A proposito di platino
In foto di copertina Roberto Fabbriciani. Torna, puntuale come un’orologio svizzero, l’appuntamento settimanale con i racconti musicali, targati RF, senz’altro tra i più apprezzati dai lettori di lavocenews.it.
Roberto Fabbriciani
La storia del flauto si perde nella notte dei tempi… Tutti i popoli antichi lo hanno suonato costruendolo in varie forme, flauti dritti e traversi, e in diversi materiali. Ci sono stati nei secoli flauti in osso, in canna, in legni vari (sambuco, ebano, bosso, olivo, rosa, …), in terracotta, in ceramica, in avorio, in cristallo, in plastica, in grenadilla, e, fin dall’inizio dell’800, in varie leghe metalliche quali alpacca placcata argento, argento, acciaio, oro (in differenti titoli) sino al platino.
Il flauto traverso fu brevettato dal flautista e compositore tedesco Theobald Böhm (1794-1881) che perfezionò il sistema delle chiavi dandogli il proprio nome (flauto sistema Böhm).
Edgar Varèse scrisse Density 21,5 per flauto solo, nel gennaio del 1936, su richiesta del flautista Georges Barrère che con questo brano inaugurò il suo flauto di platino.
Infatti, come annotato dall’autore sulla partitura, il titolo rimanda alla densità molecolare del platino 21,5.
Density, rivisto da Varèse nell’aprile 1946, pubblicato da Franco Colombo a New York nel 1956, rappresenta una tappa fondamentale nella letteratura flautistica.
E’ una pagina di grande bravura, da considerare baluardo della nuova musica, un punto di riferimento assoluto per gli esecutori e gli ascoltatori.
Questo brano ha rivoluzionato il tradizionale approccio agli strumenti a fiato, in particolare al flauto come strumento dalla voce omogenea, privilegiando l’attento sviluppo dinamico di ogni singolo suono ed evidenziando massimamente le qualità espressive dello strumento. Con Syrinx (1912) di Claude Debussy, è una delle prime opere dl ‘900 dedicate al flauto solo, scritto con l’intento di vagliarne e di allargarne le possibilità sonore. In una lettera del 1963 a Miss Betty Bang, professore assistente di musica all’Università di Stato di Iowa, Varèse prega di rispettare le dinamiche, lasciando intendere l’importanza che questo parametro musicale assume nella sua idea estetica di Density 21,5.
La partitura presenta un numero considerevole ed eterogeneo di segni agogici, spesso affiancati con il gusto del contrasto e quasi esasperati: suoni morbidi e dolci accanto a suoni forti ed aspri, crescendi e diminuendi, repentini cambi di intensità nell’ambito di uno stesso suono.
Questo aspetto, percettibilmente così evidente, risulta caratterizzante per il brano in cui è assente uno sviluppo tematico convenzionale, e concorre, con il ritmo, a definirne la struttura. Esiste una cellula ritmica d’inizio che periodicamente ritorna nell’ambito del brano assumendo quasi ilo valore strutturale di ritornello.
In Density 21,5, il flauto è impiegato come veicolo espressivo utilizzando un idioma alquanto inesplorato, considerando il momento storico in cui fu scritto, interessanti a questo proposito i colpi di chiave “Sharply articulated” (vedi la partitura) utilizzati come effetto musicale che hanno definito nuovi confini nell’uso delle sonorità strumentali e che hanno successivamente influenzato molte scelte compositive. Il brano presenta difficoltà esecutive soprattutto relative alle dinamiche, continuamente variabili e stratificate in un caleidoscopio di colori.
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