Terremoto 23 novembre 1980 una data che non si dimentica.
Il terremoto dell’Irpinia del 1980 fu un sisma che si verificò il 23 novembre 1980 e che colpì la Campania centrale, la Basilicata centro-settentrionale e parte della Puglia.
Rocco Michele Renna
Era una domenica di novembre anomala quel 23 novembre 1980, calda, forse troppo calda per quella stagione… Molti ne approfittarono per fare una gita fuori porta.
Una storia di mala politica e mala burocrazia che non ci stanchiamo, né ci stancheremo di richiamare e denunziare. L’avevamo fatto lo scorso anno con un articolo di Maria Catalano: “Vito Palumbo: Tutto a posto” e con un successivo articolo di Cinzia Montedoro: Quarant’anni fa il terremoto in Irpinia.
Riprendiamo a scriverne. A quei tempi i canali televisivi si contavano sulle dita di una mano e per chi invece si trovava a casa a quell’ora la Rai trasmetteva una delle partite della serie A giocate nel pomeriggio.
Alle ore 19.34, tutto d’un tratto. venne giù il mondo, la terra tremò per un minuto e venti interminabili secondi.
Un terribile terremoto, con epicentro in Irpinia, colpì la Basilicata e una limitata area della Puglia, un terremoto di magnitudo 6.9 (pari al decimo grado della scala Mercalli), secondo le stime più accreditate, causò 2.570 morti (2.914, secondo altre fonti), 8.848 feriti e circa 300mila sfollati.
Paesi bellissimi e suggestivi, furono quasi rasi al suolo, altri gravemente danneggiati e isolati per giorni. I soccorsi furono tardivi e insufficienti, nonostante lo sforzo messo in campo dai volontari, il suo ricordo è tutt’altro che sbiadito.
A simbolo di quella tragedia resta il crollo del soffitto della Chiesa Madre di Balvano, nella provincia di Potenza, il crollo seppellì 66 persone cancellando un’intera generazione di fatto, per la maggior parte erano bambini e ragazzi.
Il sisma fu avvertito pesantemente anche a Napoli, oltre a lasciare profondamente martoriata la Campania, allungò il suo soffio di morte facendolo percepire fino a nord, fino alla Pianura Padana, e a sud fino alla Sicilia.
Tanti sono i ricordi che si tramandano i sopravvissuti, sia del terremoto che della falce temporale della vecchiaia, sono ferite che i loro nipoti possono solo percepire ma mai potranno capire realmente, non potranno sentire, per fortuna, le urla strazianti di chi chiedeva aiuto sotto le macerie e moriva li perché, come abbiamo scritto prima, i soccorsi non arrivarono in tempo…
Alcuni soccorritori raccontano dell’odore di morte che aleggiava tra le macerie, morte causata dal ritardo e dalle intemperie oltre che dal crollo, quell’odore di morte che ti entrava nei pori della pelle, quella infinita fila di cadaveri che, finite le bare, venivano adagiati in luoghi più freschi e ventilati. In fila come una processione di morte che implorava il riconoscimento di quei corpi, ormai esanimi e straziati, da parte dei propri cari, seppure ci fosse qualche sopravvissuto a riconoscerli.
L’impreparazione dell’Italia a certi eventi catastrofici è una macchia sulla storia della repubblica, eppure eravamo reduci dal terremoto del Friuli Venezia Giulia. Comunque devastante, seppure in maniera ridotta paragonandolo a quello dell’Irpinia…
Ma L’Italia non aveva imparato la lezione, ci volle un’altra tragedia, altri morti e sofferenze per studiare e mettere in campo il seme della attuale Protezione civile.
Un terremoto , quello irpino, che ha fatto parlare e di cui se ne parlerà ancora anche per via di come è stato gestito il dopo terremoto, purtroppo la mala gestio all’italiana ci mette sempre lo zampino, non dimentichiamo il Belice in Sicilia e il terremoto più recente del centro Italia a L’Aquila…
E il terremoto del modenese arrivato prima del centro Italia? Beh per quello sembra che tutto sia risolto, loro sono al nord e noi siamo al “sud”!
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