Cartolina dalla Grecia
Nuovo appuntamento del giovedì con Roberto Fabbriciani. La Grecia, con la sua storia, i teatri e la mitologia mi ha da sempre affascinato. Il mio strumento, il flauto è legato alla Grecia antica. I greci utilizzarono diversi tipi di flauto (aulòs): il monaulo, un flauto ad una sola canna; il diaulo, un flauto a due canne; il plagiaulo, un tubo curvo trasversale; il sambuco, ottenuto dai rami della sambuca.
Roberto Fabbriciani
L’aulòs era uno strumento musicale aerofono di uso comune, come narrato da Pindaro nella leggenda che vuole la sua creazione ad Atena. Un aulòs era generalmente realizzato in canna, osso o legno, ma non erano rari strumenti ricavati da materiali pregiati come l’avorio o il bronzo. Lo strumento disponeva di un’ancia semplice o doppia inserita in un bulbo (holmos) attaccato alla canna dello strumento, e di un tubo lungo circa 40 centimetri (hypholmion) dotato di 5, 6 o 8 fori per modulare il suono. Spesso due aulòs (diaulòs) venivano uniti per produrre un suono più ricco o una doppia melodia; questo flauto doppio fu così migliorato nell’emissione e diffusione del suono da Leonardo da Vinci: una singola imboccatura congiunge i due flauti in modo mobile, creando un “effetto ventaglio” in grado di muovere verso l’interno o verso l’esterno entrambi i flauti, al fine di raggiungere una migliore diffusione del suono.
All’inizio del IV secolo a.C. inoltre, il celebre musicista tebano Pronomos sviluppò un sistema di “collari” e chiavi che consentivano di estendere il numero di note di un aulòs tradizionale. Anche gli etruschiamavano molto il flauto. Inventarono il subulo, una specie di zufolo a canne. Coloro che lo suonavano venivano detti “subuloni”. Nelle antiche pitture e nelle anfore etrusche sono spesso raffigurati i suonatori di subulo. I romani ereditarono dagli etruschi anche il subulo, ma copiarono soprattutto i greci.
Negli anni ottanta, assieme all’amico compositore Dimitri Kapsomenos abbiamo dato vita ad un festival di musica da camera nell’isola di Creta.
Avevo conosciuto Dimitri a Firenze quando studiava in Conservatorio nella classe di composizione di Carlo Prosperi. Il festival si svolgeva tra la fine di agosto e i primi giorni di settembre in varie località dell’isola: Hania (con il suo porto veneziano), Retimo, Heraklion, Agios Nikolaos, Sitia, Vai, Kato Zakros, Ierapetra. Il programma musicale spaziava dalla musica barocca alla musica contemporanea. I musicisti coinvolti, compositori ed esecutori, venivano da vari paesi europei e i nostri concerti avvenivano spesso in concomitanza con le feste popolari tradizionali in cui venivano suonati strumenti originali quali la lyra cretese.La musica cretese affonda le sue origini in un passato lontano e risente nel carattere melodico della lunga dominazione ottomana oltre ad avere una forte connotazione ritmica legata alle forme di danza popolare come il sirtaki. In quelle occasioni avevo conosciuto il celebre compositore Mikis Theodorakis, l’autore della musica del film Zorba il greco, del quale suonai un bellissimo adagio.
Partecipai anche ad un evento musicale notturno sul Monte Ida, monte sacro della mitologia. Oggi, denominato Psiloritis, è la vetta principale dell’isola di Creta ed è considerato sacro alla divinità primigenia Rea, madre di Zeus, che venne allevato sulle pendici dell’Ida dalla capra Amaltea.
Sulle pendici di questo monte suonai in uno spazio aperto senza pubblico davanti a me e completamente al buio. Alla fine della musica si accesero delle piccole luci, candele, torce, in tutta la valle dove il suono acustico si propagava con una eco naturale. Un momento musicale fuori del tempo di cui conservo ancora molto vivo lo stupore e l’emozione.
Nel tempo sono ritornato in Grecia per concerti ad Atene, a Delfi e ad Epidauro, luoghi unici!
Si, proprio Epidauro dove c’è l’antico Teatro con la sua straordinaria acustica. Fu costruito nel quarto secolo a.C. L’antico Teatro è caratterizzato da un’acustica assolutamente perfetta, qualsiasi pianissimo dal “palcoscenico” può essere percepito fino all’ultima fila in alto. Ci sono teorie che suggeriscono fossero i venti a portare suoni e voci in maniera amplificata; altri pensavano alla inclinazione della cavea. Si è poi scoperto che la pietra calcarea delle gradinate fa da filtro sulle basse frequenze rendendo più nitida e chiara la parola e il suono. Forse all’epoca non c’era la consapevolezza di queste qualità della pietra ruvida, tanto che, in tutto il mondo classico, nessuno riuscì più ad ottenere quel risultato.
Ho suonato anche in un altro teatro, vicino al Teatro di Epidauro, chiamato Piccolo Teatro. Questo teatro, situato a 15 minuti a piedi dal porto di Epidauro, fu costruito nello stesso periodo del grande Teatro e utilizzato per sette secoli. Durante scavi negli anni ‘70 venne riscoperto. Ricordo che quando vi suonai il restauro non era ancora completato ma già il piccolo teatro risuonava meravigliosamente. Il ricordo dei concerti tenuti in quei luoghi antichi, testimonianza di una cultura ancestrale e così ricca, mi emoziona ancora ed è intenso il mio desiderio di ritornare a sentire quelle pietre risuonare.