Effetto domino
Con la chiusura a domino dei nostri negozi diventeremo presto una città senza memoria, oltre che senza lavoro. E una città senza memotia è come un’albero senza radici, destinata a morire.
Maria Catalano Fiore
Come prevedibile, già nei mesi scorsi, nella città di Bari, molte attività non stanno reggendo al lockdown e rinunciano a riaprire.Troppe le spese, le tasse, fitti arretrati, bollette ecc….Ma che locali storici e consolidati annuncino l’uno dopo l’altro la chiusura, come pedine del domino, ci lascia basiti. Stamattina, la prima notizia, su giornali locali, social ecc … è l’annuncio di Mimmo Lorusso, proprietario della pizzeria “Continental” che domani 8 agosto 2020 sarà l’ultima cena. Il colpo di grazia, precisa, come immaginabile, lo ha inferto il Corona virus, gli arretrati da pagare e le modifiche da apportare: i conti non tornano. Aperto dal 1966 era un punto di riferimento centrale per tanti. Ma è solo uno dei tanti in questo periodo.
Ha già abbassato la saracinesca, in sordina, proprio nel momento di inizio anno scolastico, la famosa Cartoleria Favia in Piazza Umberto, (produttrice di carta a livello superiore). Il Cartello con la scritta “chiuso per inventario” aveva dato l’impressione che anche dopo il lockdown la chiusura fosse temporanea, ma non e’ così.
Questa insegna, aggiornata negli anni 70, dopo ben 144 anni di attività sparirà definitivamente. Un vero delitto. La cartiera e la rivendita furono inaugurate nel 1876. Era certamente uno degli esercizi commerciali della città più longevi e di qualità. Generazioni di adulti e bambini sono cresciuti disegnando sulla sua carta, affascinati dai modellini da costuzione che esponeva nelle tre vetrine.
Proseguiamo … Meridional Caffè, in Corso Benedetto Croce, quartiere Carrassi, quasi di fronte alla Chiesa Russa.
Aperto dal 1956, che tristezza vedere quelle saracinesche abbassate e quelle piante decorative seccare a poco a poco, inevitabilmente. Era il punto di ritrovo della Borghesia di Carrassi e di tutte le zone nuove in fase di costruzione definite “Fuori Terra“, poiché al di là della ferrovia, che divide inesorabilmente in due la città di Bari. Che profumi allettanti, soprattutto in inverno, cioccolata calda con un savoiardo o sanguinaccio in coppette con un paio di Pavesini, ammiccante dalle vetrine (abitavo in zona a distanza effluvi…)
Già nell’ottobre scorso si erano spente due grosse insegne storiche della città il “Gran Caffè Saicaf” in Corso Cavour e la “Salumeria De Carne” in via Calefati, fondata nel 1952 da Onofrio De Carne e Pasquale Lucignano, bottega di delizie alimentari, introvabili altrove.
A seguire “Il Regno dei Bimbi” e chi di noi non ha sognato, da piccolo per i balocchi, da grande tra passeggini e cullette per i nostri figli?
L’elenco è ancora lungo: Chi si aspettava la chiusura di una gioielleria? “La Gioielleria Trizio – Caiati”, in via Sparano, la più importante e fornita della città con un suo laboratorio orafo…. Il proprietario ha parlato di “Strategia internazionale”. L’attività da 94 anni in città e da 50 anni in via Sparano, dopo aver festeggiato questo traguardo il 23 Dicembre 2019, ha annunciato ai suoi clienti la chiusura persino con un post su Facebook ” Trizio – Caiati 1925, annuncia la chiusura del negozio di Bari per nuova strategia internazionale” liquidazione dal 15 aprile al 31 maggio 2020 .
Giannini già da un po’ di tempo annunciava “La musica è finita”. Le due Giannini confidavano ” Lasciamo felici questo lavoro” circondate da amici ed amanti della musica barese e non solo.
Giannini casa fondata nel 1874. “Ci sentiamo arrivate ad una scelta fisiologica, abbiamo dato e assorbito bellezza, ma adesso è finita.” Da non dimenticare che ad inizio 1900 Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Riccardo Zandonai hanno stretto rapporti con il mondo musicale barese proprio grazie a Giannini.Tanti ricordi per questa “Casa Giannini”. L’assessore alle Culrure, Silvio Maselli, dichiarò trattarsi di una sconfitta per la città. Le Giannini hanno donato l’insegna ed il logo al Comune di Bari per un museo della Musica.
Ed anche “Monachino”la stessa sorte per il negozio di musica della città vecchia.
Bari come tante altre, può diventare una città senza memoria. Ma abbiamo tutti dimenticato i nostri antenati commercianti che percorrevano mari, oriente occidente, ottenevano privilegi tra il 1700 sino a tutto il 1860 ad esempio, i mercanti baresi avevano l’esclusiva della vendita del Baccalà e Stoccafisso nordico, per tutto il bacino del Mediterraneo. Commercio che ha mantenuto, pagando dazi doganali sino agli anni del 1960 circa. Chi non ricorda gli odori pungenti di merci conservate e commerciate nei capannoni che costeggiavano la ferrovia,la famosa extramurale Capruzzi, baccalà esposti, provoloni enormi, fornme di parmigiano, lattine, alte come botti che contenevano acciughe o sgombri salati ecc….. Lo stabilimento “La Rocca”.
Le nuove generazioni neppure ricordano queste rivendite e questi odori, le confezioni su scala industriale pare abbiano tolto l’olfatto a tutti. E si vendeva anche al dettaglio, tre etti di acciughe, 200 gr. di Provolone Piccante, una “Penna” di Baccalà e spezie a non finire…
Ancora… L'”Antico Caffè Stoppani” in via Roberto da Bari, il più antico ed importante di tutta la Puglia. Con i suoi arredi originali!
A metà 800 arrivarono a Bari molti stranieri per impiantarvi industrie o commerci. Pierre Etienne Toussaint Ravanas (la famosa via Ravanas al quartiere Libertà) di Aix en Provence che rinnovò la coltivazione dell’olio di oliva in Puglia, ad esempio. Nel 1858 da Sent, un piccolo paese dell’ Egandina, arrivano dei pasticcieri esperti nella lavorazione del cioccolato, Giacomo Stoppani e suo genero Fausto Poult e i fratelli Giacomo e Gaspare Leuci. La loro sede principale era in Corso Ferdinandeo, attuale Corso Vittorio Emanuele. La loro Sala diventerà presto famosa e notevolmente ospitale. Accoglie tra gli ospiti più famosi il Re Nicola del Montenegro, trasferitosi a Bari dopo l’abdicazione, perchè città cosmopolita ed in parte Ortodossa. In quella Sala si tennero grandi festeggiamenti quando sua figlia Elena, nel 1896. abiurò la fede ortodossa per sposare il Re d’Italia Vittorio Emanuele II. Si festeggiò l’inaugurazione della ferrovia Bari – Brindisi con gran numero di politici e nobili. Nel 1913 si festeggiò il centenario della posa della prima pietra, da parte di Gioacchino Murat, della nuova città di Bari che si era allargata a dismisura raggiungendo già la ferrovia. Suoi frequentatori abituali Guglielmo Marconi, Benedetto Croce, Giovanni Laterza, ma da Stoppani ci si andava soprattutto come luogo per buongustai. Dalla Svizzera avevano introdotto un concetto più sofisticato di pasticceria, si servivano sorbetti, granite di caffè e limone, cioccolata calda, cassate, spumoni ecc… Dopo il secondo conflitto mondiale, la sala Stoppani deve traslocare, prima in via Abate Gimma, poi in via Roberto da Bari. Oggi Giacomo e Roberto Grass, la quinta generazione degli Stoppani, sono costretti a chiudere per motivi economici ed a mettere in vendita persino gli storici arredamenti, banconi, tavoli, sedie cristalliere.
Non si potrà più dire con le parole della poetessa Chiara Galasso:
“C’è nel cuore di Bari un caffè/ che ricorda Trieste/ dove il tempo ha posato/una magica polvere /rosa irreale/ là rinnovano l’antico profumo/un sapore perduto di casa/un saluto gentile.”
Con questi pochi versi poniamo una domanda dal Governo centrale, alla Regione Puglia, dalle autorità metropolitane e Comunali, ai municipi interessati e finanche ai cittadini indifferenti, c’era bisogno di arrivare a tanto? Non si sono persi solo migliaia di posti di lavoro, ma tutta una identità nazionale e cittadina, come se uno Tsunami avesse cancellato ogni singola storia.
Non si poteva avere un po’ di pietà e rateizzare le vessazioni, senza mettere queste categorie di gente con le spalle al muro? Erano monumenti storici non solo un’insegna, un’attività commerciale. Ma per capirlo occorre cultura “quella vera” una merce che scarseggia da tempo.
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