Antica masseria Ferro in Palo del Colle
Un autentico bene monumentale di Palo del Colle che auspico rientri nella proprietà del Comune
Vito Tricarico
Apro con qualche cenno storico. Anticamente, in contrada Ferro, sorgeva Katarakta, borgo anch’esso abitato dagli antichi palionensi, ove i Romani sbaragliarono le ultime resistenze degli abitanti locali che si opponevano al loro dominio. Dopo, con la distruzione del villaggio, non si hanno ulteriori notizie di quel territorio, fino ad arrivare al periodo in cui il re Carlo d’Angiò concesse i castelli di Palium e Auricarrum al miles Jean de Clary (Giovanni Clariarco) e ai suoi discendenti. Nei mesi immediatamente successivi a questa concessione, il Re ritagliò un pezzo di territorio, il latifondo denominato Ferreo, in quel tempo disabitato, e lo concesse ancora al miles Jean de Clary.
Dal libro “Per la storia di Palo” di Francesco Polito, si ha notizia di una Torre di Ferro in un atto di espropriazione condotto dalla Università di Palo contro il nobile Francesco Ribera che ne risultava proprietario nel 1641, con atto ingiunto per mancato pagamento della somma di ducati 2713.
Il bene su descritto, però, insieme ad altri appartenenti al nobile Ribera, passarono a Giangirolamo Acquaviva, Conte di Conversano. Gli amministratori dell’Università dell’epoca, dopo ingiunzioni, raggiri e minacce da parte del Conte, furono costretti a far figurare la nostra Università debitrice verso di lui di un’ingente cifra, motivo per il quale si andava ad estinguere il predetto debito con la cessione dei beni del nobile Ribera.
Presso l’Archivio di Stato di Bari, nel Catasto Onciario di Palo risalente all’anno 1752, risulta:
Al D. Gio: Ger.mo D’Acquaviva D’Aragona, utile possessore di questo U.tà di Pali e Conte di Conversano possiede i seguenti beni burgensatici: … (segue un elenco di proprietà che ometto di citare, fino a ciò che ci interessa. Da tener presente che il feudo di Palo era stato acquistato nel 1617 dal Principe Tommaso Filomarino di Rocca d’Aspro, discendente della nobiltà napoletana del X secolo, ma venne dato in dote alla figlia Isabella Filomarino nell’anno 1626, quando questa sposò Giangirolamo Acquaviva d’Aragona, conte di Conversano).
– Una masseria chiamata FERRO, o’ sia del Poppato, parte erbosa e machiosa e parte seminosa di vigne 950. Più in luogo di Ferro possiede una panetteria con molino da macina grano e forno con comodi pagliai e stalle ed abitazione soprana per il panettiere e fattore, più possiede tre jazzi ad uso delle pecore e capre con comodi pagliari e recinti, più un pozzo d’acqua incorporato alla cocevola della corte, ché feudale…. Più possiede 854 pecore di corpo oltre gli allievi. Più possiede 295 capre di corpo oltre li piccioli capretti.
– Passando a consultare successivamente il Catasto provvisorio del 1815 – Catasto Murattiano, la proprietà di Ferro è attribuita al Principe Filomarino Giacomo Principe di Rocca d’Aspro, che fu l’ultimo feudatario di Palo, fra i beni a suo carico, compare un rurale di ordini 0,15 con rendita di 12 ducati e una rendita complessiva di tutte le proprietà di 1608,93 ducati. Il cambio nella titolarità della proprietà era avvenuto nel 1774 quando il Principe Gianbattista Filomarino della Rocca, era subentrato agli Acquaviva d’Aragona nel feudo di Palo. Fu anche colui che edificò l’imponente Palazzo del Principe che si può ammirare in Piazza Santa Croce a Palo.
Queste le ricerche sull’antica masseria Ferro, che meriterebbe di essere rivalutata e conosciuta come patrimonio della città di Palo, perché parte integrante della nostra storia e perché illegalmente sottratta dal Conte di Conversano alla Università di Palo.
Masseria Ferro è un’antica struttura fortificata di notevoli dimensioni, racchiusa in un’area di circa mt.50×30. E’ in condizioni molto precarie essendo stata depredata di tutto ciò che si poteva asportare, come i conci di pietra a sostegno e ornamento della porta centrale e posteriormente, nella parte finale dell’arco a tutto sesto della galleria di accesso. Mancano ancora i conci di pietre squadrate sormontanti molte porte e finestre, tutti i gradoni dalla scala di accesso alla terrazza e alle stanze del primo piano, come anche stipiti di porte e finestre e tutta la pavimentazione in chianche.
La struttura della masseria si presenta ad L con il lato maggiore disposto a settentrione su due piani. Oltrepassato l’austero portale d’ingresso con arco a tutto sesto che si prolunga in una arcata che sorregge la scala interna di accesso alla terrazza ed al piano superiore, si accede ai locali disposti a sinistra, a destra e all’atrio interno. Nei vari ambienti disposti sul lato destro, tutti con volta a botte, sono visibili grandi camini per la cottura e lavorazione del latte che veniva prodotto, altri locali sotterranei e qualche cisterna. A sinistra del portale di accesso è disposta una fila di grandi stanzoni, una volta adibiti a ricovero per animali o deposito, ancora integri nella struttura, mirabilmente voltati a botte, forniti di finestroni di aerazione o accesso sul cortile interno. In essi si notano ancora angoli riservati ai camini e aperture di cisterne sotterranee. Nello spazioso atrio interno è presente, al centro, l’imbocco in pietra di un capiente pozzo per la raccolta di acqua piovana, attraverso la cui apertura si intravede ancora la preziosa acqua che, in abbondanza, doveva servire per gli usi dell’antica masseria. A ridosso degli ambienti che danno a levante, è presente una scala, una volta completamente in pietra e oggi, invece, solamente un piano inclinato con spezzoni di gradoni rotti. La scala in pietra consentiva l’accesso alle stanze superiori della struttura. Dall’alto dei locali a pian terreno, sgombrando lo sguardo dalla presenza di un inopportuno fico cresciuto a dismisura e a sproposito, lo sguardo può spaziare sull’intero e vasto territorio circostante.
A poca distanza dal portale d’ingresso dell’antica masseria, sola in un campo incolto e senza cure da moltissimi anni, fra la verdissima rucola selvatica e altre erbe senza alcun pregio che infestano il terreno circostante, mesta e solitaria per l’abbandono in cui versa e disperata per i saccheggi sacrileghi subiti, sorge ancora, a dispetto di ogni funesta aspettativa, l’antica cappella una volta dedicata a San Francesco di Paola. La semplice costruzione, di 5×8 metri, ad aula unica con volta a botte da cui, esternamente, emergono molte chiancarelle e ciuffi di erbe infestanti, è in condizioni di completa rovina. Al centro della chiesetta, addossato al muro annerito e con lievi tracce di decorazioni superstiti, si presentano i resti dell’altare della chiesetta.
Come già detto, la masseria è una struttura che per la sua storia, meriterebbe di essere riscattata e risollevata dal suo degrado e il Comune è l’Ente che dovrebbe provvedere in tal senso.
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