Quando un fenomeno crea emulazione

Nel mirino film o programmi televisivi dai contenuti potenzialmente pericolosi

Cinzia Montedoro

Dopo il carosello, bambini e ragazzi a letto, era questo il motto che a metà degli anni’50 campeggiava nell’unica rete televisiva italiana. Era il 1957 e la televisione pensata come servizio pubblico, era il prezioso strumento, per chi poteva permetterselo, di cultura e formazione. Nel corso degli anni il palinsesto televisivo è notevolmente cambiato, le reti si sono moltiplicate e anche l’offerta ha mutato notevolmente il suo ruolo. Non solo la tv, ma anche dispositivi mobili sono figli della grande rete digitale.

Quotidianamente fioccano programmi di cultura, intrattenimento, politica, sport, reality show, talk show ad ampliare il grande calderone anche serie televisive, televendite e molto altro ancora. In uno scenario in continua mutazione spiccano intrattenimenti televisivi troppo spesso figli di una ripetuta banalità e altrettanto poco educativi, a questi si contrappongono programmi di cultura e arte che dovrebbero essere il pane quotidiano del pubblico televisivo.

Seguendo l’onda dei cooking show, tanti si sono immedesimati in chef o cuochi provetti per amici o parenti, per saper far bene un uovo al tegamino, una pasta al forno o un piatto gourmet, seguendo la ricetta dello chef stellato di turno, serve attenzione e creatività. Il gioco cambia quando il divertimento si trasforma in pericolosa emulazione, dove il limite tra finzione e realtà viene confuso e il naturale discernimento tra una e l’altra diventano pericolose tentazioni.

Il “fenomeno” Samara è stato per un certo periodo protagonista delle sfilate notturne per le strade di numerosi paesi, per poi passare al clown di “It”, curiose emulazioni giungono dalle bollenti scene di “Cinquanta sfumature”: non sarebbero poche le coppie desiderose di sperimentare gli eccessi di Christian Grey e Anastasia Steele finite poi in ospedale, “Bird Box”, numerose persone sono rimaste ferite in seguito all’emulazione dei personaggi della pellicola, o  l’imitazione della fiction come nel caso di Gomorra.

Di recente, nel mirino dell’attenzione mediatica, ci sono le serie televisive destinate a far discutere, una fra queste è “Squid Game” serie televisiva sudcoreana. Protagonisti centinaia di individui a corto di denaro che accettano uno strano invito, compiere giochi per bambini. Li attende un premio invitante, ma la posta in gioco è mortale. Di recente a Torino e a Como sono stati segnalati casi di studenti picchiati alle elementari per aver perso al gioco “1, 2, 3 stella”, costretti a subire maltrattamenti fisici.

Che questo tipo di programma fosse uno stratagemma per tenere “incollati” allo schermo migliaia di spettatori, raccogliendo successo e fans, lo avevamo capito, ma ciò che probabilmente sfugge è il pubblico che lo guarda, se già per un adulto potrebbe risultare difficile decifrare con spirito critico ciò che vede, senza farsi sopraffare dal tiro incessante d’ immagini e informazioni che camuffano la realtà, immaginiamo per un ragazzo/bambino?

La televisione, questa scatola magnifica, meriterebbe di tanto in tanto di rivedere i suoi contenuti e a noi adulti? Spetta il giusto compito di spiegare ai ragazzi che spegnere la tv alcune volte fa bene, magari lasciandosi invece trascinare dalla bellezza di un buon libro.

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