Spartacus
Spartacus, ripensando a questo personaggio, la prima immagine è quella del volto di Kirk Douglas nell’omonimo film del 1960 diretto da Stanley Kubrik. Ma c’è di più.
Maria Catalano Fiore
Gianvito Pugliese
MCF – Spartacus, un nome noto, un nome impresso nelle nostre memorie, ricollegato spesso ad immagini di film del passato, dal 1913 in poi, o al più recente fumetto, oppure all’ ultima serie televisiva, datata 2004.
Questo controverso ed ammirato personaggio è realmente esistito e, dallo stato di schiavitù, nel quale combatteva come gladiatore, è diventato, prima un leader degli schiavi rivoltosi, poi un autentico generale.
Spartacus, nome di origine greca, pare. da fonti successive, sia nato in Tracia intorno al 103 a.C., e morto in terra lucana nel 71 a.C.
Scrive di lui Karl Marx: “Spartaco è l’uomo più folgorante della storia antica. Un grande generale, un personaggio nobile, veramente rappresentativo del proletariato dell’antichità”.
Spartaco, secondo le fonti, Plutarco ed altri, cresciuto come un pastore, nel tentativo di migliorare il suo stato sociale, si arruola nell’eterogeneo esercito romano. La ferrea disciplina, i combattimenti non fanno per lui, diserta, ma viene condannato, secondo la legge militare romana, alla riduzione in schiavitù e, per la sua prestanza fisica, destinato a fare il gladiatore. E’ certa la sua presenza, nel 75 a.C. , a Capua, presso la scuola per gladiatori di Lentulo Battiato, un lanista (Ndr. organizzatore di spettacoli circensi).
Esasperato dalle condizioni inumane, in cui, viveva e combatteva, nell’anfiteatro capuano, nel 73 a.C. con tanti altri sfortunati, decide di scappare, lo seguono almeno in 60/70. Spartaco capeggia il gruppo che si asserraglia sulle pendici del Vesuvio.
il Senato romano invia vari pretori in Campania, con l’ordine di reprimere la rivolta, ma Glabro, uno dei pretori, strada facendo mette insieme solo uomini di basso livello e poco equipaggiati. Spartaco, invece, accoglie sempre nuovi fuggiaschi e si accampa sul Monte Somma. Con questi ribelli, contando sul fattore sorpresa, Spartaco effettua un contrattacco, rovinoso per i romani.
Spartaco organizza, inoltre, questa comunità: bottino di ogni razzia diviso equamente, oro e argento venduti per acquistare viveri e soprattutto armi. Non dovevano esserci ricchezze personali, queste dovevano essere interamente dedicate alla causa. Tutti dovevano essere accolti, donne e bambini sfamati, uomini militarmente addestrati.
Probabilmente il suo intento finale era quello di espatriare, tornare nelle terre di origine. Il successo contro le truppe romane diventa eclatante. Roma sottovaluta la situazione. Intanto i ribelli dopo la Campania, conquistano anche parte della Lucania. Questi ribelli, di provenienza e formazione tanto eterogenea, cominciano a saccheggiare con violenza, razziare, stuprare ecc….
Ormai la situazione sfugge sia dalle mani di Roma, che di Spartaco, il quale decide di orientarsi verso il Nord della penisola. Ancora una grave sconfitta romana, vicino Modena, che oltretutto culmina in un vasto eccidio di legionari romani, puniti per codardia dal procuratore Marco Licinio Crasso (Plutarco parla di 4.000 legionari giustiziati con il sistema della verberatio (a bastonate). Roma sta implodendo, il popolo chiede di ripristinare ordine e calma. Cittadini e abitanti delle campagne sono atterriti dalle imprese di Spartaco e del suo eterogeneo esercito.
Una volta concluse le varie razzie al nord, Spartaco torna verso sud, cercando di salpare per la Sicilia per riunirsi ad altri schiavi in rivolta contro Roma. Ma non ci riesce, svolta verso la Puglia, i suoi rivoltosi sono stanchi, l’esercito romano rinfoltito con uomini ben addestrati. I rivoltosi convergono verso la Lucania saccheggiando Metaponto, Heraclea (Policoro). Traditi da alcuni dei loro stessi compagni disputano, presso il fiume Sele, la battaglia finale. Battaglia sconvolgente che chiude la rivolta, nel 71 a.C. con 60.000 schiavi morti e 6.000 prigionieri, contro 1.000 romani uccisi. Il corpo di Spartaco venne colpito talmente tante volte da non essere più ritrovato.
Spartaco lo schiavo che sfidò l’impero.
Plutarco (46-125 d.C.), dopo più di un secolo, scrive delle sue vicende, ma non precisa il luogo della sua morte. Secondo gli storici Spartaco era alto, biondo ed intelligente, un vero titano carismatico, emblema del vero eroe.
Altri scrittori ne hanno narrato le gesta in quel conflitto cruento durato circa tre anni da Ippolito Nievo a Alessandro Manzoni ecc…
Molti i film tratti dalle sue biografie o leggende…..
GP – Da ultimo anche più d’uno sceneggiato a puntate, tutti di grande successo, per la tv. Mi permetto d’aggiungere a questo “pezzo” a quattro mani, che credo sarà una sorpresa anzitutto per la Collega Catalano a cui ho chiesto, in quanto storica dell’arte, d’introdurre, raccontandone la storia, che parte dal reale, ma talvolta, come nel caso dell’eroico Spartaco, finisce per lambire l’immaginario ed il fantastico.
Perché questa richiesta alla Collega? Per partire da dati fortemente ancorati alla storia, ed aggiungervi una parte che con lo Spartacus, eroe, gladiatore, grande condottiero, autentico leader carismatico di un epoca, c’entra assolutamente poco, nel mentre in cui si prova ad entrare, introspettivamente, nel personaggio e ancor più nel profondo del fenomeno dello schiavismo e della schiavitù.
Schiavismo, da parte di chi lo impone e ne trae beneficio -“prevalentemente economico”-, schiavitù da parte di chi la subisce. Ufficialmente lo schiavismo ha cessato di esistere, anzitutto, come commercio di schiavi dall’Africa alle Americhe, con il divieto del mercato degli schiavi e la dichiarazione dell’illegalità del trasporto degli stessi con le navi, a cominciare da quelle battenti bandiera inglese.
Poi con la vittoria dei Paesi del Nord, nella guerra americana di secessione, agli Stati del sud è stata imposta la fine della schiavitù. Ma finì veramente? No, neanche per sogno, se è vero che il Ku Klux Clan ha agito, assai spesso impunito, per reimporre agli ex schiavi, regole di segregazione intollerabili ed illegali. Ed ancora oggi rigurgiti di quel genere negli Usa si ritrovano e sono consistenti. Nell’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 buona parte parte degli assalitori, sostenitori di Trump, erano aderenti a sette estremiste, marcatamente e dichiaratamente razziste.
Ed in sud America, nei paesi controllati dai cartelli della droga, lo schiavismo di fatto è esercitato dai boss che hanno diritto di vita e di morte sulle popolazioni dei territori controllati dai capi dei vari cartelli, spesso in guerra tra loro per il controllo del lucroso mercato della droga. Dove poi ci sono regimi dittatoriali, piaccia o no, le popolazioni vivono in regime, sostanzialmente, di schiavitù.
Come definire diversamente le donne iraniane o quelle afgane, ed in genere la condizione femminile in quasi tutti i paesi islamici o nei luoghi in cui quelle regole continuano a esistere, magari nonostante la manifesta e dichiarata loro illegalità, nei Paesi ospitanti. Vedi il caso della povera Saman, trucidata da genitori e parenti per aver osato rifiutare un matrimonio imposto. Ma non solo le donne, cosa di per se estremamente grave ed intollerabile, subiscono soprusi che olezzano di schiavismo e schiavitù. Sono tanti in Paesi africani governati da dittatori assurdi, dove si scatenano guerre tribali o col vicino, reo solo magari di esserlo.
I mutamenti climatici e la siccità conseguente ha alimentato fenomeni migratori crescenti esponenzialmente. Come si fa a distinguere e discriminare tra migrante che fugge da una guerra dichiarata e migrante che fugge dalla carestia e da una miseria che lo costringe a vedere i propri figli morire di fame o di mancanza di medicinali? E gran parte di costoro, dopo un’odissea di attraversamento del deserto in fuga, finiscono nei campi di detenzione libica, sottoposti a maltrattamenti e violenze di ogni genere, da far impallidire quei lager nazisti che si resero responsabili di stermini di massa. Infine, l’attraversamento del mediterraneo -il mare “Mostrum” come l’ha soprannominato Papa Francesco, con riferimento alle vittime quotidiane- con relitti d’imbarcazioni -le carrette del mare- che hanno davvero scarse probabilità di arrivare a destinazione sane e salve. Non sono anche quest’ultimi persone ridotte in schiavitù da schiavisti della peggiore razza? Tali sono gli uomini della guardia costiera libica, al cui confronto, i pirati sono autentici gentleman oxfordiani. Ed altrettanto gli scafisti che della guardia costiera sono provati complici.
Arrivando a casa nostra è, purtroppo, abbastanza, anzi troppo comune l’esistenza di maltrattamenti in famiglia, con la presenza di un padre-marito padrone, che deve far pesare all’ossesso, da quel pavido insicuro che è, su moglie, figli o altri famigliari indifesi, di essere lui l’unico e solo sostegno della famiglia. Senza di lui gli altri, semplicemente, non esistono. E la donna è di fatto costretta a sopportare la violenza domestica, fatta di costrizioni sessuali, quando non di maltrattamenti e percosse vere e proprie, per paura di affrontare insuperabili difficoltà economiche in assenza di quel turpe individuo. Si arriva a non denunziare il violento, perché, se poi l’arrestano, chi porta i soldi a casa? Dove si va a mangiare? E’ se non è un’ennesima forma di schiavitù questa, spiegatemi cos’è? Perché io non ci arrivo.
Ma schiavi, e vengo alla conclusione, si può diventare anche da soli, senza bisogno che nessuno te lo imponga. E’ il caso di un malinteso senso del dovere, chiaramente spinto a livelli patologici e non fisiologici, che ti autoimpongono sforzi inauditi ed impossibili da reggere alla lunga. Mi è capitato nell’avventura, per certi versi meravigliosa di questo giornale, con alcuni collaboratori di livello oltre l’ottimo, altri con tanta voglia di fare e di esserci, qualcuno passato come una stella cadente, più o meno luminosa.
Risultati eccezionali in termini di visualizzazioni complessive e di singoli “pezzi”, credibilità e seguito da una fascia di lettori, anch’essi di livello più che elevato. Ma tutto questo al costo di oltre due anni e mezza senza un solo giorno di ferie e con una media di ore lavorative superiore alle 10 giornaliere e 70 settimanali. Fortunatamente c’è un limite, oltre il quale il fisico, prima che la mente lo capisca, non riesce ad andare e comincia a dar forfait. La natura è sempre più intelligente e saggia dell’uomo. E quella saturazione fisica, dunque, spiega al tuo cervello che è ora di cambiare “la suonata” e glielo impone. Non si può più non cambiare.
Quando in situazioni di limitazione della libertà, per causa altrui o propria, riusciamo a ribellarci ed averne ragione, in realtà in noi rivive il suo spirito e diveniamo per un attimo tanti piccoli Spartacus.
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