Enzo Jannacci in Teatro
Martedì la rubrica di Antonio de Robertis (la voce della Radio). Oggi un fuori programma dedicato al grande Enzo Jannacci
Antonio de Robertis
Tempo di lettura: 4:30 min.
Oggi vi porto a Milano, nel 1965. Va in scena “22 Canzoni”, un récital musicale a cura di Dario Fo. Il protagonista è Enzo Jannacci, giovane chansonnier dall’aria stralunata, che canta canzoni a volte vagamente surreali, spesso diverse (per quei tempi), spaziando dalla canzone d’autore al cabaret, alla tradizione popolare lombarda.
È sulla scena da pochi anni e nel pubblico ha già destato interesse. Il successo, quello vero, deve ancora arrivare – e arriverà tre anni dopo con “Vengo anch’io”. Nel frattempo, Jannacci diverte. Fa anche pensare. Comunque piace.
Le registrazioni presenti su YouTube sono della stessa qualità, tutt’altro che eccelsa, del mio disco a 33 giri, consumato dall’uso e dal tempo. Comunque raro.
Non c’è modo di rimediare, ma il valore documentario relega in secondo piano la scarsa qualità sonora. Perciò, cominciamo con una canzone scritta con Dario Fo.
Jannacci apre lo spettacolo presentandosi nel dialetto a lui più congeniale: il milanese.
Ohè Sunt Chi
Fare satira per mezzo dell’allegoria, nel periodo pre-Sessantotto comportava qualche rischio e in questo senso Jannacci, spalleggiato da Dario Fo che ne aveva già fatto le spese in precedenza, cacciato dalla tv di stato, era una perla rara. Certo, è veramente un peccato non poterlo vedere, perché la sua mimica (o la totale assenza di mimica) e le sue movenze sono sempre state parte integrante delle sue canzoni. Provate quindi a immaginarlo. Fate finta che la voce di Enzo Jannacci esca dalla radio, che lascia spazio alla fantasia e all’immaginazione, e il gioco è fatto.
I personaggi delle canzoni di Jannacci, singolari, un po’ diversi, creati da lui stesso oppure, come in questo caso, usciti dalla penna di Dario Fo, appartengono anche ad altre epoche; anche a mille anni fa, come questo prete passato alla storia perché accusato di simonia e costretto ad affrontare il fuoco per dimostrare la propria innocenza.
Prete Liprando e il Giudizio di Dio
Il 1965 è l’anno dell’affermazione del movimento beat, che si avvierà alla fine due anni dopo, ma anche della prima tournée italiana dei Rolling Stones. In tutto questo c’è spazio anche per un musicista e autore multiforme come Jannacci, jazzista (ha suonato con Gerry Mulligan e Chet Baker) e diplomato al conservatorio in armonia e pianoforte. Uno che ha sempre avuto anche un’anima romantica e sentimentale.
A proposito di sentimenti, ecco un momento tipico del récital: Jannacci interpreta a suo modo l’amore.
La Forza dell’Amore
Nel 1964, ne “La vita agra” trasposizione cinematografica diretta da Carlo Lizzani del romanzo di Luciano Bianciardi, nella parte di un cantastorie da trattoria, Jannacci cantava con aria stralunata una canzone surreale: la storia di uno che cercava disperatamente un ombrello, “L’ombrello di suo fratello”. Uscì subito dopo come singolo, il suo primo 45 giri: una storia un po’ folle, fuori dagli schemi, la cifra prevalente del suo repertorio, come questa, inserita nella scaletta dello spettacolo, uno spaccato di vita border line raccontato con divertita ironia grazie a un testo firmato anche -pensate un po’- da Sandro Ciotti, che desta le risa del pubblico per via del contenuto decisamente hot per quei tempi.
Protagonista è la giovane mercenaria Veronica, che come alcova ha scelto un cinema-teatro, il Carcano, non il massimo della comodità, che costringe a rapporti fugaci, consumati in piedi!
Veronica
Dicevamo del lato romantico e sentimentale di Enzo Jannacci. Eccolo, esaltato da una canzone tanto bella quanto malinconica.
Sfiorisci Bel Fiore
Al primo 45 giri del 1964 ne sono seguiti moltissimi, oltre a decine di album che sono lì a testimoniare della poliedricità e della levatura artistica di Enzo Jannacci.
Però, se gli chiedevi cosa facesse nella vita, rispondeva: ”il medico!”.
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