Oggi nasceva l’indimenticabile Marilyn Monroe
Breve ritratto grafologico
della diva per eccellenza,
icona di bellezza, sensualità e tristezza
Giovanna Sellaroli
“Sono egoista, impaziente e un po’ insicura. Commetto errori, sono fuori controllo e, allo stesso tempo, difficile a gestire.
Ma se non sei in grado di gestire il mio lato peggiore, allora certamente non meriti quello migliore”.
La diva per eccellenza Marilyn Monroe nasceva 96 anni fa.
Norma Jeane Baker nasce a Los Angeles il 1 giugno 1926, figlia di Gladys Baker e di padre ignoto, vive senza la madre, internata in una clinica per malattie mentali. Norma trascorre la sua infanzia fra le famiglie adottive, case-famiglia e orfanotrofi, tra abusi e maltrattamenti, fin quando, a soli 16 anni, decise di sposarsi. Abbandona gli studi e, portando come unica dote il suo libro preferito, la biografia di Abramo Lincoln, diventa la signora Dougherty, moglie di James Dougherty che lei affettuosamente chiamava “Papà”.
Il divorzio da James arriva ben presto e sancisce il suo ingresso nel mondo del cinema; in poco tempo si ritrova a firmare un contratto con la 20th Century Fox, inizia così il mito di Marilyn Monroe, l’icona assoluta della bellezza, il sorriso più ammaliante e irresistibile, la cui sensuale bellezza affascina ancora oggi. Una personalità tanto forte sul set, quanto debole e incerta nel privato.
Una vita di soli trentasei anni che però ha lasciato un segno distintivo e indelebile nella storia del cinema, tanto da essere inserita dall’American Film Institute, al sesto posto nella lista delle più grandi star femminili di tutti i tempi e tra le 100 donne più attraenti di tutti i tempi.
Bellissima, radiosa, seducente.
Fragile, sensibile, tormentata.
E’ una personalità complessa, a contrasto quella di Marilyn Monroe che si delinea in termini dualistici, una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde: due persone in una.
“Vita –
Ho in me entrambe le tue direzioni
Restando come appesa all’ingiù
Più spesso
Ma forte come la tela di un ragno al
vento- esisto di più nella fredda brina scintillante.
Ma i miei raggi perlati hanno i colori che ho
Visto in quadro – ah vita ti hanno
Imbrogliata.”
E’ una poesia di Marilyn, rinvenuta tra i suoi beni personali lasciati, dopo la morte, nel 1962, a Lee Strasberg, attore e regista, amico e insegnante della Monroe presso l’Actor Studio. Si pensava di conoscere tutto del mito legato all’immagine della donna bionda di straordinaria bellezza, nata con la funzione di sedurre gli uomini, finché nel 2007, la giovane vedova di Strasberg, Anna, non trovò due scatole di poesie e altri manoscritti, una gran quantità di documenti, che hanno rivelato un’altra Marilyn rispetto all’immagine che il mondo dorato di Hollywood ci aveva offerto.
L’ icona della Marilyn dal fascino conturbante nasconde in realtà una donna intelligente e dall’animo sensibile.
Un vero e proprio tesoro nascosto quella raccolta di documenti: frammenti di diari, di poesie, di riflessioni amare, di fogli, di ricette di cucina. Tutti recuperati e pubblicati fedelmente in “Fragments”(1) , in originale inglese e in una traduzione fedele che rispetta perfino gli errori di ortografia e le cancellature, quei manoscritti si offrono preziosi all’occhio del grafologo.
Immediatamente si viene scossi dalla materialità di quel tracciato grafico, dalla presa dello spazio, dalle cancellature, dai ripassi, dall’andamento confuso con cui si susseguono le lettere e ognuno di questi elementi comunica le difficoltà di un’anima fragile, a tratti dislessica, di un essere inibito dalla scarsa fiducia in sé, insomma una persona profondamente inquieta, in preda a un male dell’anima.
La scrittura a tratti confusa, con lettere che invadono quelle vicine, creando intrecci, denota l’incapacità di dare una priorità organizzata alle idee. Facili gli sconfinamenti verso le esagerazioni, o gli imprevedibili cambiamenti di umore.
Il pensiero rischia di finire a volte indistinto e in preda alla confusione. Il lavoro mentale rischia di risultare sovraeccitato per la produzione di idee che non sempre trovano una finalità.
Eppure le irregolarità della scrittura, le fibrillazioni che si percepiscono nell’andamento scrittorio, offrono l’immagine di una persona dotata di un’intelligenza vivida, una mente curiosa e inquieta. Il temperamento è vivace, unito a una grande sensibilità, la scrivente freme per la voglia di conoscere e scoprire il mondo.
“Troppo sensibile e troppo intelligente” scrive Antonio Tabucchi nella bella prefazione di Fragments. “chi è troppo sensibile e intelligente conosce i rischi che comporta la complessità di ciò che la vita sceglie per noi o ci consente di scegliere … questo è il grande problema di coloro che sentono troppo o capiscono troppo, che potremmo essere tante cose, ma la vita è una sola e ci obbliga a essere solo una cosa, quella che gli altri pensano di noi”
Sì, perché Marilyn, in quei fogli, nei suoi diari prende la parola e lascia la sua impronta più intima, vergando di suo pugno la sua voglia di curiosità, la sua voglia di sapere, il suo desiderio di costruirsi: si evince dalle aperture a capo delle lettere, dalla dimensione del calibro medio piccolo, dall’alternanza di angolo-curva.
Dietro la maschera di ‘oca giuliva’, si cela la verità di una donna intelligente, ma anche quella di una ragazza offesa, profondamente ferita dalle ingiurie che la vita le ha riservato. Un’anima malgrado tutto, candida, emotivamente instabile, tormentata dall’impossibilità di soddisfare il bisogno di maternità e dalla difficoltà di amare.
Ne è bruciante testimonianza nei numerosi documenti, l’inclinazione del tracciato, le lettere affettive maltrattate e le numerose irregolarità, tutti segni che testimoniano dell’estenuante bisogno di affetto e di considerazione, nonché della difficile saturazione dal punto di vista affettivo.
D’altro canto, però, i tratti ampi e curvi della scrittura ci parlano della esuberanza di Marilyn, del suo forte bisogno di affermazione per compensare le sofferenze passate.
Vitalità e dinamismo sono la facciata dietro la quale si cela tutto il carico di ansie e di paure. Le contrazioni, gli scatti e i cali di calibro sono i segni dell’insicurezza e del nervosismo di cui era vittima. Eppure la scrittura non perde mai di tono, è sempre vitale, a dimostrazione che la scrivente non si perde d’animo, è capace di reagire. La buona tenuta del rigo e le linee ascendenti del tracciato rivelano l’energia e la tenacia e lo sforzo che mette nell’affrontare le difficoltà, ma, ancora una volta, siamo al bivio, torna prepotente il dualismo, prende il sopravvento la fragilità: è il momento in cui cade nell’alcool e nell’uso sfrenato di farmaci che la portano al crollo e a crisi isteriche sempre più frequenti.
Anima nevrotica, certo. Ma perché troppo sensibile e cerebrale, e passionale come ci mostra prepotentemente il tratto appoggiato che emana calore umano.
È personalità complessa; il tracciato ricco di ineguaglianze è la dimostrazione di come Marilyn tema i fantasmi del passato. Per quanto ne sappiamo, Marilyn non ha nascosto di aver convissuto con la paura di impazzire, come era accaduto a sua madre, e come era stato per la nonna.
La scrittura di Marilyn è ricca di segni in armonico, ma, allo stesso tempo, disarmonico contrasto tra loro, segni che delineano un ritratto a tinte forti, che lasciano trasparire l’immagine di un’anima bella “mai felice, ma certa di poterlo essere”.
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