Alda Merini
Nella giornata contro la violenza sulle donne: CANTO DELLE DONNE
Gianvito Pugliese
CANTO DELLE DONNE
Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro “non follia”
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio.
Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia,
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”
la sfera di cristallo per una bocca “magata”.
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino
ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.
Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.
Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d’esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita per via della poesia.
Alda Merini
Quando oggi mi sono posto il problema di come commemorare la giornata contro la violenza sulle donne, non ho trovato di meglio che scegliere le parole di una poesia della straordinaria Alda Merini, scritta lasciando scorrere le immagini, come in un film dell’orrore, delle infinite violenze subite dalle donne.
Certo, avrei potuto scrivere del femminicidio a 360°, e lo farò a suo tempo, perché mi ha assalito un pensiero: che diritto ho mai di parlare della violenza contro le donne, io che appartengo alla loro stessa razza, quella umana, ma ad un genere, il maschile, che è responsabile di tanto orrore, di tanta vigliaccheria, di tanto squallore. Ho pensato alle poesie di Pablo Neruda e Jacq Prévert, ma anche loro appartengono al mio genere e non rimaneva che Alda Merini a cui far ricorso per una degna commemorazione, degna soprattutto del meraviglioso dono del creato che ha un solo nome: DONNA! E mi è esploso dentro un pensiero, quello dell’unico Uomo forse degno di parlare di loro senza vergogna: Francesco d’Assisi. Perché Francesco, quando tutta la sua chiesa guidata da Jacopone da Todi vedeva ancora nella donna l’incarnazione del peccato e del demonio, seppe opporsi, pagando in prima persona un prezzo altissimo, ed affermare che la donna è la creazione più bella e generosa del Padre eterno.
Nessun commento posso fare oggi a questa poesia meravigliosamente struggente, e mi sovviene una frase che pronunciava e forse pronuncia ancora il sacerdote rivolgendosi a Dio, ma io la rivolgo alla DONNA: “Non sum dignus”.
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