un fascicolo dopo che il bimbo, lo scorso luglio era finito al pronto soccorso di Noto, con una frattura alla clavicola. Perchè nessuno è intervenuto? E che ruolo hanno avuto i nonni? E i servizi sociali?

“Il padre biologico Stefano, zia Jessica e nonna Elisa, hanno provato a chiedere aiuto con ogni modo e mezzo che avevano a disposizione. Purtroppo Evan è morto nel silenzio di tutti. Gli assistenti sociali sono stati contattati per mesi da nonna Elisa, da marzo a maggio 2020, senza ricevere alcuna risposta. Siamo tutti responsabili come società della morte di Evan”

Quale ruolo ha avuto Stefano Lo Piccolo, il padre biologico di Evan?  Perché non si è accorto prima che suo figlio veniva picchiato selvaggiamente? E perché anche lui è indagato?

“Stefano Lo Piccolo si era trasferito dal dicembre del 2019 a Genova, dopo la fine della sua relazione con la  madre di Evan.  Non se n’è accorto perché la madre non faceva vedere il bambino a nessuno. Nonostante i continui appelli agli assistenti sociali e le scritture private con gli avvocati. Evan è rimasto nell’ombra così come la sua sofferenza. Soltanto verso la fine di luglio, quando finalmente è stato visto dalla nonna e dalla zia, si è avuta la consapevolezza – seppur parziale – delle angherie a cui era sottoposto il piccolo. A quel punto Stefano, per il tramite del suo legale, ha inviato un esposto in cui si denunciavano i maltrattamenti. Ma è arrivato il giorno dopo la morte di Evan.

Stefano è indagato come semplice atto dovuto dopo che, sentito in audizione protetta, l’altro figlio della Spatola, Giuseppe Caruso, aveva dichiarato che nel momento antecedente al trasferimento a Genova anche Stefano maltrattava Evan. Ma queste accuse sono cadute quando il bambino è stato nuovamente sentito in incidente probatorio. Giuseppe è risultato essere vittima della madre”

Per Salvatore Blanco è stata chiesta una perizia psichiatrica. Cosa vi aspettate?

“Qualora fosse riconosciuto incapace di intendere e volere, Salvatore verrebbe assolto e potrebbe aver chiuso il suo conto con la giustizia, rischiando al massimo, se riconosciuto come socialmente pericoloso, di finire in una rems.

Ora, non è sufficiente che gli venga diagnosticata una malattia mentale per non ritenerlo responsabile ma tale malattia deve aver completamente azzerato la capacità di intendere di volere. Ma, almeno l’orientamento della Procura, appare chiaro.

Cosa ci aspettiamo? Ci aspettiamo che chi ha sbagliato paghi senza trincerarsi dietro il salva-coscienza della perizia psichiatrica. E ci aspettiamo che giustizia venga fatta dove si conviene. Nei tribunali…”

Dottoressa Vagli ci sarà mai giustizia per il piccolo Evan?

“Insieme ai legali di Evan, ci batteremo finché avremo fiato per farlo. E lo faremo con ogni mezzo. Perché è vero che la giustizia si rivela solo a chi ci crede, ma certe scelte degli operatori di giustizia sono fortemente discutibili. Per quanto mi riguarda, cercherò di dare voce a chi voce non ha più. Il piccolo Evan”

GRAFOLOGIA E CRIMINE

Sigmund Freud, fondatore della psicoanalisi, sosteneva che “ogni uomo ha istinti aggressivi e passioni primitive che lo portano allo stupro, all’incesto e all’omicidio e che sono tenute a freno, in maniera imperfetta, dalle istituzioni sociali e dai sensi di colpa”.

Il Dottor Jekyll e il Mister Hyde che albergano in ogni essere umano, la parte di luce e quella di ombra, il bene e il male, devono ben integrarsi perché si crei equilibrio e armonia. L’inclinazione al crimine, invece, dipende da molteplici fattori psicologici, ambientali ed occasionali che rendono il comportamento umano spesso e volentieri imprevedibile.

La grafologia, disciplina codificata, costituisce un potente strumento di conoscenza del soggetto criminale in quanto capace di individuare i tratti interiori costitutivi dello scrivente, le funzioni psichiche e le tendenze comportamentali.

Non esistono i segni del crimine (questo è bene sottolinearlo), ma un contesto disgregato o una “maschera” grafica e tutta una serie di segnali di allarme ai quali corrispondono determinati significati, che supportano in maniera significativa le diagnosi svolte da medici e periti.

“L’uomo che scrive disegna inconsapevolmente la sua natura interiore. La scrittura cosciente è un disegno inconscio, disegno di sé, autoritratto”  scrive M. Pulver ne “La Simbologia della scrittura”

I segni di allarme nella scrittura sono numerosi, la studiosa di grafologia criminale Roda Wieser li ha esaminati a fondo, soffermandosi in particolare sulle “scritture maschera”,  quelle grafie contraddistinte da scarsa spontaneità, un gesto immobile, forma eccessivamente accurata e con poche personalizzazioni.

I tracciati totalmente privi di armonia, i ritocchi, i ripassi e le correzioni sistematiche, l’assenza di proporzione nelle tre zone della scrittura, la tendenza sinistrogira e l’inibizione dei gesti verso destra, sono tracce importanti sia del temperamento innato che del vissuto dello scrivente. In particolare sotto la lente del grafologo finiscono la pressione, la condotta del tratto, gli ingorghi di inchiostro, i gesti fuggitivi, tutti elementi costitutivi del grafismo, difficilmente controllabili dallo scrivente.

Nelle scritture di criminali Roda Wieser, individua il denominatore comune nella la mancanza del cosiddetto “filo rosso”, ossia “la regola di vita propria di ciascun individuo; essa penetra la scrittura fin nei suoi più piccoli elementi; essa ne struttura in ogni istante il movimento formatore, dando così origine ad una totalità la cui qualità diventa per l’osservatore un’esperienza vissuta

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