I Savoia rivendicano i gioielli di famiglia
I Savoia minacciano battaglia legale all’Italia “Rivogliamo i gioielli della Corona”, ma ne hanno davvero diritto?
Maria Catalano Fiore
I Savoia tuonano e minacciano su varie testate giornalistiche: “Restituiteci i gioielli di famiglia” ma sono beni privati o della Corona?
Bella disputa! Ma bisognerebbe risalire all’origine di quei gioielli e, soprattutto, con quale denaro sono a stati acquistati, quello degli italiani ovviamente! Tranne alcuni doni fra reali per matrimoni e quindi a chi appartengono?
Gli eredi dell’ultimo re Savoia, Umberto II (il re di maggio) hanno intenzione di rivolgersi alla Corte Europea di Strasburgo, per rivendicare quelli che dal 1946 sono conservati in un bauletto sigillato, dallo stesso re, nel Caveau della banca d’Italia. Premesso che molta parte dei gioielli erano stati messi in salvo, in precedenza, ed altri seguirono nei bagagli i membri di casa Savoia. Infatti proprio a detta dei Savoia sarebbero una quindicina di pezzi, i soli gioielli indossati dalla regina Margherita sono di più, come si nota in foto.
In effetti varie foto dagli anni 60 in poi li mostrano indossati in varie cerimonie all’estero.
Oltre che, la loro vendita ha sicuramente contribuito man mano al loro mantenimento negli ultimi 75 anni.
Non dimentichiamo negli anni scorsi la disputa tra Maria Gabriella, alla morte della madre, con le sorelle sul possesso di una spilla di diamanti, perle e zaffiri, che l’ex regina Maria Josè portava quasi sempre appuntata sul petto.
C’è poi la guerra delle ex principesse con Marina Doria, (nuora dell’ex re Umberto) per un’asta pubblica di gioielli utili a sedare i creditori. In quell’occasione Maria Beatrice scrive addirittura un libro/catalogo in collaborazione con Stefano Papi su ” I Gioielli dei Savoia”.
Ma risaliamo a quando i Savoia, dopo tre giorni dal referendum che al loro governo aveva scelto la Repubblica, il giorno 5 del mese di giugno 1946, dopo essere “spariti”, affidano, seguendo la prassi dello Statuto Albertino, ufficialmente dei gioielli, contenuti in un bauletto di pelle rossa, sigillato, depositato nella loro residenza del Quirinale, a Roma, attraverso la persona dell’ avvocato Falcone Lucifero, ministro della casa reale, nelle mani di Luigi Einaudi, funzionario della Banca d’Italia, poi eletto Presidente della repubblica italiana.
A metà degli anni 70 la Procura i Roma, ordina un controllo dei gioielli, tra collane, orecchini, spille, bracciali e diademi (come quello detto Musy, di 292 carati, tra volute di perle e diamanti, appartenuto alla regina Margherita, poi passato alla regina Elena) ed altri monili appartenenti all’800.
Tale perizia viene affidata alla gioielleria Bulgari che valutò il contenuto del bauletto 2 miliardi di lire, prezzo di mercato a cui andava aggiunto il valore storico ed affettivo per arrivare oggi ad un totale di ben 300 milioni di euro. I Savoia reclamano il tutto entro 10 giorni, non per dilapidarli, ma per esibirli nelle cerimonie reali (almeno ufficialmente).
Ma tali gioielli proprio secondo lo “Statuto Albertino” (La Costituzione del Regno Sabaudo) che Carlo Alberto di Savoia stesso aveva promulgato, si trattava di “gioielli dati in dotazione ai re per l’adempimento delle proprie funzioni, quindi non certo una proprietà personale”.
Il verbale redatto in occasione della consegna dei gioielli reca però una frase “ambigua” che si presta a più di una interpretazione: i beni dovevano essere custoditi e “Tenuti a disposizione di chi di diritto”. Si fa riferimento allo stato o ai Savoia?
Ed è proprio questa fase criptica ad aver partorito la querelle che da anni vede protagonista i Savoia e lo Stato Italiano.
A portare avanti la causa, dopo diversi tentativi andati falliti, sono gli eredi di Umberto II, ovvero Vittorio Emanuele, Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice, assistiti dall’avv. Sergio Orlandi che ha dichiarato: ” A differenza degli altri beni, questi non sono mai stati confiscati e sono rimasti pendenti. Perciò devono essere restituiti”.
Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele e di Marina Doria, aggiunge sulle pagine del Corriere della Sera: “Sono gioielli ricevuti come dono di nozze, o acquistati dai Savoia o ricevuti come donazioni”, ma i Savoia non hanno usato le rendite del popolo?
I Savoia affermano di voler riportare alla luce, dopo 75 anni, questi gioielli, per sfoggiarli in occasioni importanti. Scusate la cattiveria, ma quelli che avevano già sottratto, evidentemente sono stati già dilapidati. Certo è che questa gente non ha mai fatto nulla, tranne i miseri tentativi di inserirsi nel mondo dello spettacolo di Emanuele Filiberto. Dunque, non sarebbe meglio, riportare alla luce i gioielli e sfoggiarli in qualche Museo ben attrezzato? Solo così sarebbero realmente alla “vista del popolo” che in effetti li ha pagati.
Emanuele Filiberto afferma che molte case regnanti d’Europa hanno ottenuto la restituzione dei gioielli, comunque erano situazioni diverse di rivoluzione come per gli eredi dei Romanov di Russia. Ma lo Stato ha ritenuto che non si trattava della restituzione ad un Re che aveva saputo governare, ma ad un Re che si era piegato prima all’avvento del Fascismo, poi alle leggi raziali, poi fatto trascinare in guerra e poi infine aveva firmato un armistizio con i nemici in casa ed era scappato, che il popolo italiano aveva decretato di non voler più.
E poi cari Savoia, avete mai restituito i gioielli e proprietà che avete trafugato, con la complicità di altri, ai legittimi eredi dei Borboni Re delle due Sicilie? Non mi pare. Ma questo è un argomento da trattare a parte.
Né mi pare che voi Savoia vi siate mai scusati per l’enorme genocidio, disboscamento e depauperamento di qualsiasi bene fatto nei confronti del popolo del Sud quando avete deciso di fare da cuscinetto alle altre Nazioni per smantellare un Regno potente e ricco quale era il Regno delle due Sicilie.
Aspettiamo gli eventi. Ma Vi garantiamo, vare lettrici e lettori, che seguiremo questa vicenda con molta attenzione.
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