Medio Oriente
I pericoli che si annidano e i riflessi sulla guerra in Ucraina
Orio Giorgio Stirpe
La situazione in Medio Oriente: quanto è pericolosa e come si riverbera sulla guerra in Ucraina?
Tanto per cominciare, un disclaimer: la mia competenza in questo Teatro è decisamente inferiore a quella che ritengo di avere relativamente a quello ucraino, pertanto non mi addentrerò in dettagli tattici su cui non ho informazioni pregresse privilegiate e mi atterrò ad un esame a livello operativo/strategico.
Cominciamo dai fatti.
Il primo fatto è di natura formale: occorre definire l’ambiente operativo di cui si parla. Mentre il conflitto in Ucraina è di natura simmetrica, convenzionale, ad alta intensità fra due attori paritetici (anche se uno dispone di un arsenale nucleare e l’altro no) con caratteristiche di guerra totale, quello in Medio Oriente è di natura fortemente asimmetrica, insurrezionale, ad alta intensità temporanea fra due attori completamente diversi, uno con caratteristiche statuali e uno di natura terroristica ma con supporto popolare, con caratteristiche di conflittualità endemica. Inoltre il primo caso contrappone popolazioni e masse territoriali infinitamente più vaste rispetto al secondo, e consuma quantitativi infinitamente maggiori di risorse economiche, materiali e soprattutto umane rispetto al secondo, indipendentemente dal livello di esposizione mediatica. Per fare un paragone calcistico, è come se alla coppa del mondo paragoniamo la partita Germania-Brasile a quella Belgio-Camerun: magari la seconda potrà anche essere più avvincente e giocata meglio, ma la prima avrà un impatto ben maggiore sul risultato finale del campionato.
Andando poi ai fatti sul terreno, Hamas ha attaccato a freddo, ottenendo una sorpresa strategica, e Israele è stato colto come si dice, “con le braghe calate”. Inoltre l’attacco è stato condotto molto bene, in base ad una preparazione intelligence accurata e ad una pianificazione condotta in maniera ineccepibile; ha acquisito gran parte degli obiettivi prefissati, e sicuramente ha ottenuto lo scopo prefissato: scatenare il desiderio israeliano per una rappresaglia massiccia.
I fatti portano con sé considerazioni e domande.
Come mai Israele – che ha fama di un’eccellente intelligence militare – si è fatta cogliere “con le braghe calate”? Immagino che su questo punto interverrà una commissione d’inchiesta apposita, che avrà accesso a molti più dati di me. Ma vista da fuori, direi che la cosa abbia a che fare con le priorità assegnate dall’attuale Governo alle sue forze di sicurezza… Non intendo ingerirmi dei problemi di politica interna di un Paese amico – non è il mio lavoro – ma non è un segreto che l’attuale Governo (perfettamente legittimo peraltro) risulti altamente divisivo per l’intera società israeliana, e quindi anche per il personale delle sue stesse forze di sicurezza, e questo può aver contribuito a creare problemi di comunicazione fra i vari livelli ed enti appartenenti alle stesse.
La considerazione professionale fondamentale è che la pianificazione e la preparazione intelligence di Hamas si sono rivelate così buone da sollevare il dubbio più che lecito se siano frutto esclusivo del loro sacco. In fondo, non era mai successo che un’azione militare penetrasse così a fondo in territorio israeliano e facesse un danno così esteso sul territorio, con elementi armati a spasso per le strade israeliane. Si parla molto di un coinvolgimento iraniano, ma a parte che ho seri dubbi sulla convenienza iraniana ad effettuare un’azione simile in questo momento, ne ho anche di più sulla capacità da parte iraniana di fornire un sostegno professionalmente così ben strutturato.
Ma la domanda che a me colpisce di più è un’altra: come mai Hezbollah non ha attaccato in contemporanea con Hamas, o comunque immediatamente dopo, in modo da massimizzare il fattore-sorpresa? L’opportunità era unica, e difficilmente potrà mai ripetersi, per portare per la prima volta la guerra sul territorio israeliano, anche se solo per poche ore. Di fatto, una volta che Israele ha mobilitato, la possibilità per Hezbollah di effettuare operazioni offensive (diverse dal semplice lancio di razzi o di azioni terroristiche), cala a zero. La finestra di opportunità per colpire il territorio nemico per le organizzazioni asimmetriche dura fintanto che il nemico convenzionale è sotto l’effetto della sorpresa e non ha raccolto le proprie forze, e questa finestra ormai è abbondantemente chiusa.
Fissati fatti e posti i punti da dibattere, passiamo all’analisi.
L’attacco di Hamas ha avuto luogo – indipendentemente dalle motivazioni locali quali impedire l’avvicinamento saudita-israeliano – in perfetta contemporaneità con l’attacco – anch’esso inatteso – da parte russa ad Adviika. Considerato che come detto la pianificazione di Hamas lascia adito al sospetto di un supporto altamente professionale da parte di entità statali assai più capaci dell’Iran, e che questo supporto ha facilmente incluso supporto di immagini satellitari, il dubbio che l’azione di Hamas sia stata sia supportata che coordinata con la Russia è elevato. Fra l’altro si allinea alla strategia del Regime di Mosca di elevare la tensione internazionale per distrarre, sia l’attenzione, che il sostegno occidentale dall’Ucraina. Questo rammentando sempre che il modo di ragionare di Putin differisce completamente dal nostro, e che molte sue iniziative passate a noi sono sembrate non solo sbagliate, ma anche assurde: dire che “alla Russia non conviene” non è quindi un modo per smentire questo sospetto che invece ove fondato spiegherebbe molte cose.
La Russia opera a stretto contatto con l’Iran, e quindi è altamente probabile che il Regime di Teheran sia stato coinvolto a sua volta nella preparazione dell’azione… Preparazione presumibilmente durata piuttosto a lungo.
Ma se l’Iran era coinvolto nella pianificazione, e l’Iran in larga parte controlla Hezbollah, perché questi non ha sfruttato la finestra di opportunità per partecipare all’attacco? Ricordiamo che tanto Hamas che Hezbollah sono organizzazioni integraliste (non jihadiste però), votate al sacrificio: un’opportunità per un glorioso martirio non si trascura mai, e le perdite proprie sono considerate ancora più irrilevanti che non con i russi…
Fra Hamas e Hezbollah esistono molte differenze. Entrambe le formazioni sono integraliste, ma una è sunnita, legata alla Fratellanza Musulmana e sostenuta apertamente dal Qatar (e meno apertamente dalla Turchia di Erdogan), mentre l’altra è sciita e affiliata all’Iran oltre che alla Siria di Assad. Nella Siria stessa Hezbollah e i Fratelli Musulmani sono nemici irriducibili che si sono combattuti per anni, pro e contro il Regime di Assad sostenuto dalla Russia…
E qui potrebbe essere la spiegazione dell’apparente mancato coordinamento fra le due organizzazioni integraliste, legate dall’odio per Israele e dal sostegno da Mosca, ma separate da un odio settario reciproco pari a quello per il sionismo.
Un’aggressione asimmetrica come quella di Hamas ha uno scopo preciso: provocare il nemico con tale violenza da spingerlo ad una reazione sproporzionata cha a sua volta generi danni collaterali macroscopici, tali da provocare un danno politico e diplomatico esiziale; nel caso specifico, un danno tale da bloccare il processo negoziale arabo-israeliano e da dividere ulteriormente l’opinione pubblica dell’Occidente. Il prezzo di una tale operazione, oltre ai danni collaterali già citati (devastazione delle infrastrutture e massacro di civili), comporta la distruzione dell’apparato militare dell’organizzazione stessa. Tutto questo prezzo appare del tutto irragionevole a noi, ma perfettamente congruo ad un’organizzazione terroristica integralista, che vede nel martirio proprio ed altrui un valore.
Questo prezzo, che per Hamas evidentemente vale la candela, potrebbe non valerla per l’Iran, in particolare in questo momento: la distruzione di Hezbollah priverebbe Teheran di uno strumento di pressione prezioso e a lungo coltivato, e rischierebbe di portare con sé quella di ciò che resta del Regime di Assad e della sua influenza sull’Iraq, lasciando l’Iran isolato in Medio Oriente proprio mentre la Russia ha completamente perduto la sua capacità di proiezione militare convenzionale.
Ma se le cose stanno così, allora perché l’Iran avrebbe partecipato alla pianificazione di questa operazione, come appare abbastanza evidente?
La pianificazione, come detto, deve necessariamente essere stata una cosa lunga, forse cominciata anche prima del conflitto in Ucraina; probabilmente non prevedeva una data precisa per l’inizio delle operazioni, ed era come si dice una pianificazione “di contingenza”, da porre in atto al momento opportuno. Momento che evidentemente era giunto per Hamas e per la Russia, ma non per l’Iran.
Cosa è cambiato di recente in Teatro, da far divergere gli interessi di Mosca e Teheran?
C’è stato il rinnovato conflitto nel Nagorno-Karabah, con il forzato – ma umiliante – disimpegno russo dall’Armenia e l’ascesa dell’Azerbaijan alleato della Turchia e soprattutto di Israele: un Azerbaijan che si trova in una posizione strategica particolarmente pericolosa per l’Iran in caso di conflitto diretto con Israele, e che ha tutto l’interesse a cooperare con l’Occidente nel momento in cui costituisce l’unica via di accesso dell’Occidente stesso a un’Asia centrale improvvisamente libera dalla tutela russa e ansiosa di sottrarsi all’invadenza cinese.
Con i suoi enormi problemi interni attuali, l’Iran non è assolutamente pronto ad un confronto diretto con Israele proprio adesso che la Russia ha chiaramente dimostrato la propria impotenza nel sostenere i suoi alleati.
Se lo scenario proposto è corretto, saremmo di fronte ad un’incrinatura nell’alleanza fra Russia e Iran, con quest’ultima trascinata letteralmente per i capelli in un conflitto al quale non può sottrarsi a causa della propria stessa retorica anti-israeliana, ma che non era assolutamente pronto ad affrontare in questo momento.
Vedremo se l’atteggiamento pratico degli ayatollah nei prossimi giorni confermerà o meno questo canovaccio con un comportamento meno aggressivo di quanto ci si potrebbe aspettare…
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