Bari 1924: Quando gli Armeni vennero accolti.
La storia cela ancora molti avvenimenti, o li lascia nell’oblio, a volte i pochi documenti rendono difficile la ricostruzione di fatti ed avvenimenti del nostro passato, ma ci si può provare con l’aiuto di scritti, memoriali e foto prese da giornali vari…..
Maria Catalano Fiore
Ogni 24 aprile, da qualche anno, si celebra l’anniversario dell’eccidio del Popolo Armeno, un fatto riconosciuto, finalmente, anche dal congresso degli Stati Uniti d’America, che ammette il genocidio subito per mano dei “Giovani Turchi”, tra il 1915 e il 1918, del popolo armeno, circa un milione e cinquecentomila persone, tra uomini, donne e bambini, questi ultimi persino torturati. Il genocidio di un popolo sempre occultato. Solo una minima parte della popolazione riuscì a sfuggire rifugiandosi in Grecia ed imbarcandosi poi verso varie zone del mondo.
Una vera e propria “pulizia etnico-religiosa” che le autorità turche non ammetteranno mai. Una contrapposizione tra i mussulmani (ottomani e curdi) e la minoranza cristiana armena già attiva appena 300 anni dopo la crocifissione di Gesù.
In uscita, in questi giorni, un Corto intitolato semplicemente “Io sono Armeno” in cui l’attore Paolo Kessisoglu, ha ideato e prodotto insieme al suo amico ed ex ambasciatore Armeno in Italia Sargis Ghazaryan, la testimonianza di 40 armeni d’Italia, eredi dei pochi profughi, personaggi conosciuti, persone dai più vari talenti, calciatori, la scrittrice Antonia Arslan, l’ambasciatore Laura Mirachian, l’attrice Laura Efrikian, l’Accademico dei Lincei Ermanno Arslan imprenditori ecc….la loro parola è l’orgoglio di un popolo antico con la sua identità cristiana.
Molti ignorano, i Baresi stessi, che Bari diventò meta e rifugio di 120 Armeni provenienti da Smirne, sfuggiti al genocidio ed approdati, dopo un lungo soggiorno nei campi di Atene e Salonicco. Scelta non casuale per questa gente in fuga, Bari aveva già una antica comunità armena risalente al I sec. d.C. come testimoniato dalla presenza di una Chiesa, dedicata a“San Giorgio degli Armeni”, all’interno della Corte del Catapano, nella zona in cui sorge la Basilica di San Nicola. Alcuni studiosi, tra cui Nino Lavermicocca (Bari 1942-2014) Docente di Archeologia Cristiana antica, ritengono che la Chiesa venne eretta dall’armeno Mosese, secondo quanto si legge nel “Codice Diplomatico Barese” nel 1005 e citata anche nel 1210. Lo storico Vito A. Melchiorre (1922- 2010) in diverse sue pubblicazioni colloca questa presenza armena nell’XI secolo. Anche Raffaele Licinio Docente e riconosciuto medioevalista nella sua “Storia di Bari dalle origini al Medioevo” conferma la presenza armena e di questa Chiesa.
Nel 1924 una colonia di questi armeni disperati ebbe accoglienza ed un suo “villaggio” a Bari. Tanti lo ignorano, Bari città di mare ha sempre accolto colonie di fuggitivi, veri e propri quartieri, Mungivacca, Fesca, San Girolamo e Trieste sono a tutt’oggi abitati da eredi di vari popoli.
Molti armeni, nonostante la grande guerra approdano in Italia dove esistevano già dei contatti. A Bari, sulla vecchia via per Capurso, attuale via Amendola, lungo i resti di un vecchio muro di tufo, si apre un varco. Sulle sue consunte colonne si legge a destra, in caratteri latini, la scritta “Nor Arax”, ripresa a sinistra in caratteri armeni. C’è anche la data 1926. Si intravedono, tra la vegetazione 4 dei sei caseggiati nei quali gli armeni trovarono ospitalità. Ancora oggi alcuni alloggi sono abitati da loro discendenti, ovviamente cittadini italiani. Scarsa la documentazione conservata, dispersa durante il secondo conflitto mondiale, alcuni atti sono custoditi dall’ “Istituto pugliese di Storia dell’Italia Contemporanea”.
Alla fine del 2017 è uscito un libro “NOR ARAX Storia del villaggio armeno di Bari” (L.B. ed.) scritto da Emilia Ashknem De Tommasi, nipote diretta, da parte di madre, di alcuni armeni da cui ha ascoltato il drammatico racconto. Tra i molti sbarcati a Bari e poi ramificati nella penisola, 120 si sono fermati, tutti provenienti da Smirne, la loro accoglienza e sistemazione ed organizzazione, mediata dal poeta, scrittore e giornalista armeno Hrand Nazariantz ( Scutari 1880- Bari 25 gennaio 1962), di nobile famiglia, grande preparazione tra Londra e la Sorbona di Parigi. Fondatore di giornali ed avverso ai Turchi, con rapporti epistolari con grandi dell’epoca tra cui Luigi Pirandello e Giovanni Verga, in amicizia con Filippo Tommaso Marinetti, già esule a Bari dal 1913 perché autore di scritti invisi al governo e condannato a morte. Nazariantz, nel Consolato Italiano di Costantinopoli, conosce e sposa una cantante italiana, Maddalena De Cosmis, originaria di Casamassima (Ba) che ne velocizza l’espatrio.
A Bari allaccia amicizie con Franco Casavola, Giuseppe Laterza, Giacomo Favia, Tina Suglia ed altri, promuovono rappresentazioni teatrali futuriste nel Teatro Piccinni e nel Margherita. Nel 1923 comincia a programmare l’espatrio di connazionali a Bari, li sistema, con annessa fabbrica di tappeti e nel 1926 riesce ad inaugurare ufficialmente il villaggio “Nor Arax”, trovare sovvenzioni, far arrivare l’acqua potabile dall’A.Q.P. Il tutto l’ha raccontato nella raccolta “Tra la perduta gente”. Nel 1939 collabora anche con “Radio Bari”. Il suo nome è in numerose pubblicazioni.
Nel 1953 Nazariantz è finalista per il Nobel della Letteratura, assegnato poi a Winston Churchill.
Muore a Bari, dopo anni di semi- indigenza, ma sempre scrivendo, e qui riposa, in un loculo quasi anonimo di pertinenza della famiglia Timurian, armeni in fuga che aveva aiutato, poi diventati fabbricanti ed imprenditori di tappeti.
Il villaggio “Nor Arax” ha una sua economia, fondata sulla fabbricazione di tappeti, tappeti di cui i Nazariantz, in Armenia, avevano una fiorente attività e ottimi clienti. Dal laboratorio di Bari, in quel periodo, sono usciti tappeti acquistati tramite la rete di amicizie dello scrittore, da Re Faruk d’Egitto, da Pio XI, dalla Regina Elena e da vari Enti e facoltosi privati. Operativa anche una vera scuola per la tessitura dei tappeti, qui cominciarono i tanti delle ottime carriere, tra cui i Timurian. Il villaggio si era trasformato in un luogo confortevole ed economicamente autonomo. Le leggi raziali del 1938, però ne frenarono la crescita, molti armeni furono costretti a rifugiarsi entro le mura della Chiesa Russa (territorio non di competenza dello Stato Italiano). Luogo di culto a cui la comunità cattolica ortodossa armena faceva capo da sempre per seguire funzioni ed altro.
Il secondo conflitto mondiale, il disastroso bombardamento del porto di Bari, gli avvenimenti che precipitano disperdono la comunità, alcuni armeni partono, altri integrati ormai nella cittadinanza tramite matrimoni, affari ed altro. Il villeggio “Nor Arax” finisce nell’oblio generale. Solo in alcuni cognomi riecheggia questa presenza così importante. Altri profughi sono arrivati….. La storia va riscritta, ormai ne siamo coscienti.
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