I culto dei morti
“Natura morte con teschio “Olio su tela di Philippe Champignè , Francia 1671.
Maria Catalano Fiore
Argomento molto ricco e curioso, lunghissimo calcolando che già nella preistoria i defunti venivano tumulati, o bruciati, o altro. Che li si accompagnava nell’Ade e che si lasciava loro qualcosa di terreno, cosa poi sfociata nei veri e propri arredi funerari sino all’esagerazione della costruzione delle Piramidi… in Egitto, o alle statuine lei Lari e Penati presenti in una nicchia di ogni casa romana.
Ma sono proprio questi usi e questi corredi che ci hanno permesso di ricostruire la loro vita, la nostra storia d’origine, e di apprendere anche molte cose. E molto ci raccontano proprio le loro ossa, come sono morti, a che età, per quale causa ecc……
Il culto dei morti è sempre stato diffuso ed anche argomento di controversie, ad esempio quando, nel 1865, vennero abolite le fosse comuni per adibire a cimiteri delle aree fuori dei centri abitati, molto più igienico. Non tutti erano d’accordo, molti preferivano ancora le fosse comuni sotto le chiese, propagatrici di effluvi e infezioni. Uso a cui non hanno mai aderito le popolazioni di origine celtiche, anche se spostate negli Usa: seppellire i propri morti o davanti agli Edifici di Culti vari, o nel giardino antistante la propria abitazione. Le persone care sempre vicine.
Molti sono gli scheletrini, ritrovati nelle varie epoche della civiltà ellenica prima, romana poi. Ma non rievocavano i morti, piuttosto erano un monito alla vita.
Erano generalmente dei piccoli bronzi posti sulle tavole imbandite i cosiddetti “Larva convivialis”, con arti snodati. I romani lo mettevano a tavola come monito “memento mori” ricordati che devi morire, ricordati della brevità dell’esistenza. Parecchi sono quelli ritrovati in varie zone del regno.
Questa bizzarra, ma non troppo, usanza viene descritta in alcuni scritti, ad esempio viene illustrata molto dettagliatamente nel “Satyricon”di Gaio Petronio, arbitro nell’episodio della Cena di Trimalcione. Mentre la cena si svolgeva tra stravizi e vomito ecc… uno schiavo portò uno scheletro d’argento “Larvam argenteam” dalle articolazioni snodate, come da prassi, con il quale tutti giocavano facendolo rimbalzare sulla tavola e scherzando sulle pose assunte man mano.
Stessa funzione sicuramente doveva avere il teschio ritrovato in un triclinium a Pompei, oggi conservato nel Museo Nazionale di Napoli. Un teschio insolitamente dotato di orecchie posto sopra una farfalla simbolo di caducità ed una ruota simbolo del destino. Su i suoi lati un mantello color porpora, simbolo di ricchezza, dalla parte opposta un bastone ed un mantello da mendicante. Monito che la ruota della vita potrebbe girare in ogni momento.
Questa usanza potrebbe derivare da una tradizione ellenica, come dimostra questo mosaico risalente al III secolo a.C., ritrovato nel 2016, nella città di Antiochia nella Turchia meridionale con le scritte in un greco più arcaico. Il Monito ha sempre lo stesso significato, quello di invitare alla consapevolezza della vita.
Ancora più preziosa una coppa d’argento proveniente dalla “Villa di Boscoreale“. Alta solo 10 cm. e accompagnata da un esemplare gemello, due vasi da tavola o due boccali da vino? Sono molto particolari, rappresentano gli scheletri di famosi filosofi che suonano e recitano sotto una ghirlanda benaugurale.
Nulla di macabro dunque, ma una vera e propria ode alla vita, un “Carpe Diem” visivo. La Vanità della vanità
Tutto sommato anche Hallowen ha le sue origini, profane o sacre non si sa, comunque proviene da antichi rituali. Quello che si potrebbe contestare è la sua eccessiva mercificazione, ma oggi, tutto ha un prezzo….anche morire.
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