2 Novembre tra dolce e salato
Un dipinto sintetizza l’uso ancestrale e l’abbinamento tra il cibo e la morte, il cibo e il trapasso. Accompagnare e ricordare i morti, ma anche sostenere i suoi congiunti. Due facce di una stessa medaglia.
Maria Catalano Fiore
Come seguite le tradizioni nel giorno dei morti? Amate il dolce o il salato? O lo “U’scquante”(sapore forte ed acido)?
In Italia e nel mondo ci sono tantissimi modi e ricette, alcune veramente curiose, molte dolci, ma anche dei prodotti salati particolari.
Basta scoprirli: ad esempio all’alba del 2 novembre, a partire dalle 2.30 tutti gli abitanti di Terlizzi (Ba) si riuniscono nelle varie gastronomie e panifici del paese per gustare la tradizionale “Quartiscedd”. Cosa? un tradizionale filoncino di pane, farcito con tonno sott’olio, acciughe e ricotta forte U’scquante, appunto.
L’origine di questo appuntamento mattiniero riaffiora nei tempi ancestrali della storia del paese, quando i contadini nel giorno di “tutti i morti” andavano a messa alle prime ore dell’alba, facevano visita ai defunti e prima di raggiungere i campi consumavano questo pane “Incalcinato”, pane bianco con una sostanziosa farcitura, condita con tanta, bianca, “ricotta forte”. Ricotta forte che ha uno storico, e particolare, significato: prima dell’editto napoleonico che istituiva i cimiteri, infatti, i defunti erano raccolti in un’unica fossa comune segnalata da una lapide o nei sotterranei delle Chiese. Per evitare si diffondessero malattie, i cadaveri venivano aspersi di calce.
L’interpretazione data dai terlizzesi era quella che gettare la calce fosse anche un rito di purificazione per permettere ai propri cari di presentarsi “puri” davanti al Signore, e al tempo stesso il pane con ricotta forte aveva funzione di purificazione dei peccati commessi fino ad allora per i vivi. Se volete provare è consigliabile prenotare.
Ma non è un caso isolato, come ben sappiamo celebrare il 2 novembre preparando leccornie gastronomiche è una antichissima tradizione fortemente collegata all’uso di accompagnare i morti, nel loro ultimo giaciglio, con il cibo necessario per il loro “ultimo viaggio”.
Ogni regione italiana custodisce tante preziose ricette locali ma quello che le accomuna tutte è l’utilizzo di ingredienti poveri ed un indiscutibile bisogno di aggregazione: Scorze di arancia, limone o cedro candite, miele, uvetta, frutta secca e spezie dall’inebriante profumo – Cannella, anice, chiodi di garofano, sono immancabili presenze ne “I dolci dei morti”.
Un modo curioso per definire quei dolcetti che evocano una festa per i morti, rimandandoci ad una funzione atavica di ricongiungimento con i nostri cari ormai nell’aldilà.
Bisogna accoglierli! Ed ecco che si sfornano focacce, pani e biscotti in tutte le varianti possibili: croccanti, morbidi, ricoperti di glassa, cosparsi con il miele o spolverati di zucchero a velo. tutti dolci secchi, per questione di conservazione, ma non per questo meno deliziosi.
La lista di questi dolcetti, o altro, è veramente lunga con una sfumatura diversa da paese in paese, recuperarle tutte una impresa!
Ne citiamo alcune come il “Pan dei Morti” della Lombardia, una vera ricetta di recupero preparato con tanti avanzi che sono in casa: biscotti secchi sbriciolati uniti a frutta secca, ma mischiare alla farina, per ottenere un pane dolce povero, ma ricco di gusto.
Differente il “Pan de’ Santi” con origini nella Toscana medioevale: un vero pane rustico, addolcito con uvetta e noci e speziato con tanto pepe, una costante in tutta la cucina toscana.
Simile per forma e dimensione è la “Piada dei Morti” di origine romagnola, una focaccia arricchita da uvetta, pinoli, e mandorle e noci in superficie.
Ci sono poi, e ne abbiamo già parlato, tempo fa, le “Ossa dei Morti”, diffuse in tutta Italia in infinite versioni. In Puglia a Gravina assumono una forma lunga, come di ossa e contengono uova nell’impasto.
In Basilicata nella vicina città di Irsina (Pz), questi taralli dei morti diventano più sottili, più cotti e scuri e devono scrocchiare tra i denti, come ossa che si frantumano.
In Piemonte si chiamano “Ossa da Mordere” e sono biscottini secchi simili ai Brutti ma Buoni, tante nocciole con aggiunta di farina.
Diversa la versione Siciliana, più povera, che non prevede l’uso di frutta secca, bensì solo di acqua, farina, cannella e chiodi di garofano.
In Sardegna troviamo le “Pabassinas” (papassine), ormai presenti nelle pasticcerie dell’isola tutto l’anno, biscotti preparati con mandorle, uva passa e semi di anice, arricchiti da strutto e uova e infine coperti da una glassa bianca, lo stesso velo bianco purificatore che richiama la purificazione della calce, una vera delizia!
In Umbria e nel Lazio, ed anche nella città di Venezia, si preparano le “Fave dei Morti”, biscottini di forma ovaleggiante, in ricordo appunto delle fave, che secondo la tradizione classica greca e romana ospitavano le anime dei morti. Chiamate anche “Fave Dolci”, sono diffuse anche in altri paesi, ognuna con la sua variante, ma rigorosamente a base di farina di mandorle tritate.
Gli amanti del cioccolato non possono perdersi il “Torrone dei Morti”, campano o siciliano, “O’Morticiello” in dialetto napoletano, che a differenza del tradizionale e antico torrone non prevede l’utilizzo del miele, sostituito da una base di cacao.
Una ulteriore tappa in Puglia con il “Grano dei Morti” o “Colva”, dalle lontane origini ortodosse. Simbolo di resurrezione, un piatto preparato con ingredienti provenienti dal mondo contadino: grano, noci , soprattutto melograno e per finire “Vin cotto”, d’uva o di fichi al posto dello zucchero.
Regione che vai usanze che trovi, l’Italia ne ha davvero tante, ma in tutti i paesi, da sempre, in modi diversi o simili, si celebra il giorno dei morti.
Per seguirci su Facebook mettete il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivetevi al gruppo lavocenews.it. Grazie.