Bari, una Radio, un Caffè, una cultura sparita
Cosi definisce Rino Bizzarro, in un suo libro, Il Sottano…. e concordo pienamente. E’ di un uomo, Un Giornalista con la G maiuscola che dovrebbe essere ricordato meglio da tutta la città Michele Lomaglio, Decano dei giornalisti della Gazzetta. nell’immagine un dipinto di Franco Colella , Lungomare 1950
Maria Catalano Fiore
E’ stata senza dubbio un’epoca particolarissima, una ventina di anni forse, tra l’apertura della Monumentale Fiera del Levante, simbolo del Fascismo e della sua caduta. Tra la creazione di Radio Bari , il suo apice tra il 1940 e 45 e il suo soccombere, poi, a Radio Napoli. Tra l’arte e la letteratura vissuta e grandi personaggi incontrati per strada tranquillamente, e mezze calzette che, poi, pensavano di essere alla pari. Del dopo poi…….
Ci sono stati anche momenti molto difficili: passare dal fascio, allo sbando, ai tedeschi, ai partigiani, agli ebrei in fuga, agli inglesi e poi in aggiunta agli americani. Il bombardamento delle navi ancorate nel porto, nel dicembre 1943 cariche di iprite una sostanza altamente tossica, che ustionava la pelle sino alla morte, che ha distrutto larga fascia della città antica, e che, purtroppo, è ancora presente nelle navi sui fondali. Bari era si crocevia tra oriente ed occidente, tramite la sua Radio e le sue navi e barconi, ma la vita era molto difficile. Ancora oggi, documenti secretati. Per una storica è molto difficile lavorare solo su ritagli di giornale, ma io ho avuto una grande fortuna quella di conoscere personalmente donna Rosa ed Armando Scaturchio e un giornalista, anzi il decano dei giornalisti di Bari, Michele Lomaglio, redattore capo della Gazzetta del mezzogiorno.
Non vorrei farne un racconto personale, ma con tali personaggi occorre. Don Michele Lomaglio, (1918-2005), era figlio di un ferroviere, Giuseppe; abitavano le case della ferrovia su Corso Italia. Studiava, si applicava molto, sin da ragazzo ambiva fare il giornalista e bazzicava sia Radio Bari che i pomeriggi e serate del Sottano, intrecciando varie amicizie. Spesso si portava a casa, per fornire un pasto caldo, personaggi come Carlo Levi o Domenico Cantatore, con i quali aveva stretto amicizia, ed altri a turno. Donna Matilde, sua madre, donna molto energica, vissuta sin quasi ai cento anni, restando lucidissima, accoglieva tutti. Anzi, le piaceva moltissimo dialogare con questi personaggi; amava leggere, frequentare gente ed andare a Teatro. Gli inviti raramente le mancavano. Michele Lomaglio aveva anche due sorelle Anna e Maria Antonietta. Anna, per quale fato, ha sposato un Vizioli, imparentato in Lucania, dove hanno conosciuto mio padre, nel 1954, allora reduce di guerra e da una lunga prigionia. Erano quasi coetanei, uno cittadino e intellettuale, l’altro, mio padre, solo stenti e prigionia, per ben 15 anni. Comunque, gli propose di trovargli una sistemazione a Bari. Andò così che dopo mio padre, primo di 7 tra fratelli e sorelle, tutta la famiglia emigrò piano piano a Bari. Si sposò, sono nata io e mia madrina di battesimo è stata Anna Lomaglio, che ci ha lasciati pochi anni fa, a 95 anni. Altri amici molto intimi della famiglia Lomaglio, diventarono gli Scaturchio. Si frequentavano, poi decisero, intorno agli anni 60, chiusa ormai Radio Bari, e Don Michele con una sua famiglia, di spostarsi di quartiere ed acquistare due appartamenti attigui, di fronte alla Chiesa di Santa Maria Maddalena. Due vasti appartamenti che permettevano di avere saloni per ricevere e tenere salotti culturali. In questo clima di amicizia, spesso e volentieri, soprattutto in età scolare, ero a casa dei Lomaglio o degli Scaturchio. Donna Rosa Scaturchio, in quel periodo teneva lezione di dizione alle classi dell’ Ist. Preziosissimo Sangue che io frequentavo. Una bella donna, che anche se aveva passato la 60ina era sempre elegante e sorridente. Con la mia dizione ha potuto far poco, tra il dialetto lucano-albanese di casa mia, quello barese e l’italiano c’era una guerra di suoni, dittonghi e resto perenne, che ancora si sente. Comunque dai loro racconti, dai personaggi che ho conosciuto, ho appreso moltissimo. Don Michele Lomaglio e donna Matilde erano poi due affabulatori nati, anche il resto della famiglia, ma loro spiccavano.Quando arrivavo, accompagnata da mia madre, che spesso dava aiuto, trovavo già uno sgabello , vicino a lui, “vieni qui tu“!
Da tutti questi discorsi, maturati poi negli anni, e supportati da documenti ed articoli, ho ricostruito da tempo il quadro di una Bari vivace, ma molto sofferente, non troppo lontana da “la Pelle” di Curzio Malaparte, e da altre situazioni cittadine.
Chiudo questo occhiello su Don Michele Lomaglio con alcune parole pubblicate sulla Repubblica alla sua sua morte il 24 maggio 2005. Era si in pensione dalla Gazzetta del Mezzogiorno, ma mentre la Gazzetta, riscuoteva per i suoi necrologi….La Repubblica pubblicava un articolo di cui faccio uno stralcio ” Addio al decano dei Giornalisti. …Tra le sue varie iniziative, era rimasto l’ultimo dei “Ragazzi di Via Sparano” uno degli animatori di quel gruppo di giornalisti ed intellettuali di cui faceva parte anche Vittore Fiore, Nino Sansone, Michele Campione che confluirono poi, dopo varie esperienze ne “La Gazzetta del Mezzogiorno”. Il Comune di Bari, in tutto silenzio ha intitolato una strada a Michele Lomaglio 1918-2005.
Dunque, cosa avveniva realmente a Radio Bari ed al Sottano, in quegli anni? Le trasmissioni in Radio erano si quelle ufficiali e di musica consentita, ma si inviavano anche messaggi a partigiani, a parenti lontani, mariti, mogli, madri con i quali si cercava di mettersi in comunicazione (o almeno si provava). La borsa nera dava contatti ed indicazioni. Clorinda dispensava consigli alle donne, su come affrontare le emergenze. A chi aveva particolari doti culinarie consigliò di proporsi come cuoche nelle mense militari, dove potevano rimediare qualcosa da portare a casa. Alcune particolarmente brave furono prese nelle mense ufficiali dove godevano veri trattamenti di favore. Una macchina le prelevava e riaccompagnava a casa ed avevano anche il diritto di portare provviste a casa senza doverle nascondere sotto i cappotti. Ad altre di proporsi come sarte o rammendatrici o donne di servizio in casa di ufficiali, dove godevano di vitto sicuro, a volte alloggio, una paghetta extra e dei regali.
Altre, come sempre succede, in situazioni del genere, scelsero la via più breve. La prostituzione dilagò. Il negozio di un parrucchiere, in centro, divenne luogo di smistamento di un traffico femminile che, dicono i testimoni del’epoca, non coinvolse solo gli strati più miseri della popolazione. E non era il solo.
Erano all’ordine del giorno assalti e furti a depositi di alimentari ed altro.
Poi c’era la parte idealistica ed intellettuale. Tutta concentrata nella sede de Il Sottano. Bar, pasticceri d’Arte, cenacolo, ritrovo, un po’ tutto: Luogo d’arte e di dibattiti accesi tra una pausa ed un caffè.
Particolarmente esaustiva questa pubblicazione di Rino Bizzarro, scrittore, attore e regista. Questa pubblicazione scaturisce da alcune trasmissioni radiofoniche andate in onda nel 1989 in 12 puntate. Presentazione di Vittore Fiore, Ogni puntata raccontata da un autore, tra le più interessanti la terza puntata condotta da Michele Lomaglio “Tra napoletani e baresi …non corre buon sangue” (Scippo del primato Radio e situazione cittadina similare). La sesta puntata Alda Scaturchio Mascoli , una nipote: “La linea de il Sottano”. Settima puntata: “Cca sta u’ turc”. Decima puntata Raffaele Spizzico: “Giusta dimensione del Sottano”. Ultima puntata “Tutta la Puglia in un caffè” di Ninì Tarantino, memorie fotografiche. Poi pubblicato da Levante nel 1990, con diverse ristampe.
Comunque, in quegli anni cruciali da Il Sottano ci passarono di tutti e di più. Vittorio Bodini, lo scultore Amerigo Toth, Pasquale Morino e Hrand Nazarian, poeta armeno in odore di Nobel (a cui è dedicata la strada del nuovo tribunale, ma nessuno sa chi sia…) Francesco e Raffaele Spizzico, Michele Lomaglio, era li fisso, Gustavo D’Arpè critico d’arte.
Il Culmine di diffusione a livello internazionale di Radio Bari è stato proprio questo periodo, quella che il morente partito fascista aveva definito “Radio Vergogna“. Era stata l’unica voce di speranza in un Continente ancora sconvolto dalla guerra, percorso da lutti dolori e rovine. Via via che gli alleati avanzavano in Puglia si perse il suo ruolo centrale. Radio Napoli prese il ruolo che era stato di Radio Bari, molti intellettuali si affrettano a partire nell’attesa che fosse liberata anche Roma. Ma i più prudenti, quelli soprattutto con radici ebraiche, preferirono fermarsi ancora a Bari. Nacquero cosi nuove alleanze e nuove idee. Soprattutto l’idea di girare un film. Nel 1948 abbiamo così il primo Ciac de “Il Grido della Terra”. Era il quarto film che si girava in Italia dopo il conflitto mondiale. Produttore un Forges Davanzati di Bari.
Il film fu girato, ovviamente, con un po’ di economia anche se aveva un Cast di tutto rispetto, ma erano anni grami. Costumi di Manuele Luzzati, appena rientrato dall’esilio svizzero, gli stessi attori alcune volte indossavano abiti personali, risistemati, le numerose comparse erano veri profughi, rifugiati da tempo proprio negli anfratti della località di Cozze e in qualche casetta da pesca. L’ambientazione , quindi fu tra la periferia di Bari e Cozze, una ventina di km più giù. La sceneggiatura di Carlo Levi, come assistente Rocco Scotellaro, su una trama elaborata in gruppo con il regista Duilio Coletti.(1906-1999). Venne fuori un buon film.
La trama era ispirata ad avvenimenti contemporanei. A fine guerra, un gruppo di ebrei, fuggendo dalla Germania, cerca di raggiungere i campi palestinesi, passando attraverso la Puglia e le sue coste, dove riusciranno ad imbarcarsi. Ovviamente si sviluppano contrasti, sia durante le vicissitudini del lungo viaggio sia, in seguito, per il terreno loro assegnato, quali profughi. Era un tema scottante per molti, ed erano ampiamente coinvolti tutti attori che avevano lavorato e che avevano origini o rapporti ebraici o con l’ex regime.
Prologo e voce narrante Arnoldo Foà, ebreo, già voce di Radio Bari. che ha anche un ruolo nel gruppo dei profughi.
Attori protagonisti: Marina Berti, vero nome Elena Maureen Bertolino (Londra 1924- Roma 2002). Figlia di un italiano ebreo, emigrato in Inghilterra, sfuggì alle leggi razziali. Già sposata con Claudio Gora, che reduce dai film del regime non trovava lavoro a Roma, avevano già un figlio, Andrea, di due anni, e dovevano cercare di sopravvivere. Andrea Checchi, nato a Firenze, trasferito a Roma per frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia. Alunno eccezionale esordisce nel 1934, a 18 anni con la regia di Alessandro Blasetti in 1860– Da allora in poi in crescendo, ma è costretto anche lui a rifugiarsi a Bari per le sue origini ebraiche. Andrea Checchi , figlio del pittore Amedeo Checchi, è stato pittore a sua volta, cominciando ad esporre proprio a Bari, a Il Sottano. Da allora ha presentato le sue opere in molte personali di successo.
Gli attori coprotagonisti non sono da meno: Vivi Gioi, nome d’arte di Vivienne Trumpy ebrea, nata a Livorno (1914-1975) attrice famosa tra gli anni 30 e 40, con il “Cinema dei telefoni Bianchi” che passa direttamente, con successo a film drammatici. Infatti subito dopo girerà un altro film, proprio in Puglia, ad Alberobello “Donne senza nome – Le indesiderabili” nel 1950. Poi proseguirà tra televisione e doppiaggio. Carlo Ninchi, famoso all’epoca. Elena Zareschi, attrice di teatro, vero nome Elina Lazzareschi. (1916 – 1999). Cesare Polacco, attore di teatro e tv che tutti ricordiamo per uno spot sulla brillantina Linetti. Claudio Gora, che ovviamente aveva seguito la moglie, nome d’arte di Emilio Giordana,(1913 – 1998) attore e regista importante, ha vinto alcuni nastri d’argento e David di Donatello, ha fatto innumerevoli cose e produzioni.
Un altro divo del regime che si riciclò completamente e s’immerse, grazie anche al forte sodalizio con la moglie, in numerose avventure. Forse val la pena di ricordare ai più che sono i genitori di Andrea Giordana, Divo già a 20 anni per l’interpretazione di quel “Conte di Montecristo” televisivo che ha fatto sognare eserciti di donne.
Dulcis in fundo una grande attrice, Wanda Capodaglio, nata attrice, proveniente da una famiglia di Teatranti, già famosa negli anni 30 e 40, poi bisognosa di una ricollocazione, dagli anni 50 in poi insegna presso la Scuola di Cinematografia a Roma e lavora molto in televisione. Indimenticabile nel ruolo della zia di “Davide Copperfield” e nella “Fiera delle Vanità”, nonche’ in teatro.
Il film uscì nelle Sale cinematografiche nel 1949. Un modesto successo,era la prima volta che si affrontavano quei problemi chiaramente ed in diretta.
Attualmente è di proprietà della Cineteca Nazionale e comunque a disposizione su you tube; per me vale la pena di guardarlo. Nel 2008 viene riproposto al Festival del Cinema di Venezia, con altri, in una panoramica dedicata a “Questi Fantasmi”, ma non è la sede giusta per riproporlo. Diverse buone recensioni su di esso e sui suoi interpreti, ma ormai è solo storia.
E con questo film si chiude una stagione particolare per la città di Bari e per l’Italia intera.
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