Addio a Lando Buzzanca
Lando Buzzanca non c’è più, da qualche ora. Quella sua risata, il suo abbraccio, le sua grandi mani non abbracceranno più, nel reale, il suo amato pubblico, ma lo faranno sempre nella memoria della storia del cinema italiano che ha cavalcato come un leone per decenni. In copertina Lando a Trani mentre incrocia un matrimonio….in carrozza.
Maria Catalano Fiore
Quello che non si vorrebbe mai fare nella vita è dare l’addio ad un amico, soprattutto ad un caro amico quale era Lando (Gerlando) Buzzanca.
Gerlando Buzzanca nato a Palermo il 24 agosto 1935, si è spento, dopo lunga malattia, in una clinica romana il 18 dicembre 2022.
Parlare di Lando è complicato, era un personaggio pubblico estremamente sfaccettato e difficile da descrivere, ma era anche un uomo molto preparato sia culturalmente che come attore. La sua famiglia d’origine era di attori e proiezionisti cinematografici, poi era fuggito a Roma per studiare recitazione, ed entrare a Cinecittà con qualsiasi ruolo. La nostra è stata una vera amicizia cominciata sottotono, con una presentazione in casa di amici comuni, poi rafforzata man mano da idee ed iniziative comuni, collaborazioni.
Lando, nel giro di pochi mesi, è diventato un amico vero, pronto ad accorrere in mio supporto per i grandi o piccoli eventi, che mi venivano richiesti di creare o coordinare, sia a Roma, che in Puglia, come le giornate della “Festa del Tricolore” a Gioia del Colle (Ba), gli eventi dell“Estate tranese” (Trani-Bat), La giornata di apertura della Fiera del levante, presentazioni di giornate culturali o mostre d’arte.
Oppure, tristemente, per ricordare un comune amico, Pinuccio Tatarella, presentando una raccolta, a quasi un anno dalla sua scomparsa, ricca di aneddoti, goliardate, eventi seri, problemi o meno di una vita trascorsa insieme, scritto, con profondo dolore dal suo amico fraterno Gianni Mastrangelo.
Lando, gioviale e sorridente, sempre, pronto a mostrarsi al suo pubblico come un “guitto d’altri tempi”, ma con un suo privato, che apriva solo a pochi. Rare le foto con la sua adorata moglie Lucia (Lucia Peralta Buzzanca, fuitina da ragazzi, mancata nel 2010 dopo 58 anni di felice matrimonio), con i suoi stessi figli, mai con i nipoti.
Studiava molto, scriveva molto, tantissime le sue sceneggiature per vari film e, più recentemente, per le serie televisive di successo: “Io e mio figlio” e “Il Restauratore”.
Al di la dell’aspetto “bucolico”, o di Serie B, di molte sue pellicole, Lando, già dai suoi esordi, non accettava mai una parte che non avesse un sottinteso di denuncia sociale o di costume come nel suo film di esordio ufficiale, nel 1961, “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi e successivamente in “Sedotta e abbandonata”. Nel 1964 interpreta il film drammatico di Luciano Ricci: “Senza sole né luna” sulla vita dei minatori durante gli scavi per il traforo del monte bianco.
Verità molto vere ed amare anche quando ha interpretato ruoli stereotipati di maschio siciliano, comunque gradiva lavorare solo con registi che avevano tanto da dare come Alberto Lattuada ed il suo “Don Giovanni in Sicilia”. Si era ritagliato comunque un suo personaggio, un provinciale amante delle donne e spesso poco furbo.
Nel 1970 la notorietà del grande pubblico arriva con “Signore e Signora”, in RAI, in coppia con Delia Scala. La sua battuta “Mi vien che ridere” rimarrà un tormentone per anni.
Sull’onda della TV i suoi film diventano di culto, nel 1971: “Il Merlo Maschio” e “Commedia sexy all’italiana” di Pasquale Festa Campanile.
Recita sempre con famose attrici: Stefania Sandrelli, Claudia Cardinale, Catherine Spaak, Barbara Bouchet, Senta Berger, Joan Collins, ecc…
Lavora, non solo come attore, con il mitico regista Lucio Fulci in ben tre pellicole.
Sceglie di non allinearsi mai politicamente, lo dimostra recitando in film come “L’arbitro”, “Il sindacalista” e “All’onorevole piacciono le bionde” parodiando personaggi reali e riconoscibili.
Scansa film, davvero di serie B come tutti quelli della saga di Alvaro Vitali e company.
Torna a lavorare in RAI, spesso in Radio, dove per diversi anni sarà il mattatore di “Gran Varietà” con il grottesco personaggio di “Buzzanco…mani al fianco”. Parallelamente lavora anche in Teatro.
Nel 2005 progetta e lavora alla fiction “Io e mio Figlio”, nonostante l’argomento spinoso. i timori e la sofferenza di un commissario di polizia, Vivaldi, nell’affrontare l’omosessualità del proprio figlio, in una Trieste triste e piovosa. Il successo è tale da richiedere un seguito: “Io e mio figlio – nuove storie per il commissario Vivaldi”.
Già in questo periodo idea e cura la sceneggiatura di un’altra serie televisiva “Il Restauratore” che verrà trasmessa solo nel 2012 e replicata per anni. Un personaggio particolare tra il restauratore ed il medium, con lunghe conversazioni, anche telefoniche per definire termini e dettagli di un tipo di arte, quella del restauro, che lo aveva affascinato da sempre: “Tu ne capisci, io no, sono un guitto!”. No, non lo eri, qualsiasi dettaglio non era, e non lo era mai stato, nelle tue interpretazioni, mai improvvisato.
Nel 2007, anche in una delle sue ultime scelte cinematografiche, girerà un film duro: “I Viceré” di Roberto Faenza tratto dall’omonimo romanzo su una parte del Risorgimento meridionale di Federico de Roberto, tenuto al bando per circa 100 anni, nel quale interpreta il Principe Consalvo Uzeda di Fracalanza, che lo porterà al “David di Donatello” come migliore attore protagonista e anche alla vittoria di un “Globo d’oro”.
Nel 2010 reciterà magistralmente in due diverse serie Tv: la drammatica “Lo scandalo della Banca Romana” e la molto più leggera “Capri”. Collaborerà alla loro sceneggiatura, le interpreterà, per sentirle come il giusto epilogo di tutta la sua brillante carriera in Italia ed all’Estero.
Una carriera che, diceva ridendo, si era “auto-amputata” per la sua paura a viaggiare in areo. Era verissimo, Lando non guidava neppure, si faceva scarrozzare in città e per viaggiare usava solo il treno. L’unica volta che aveva accettato un importante ruolo cinematografico in America, vi si era recato in nave, una lunga crociera con tutta la sua famiglia.
Quella famiglia per lui tanto importante e da proteggere. L’amata Lucia che, (sempre sorridente, mi accoglieva con i più buoni tubettoni con i ceci che abbia mai mangiato) con il dolore per la sua morte lo aveva portato quasi al suicidio e poi…ad intraprendere una lunga scia di declino, o come Lando stesso affermava: “Morire è bellissimo, è un riposo, ti libera dalla malattia che ti costringere a perdere la dignità”.
L’ultima volta che ci siamo sentiti eri svagato, tuo figlio Massimiliano, ha risposto al cellulare, “Si te lo passo, prova…”, “Papà è Maria da Bari”, hai riso e detto: ” Ricorda Maria le orecchiette per me senza formaggio, per te senza pomodoro….” (le nostre rispettive intolleranze).
Ti voglio ricordare con questo biglietto, lasciato su un foglio qualsiasi a casa mia…. e con la foto di inaugurazione della personale di Genny alla Gagliano Arte. Grazie Lando.
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