Il cimitero delle 366 fosse e la piscina degli incurabili
Il cimitero di Santa Maria del Popolo (comunemente noto come cimitero delle 366 fosse o cimitero dei tredici) è un antico cimitero di Napoli, per un certo periodo dismesso. Dal 2012 é nuovamente visitabile.
Rocco Michele Renna
Il cimitero delle 366 fosse sorge ai piedi della collina di Poggioreale, a Napoli, uno dei primi cimiteri ad essere realizzato fuori dalle mura cittadine.
La “piscina degli incurabili” che non era un luogo curativo ma era, purtroppo, un luogo macabro, era una grande cavità posta sotto l’Ospedale degli Incurabili (costruito nel 1521), dove venivano gettati tutti i corpi delle persone povere e meno abbienti, morte nell’ospedale e che vide il suo culmine durante la peste del 1656. Ad oggi la piscina degli incurabili, che si calcola contenga milioni di corpi, non è stata ancora ritrovata
Rimase aperta fino alla seconda metà del settecento, quando Ferdinando IV di Borbone sostenne la proposta fatta dall’ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, data la fuoriuscita di cattivi odori persistenti, con conseguente grande pericolo di infezioni.
Nel 1762, diede incarico a Ferdinando Fuga ( il progettista dell’albergo dei poveri e del Palazzo dei Granili) di costruire un cimitero fuori città, anticipando di ben 42 anni l’editto di Saint Cloud del 1804 col quale Napoleone Bonaparte stabiliva la creazione dei cimiteri fuori dei centri urbani e fuori dalle chiese.
L’architetto Ferdinando Fuga, realizzò un’opera degna di rilievo per l’introduzione di criteri di razionalizzazione delle sepolture, del tutto coerente con lo spirito dell’epoca dei lumi.
Bisogna specificare che per “fosse”, come si potrebbe inizialmente intuire, non si intende una semplice tomba ma una vera fossa comune che era profonda 7 metri e larga 4 ,20 x 4,20 metri ed era coperta da una pesante botola di basalto. Il cimitero aveva la particolarità di avere 366 fosse (19 fosse poste in 19 fila più altre 6 nell’atrio). Da qui il nome di Cimitero delle 366 Fosse.
I numeri identificativi dei vari loculi sono stati apposti in ordine progressivo da 1 a 366 dove il 366 corrisponde alla data del 29 febbraio. La procedura di sepoltura prevedeva di partire dal primo giorno dell’anno nel punto corrispondente alla riga confinante con il muro opposto all’ingresso, progressivamente da sinistra verso destra fino alla diciannovesima fossa e poi da destra verso sinistra, alternando continuamente fino alla fine.
Quindi una per ogni giorno dell’anno più una per gli anni bisestili e rimaneva aperta tutto il giorno dove venivano messe le salme, la sera si buttava della terra e calce viva e si chiudeva per riaprire lo stesso giorno dell’anno successivo, lo stesso per gli altri giorni, consecutivamente.
Nei documenti dell’archivio storico del Banco di Napoli si racconta la costruzione ed il finanziamento del cimitero, dalla commissione a Ferdinando Fuga sino alla costruzione dei cancelli in metallo:
Ducati 250 a mastro Nicola Ametrano in conto di lavori di ferro consistenti in cancelle di ferro con loro telari attorno, occhi a coda di rondine, grappe ed altro.
Le storie di coloro che trovarono la loro sepoltura nell’innovativo camposanto napoletano si intravedono nelle descrizioni del pagamento effettuati per completare le tombe e l’argano in metallo necessario per “aprirle” e per calarvi dentro le salme:
1763, ducati 5 al falegname Antonio Daniele per conto di una barra lunga, un tavolone di castagno ed altro legname per formare il trepiede per alzare li bastelli delle sepolture del Camposanto e ducati 11,48 al ferraro Michele Mirone per ferro per detto trepiede.
Nel 1875 fu dotato di un argano (ancora presente) donato da una baronessa inglese che aveva perso una figlia, dotato di una cassa di ferro apribile sotto la base che consentiva di calare la salma e adagiarla delicatamente risparmiando quindi l’ulteriore dolore di vederla gettare.
Fu chiuso nel 1890, ma dal 2012 è nuovamente visitabile.
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