Il Torrone
Le festività natalizie sono ormai chiuse, ma una cosa si vede di meno in giro, rispetto al passato, almeno per quanto riguarda me, ed è il Torrone. Quell’odore di zucchero caramellato manca……
Maria Catalano Fiore
Il Torrone è nato e si è diffuso a Cremona è indubbio, certo poi si è diffuso in tutta Italia, ma solo Cremona è la Città delle tre T : Turoon, Turrazz, Tetass. Torrone, Torrazzo e Tettone.
Torrone sicuramente ottimo, ne fanno addirittura una Fiera annuale tra la metà e la fine di novembre, per il 2021 si è tenuta dal 13 al 21 si novembre.
La Fiera propone oltre al classico torrone cremonese anche altri tipi di torrone provenienti da ogni parte della penisola, una vera “Campionaria del Torrone”.
La città di Cremona rivendica la “maternità” di questo dolce fissandone anche una data: 25 ottobre 1441, in occasione delle nozze di Bianca Maria Visconti e Francesco Sforza. Alla fine del sontuoso banchetto nuziale viene servito un dolce fatto con albume d’uovo, miele, zucchero, mandorle e due sottili ostie a raccoglierne l’impasto.
Bellissima storia, ma non tiene conto di Federico II di Svevia, degli arabi e dei Romani ne delle rivendicazioni delle altre città italiane sulla sua primogenitura.
Prima fra tutti Benevento che lo fa risalire al popolo Sannita, suo fondatore, molto prima dell’epoca romana. In effetti in quella zona numerosi sono i torronifici.
Grazia Deledda, in alcuni dei suoi scritti, descrive quelli della Barbagia.
La Sicilia dove usano mescolare a miele e mandorle anche pistacchi. A Caltanissetta spesso è anche chiamato Cubaita. Secondo lo storico gastronomo Michele Scolari, docente di Cremona, autore del documentatissimo “Il Torrone un dolce arabo”, Cubaita deriva da una parola araba che significa “mandorlato”.
Lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia, nel suo famoso romanzo “Il Giorno della Civetta” dichiara il suo amore per la Cubaita più buona,” quella che ci vuole il martello per romperla”.
Andrea Camilleri, noto estimatore culinario, oltre che scrittore ed altro, nel suo “Elogio della Cubaita dell’antico torronificio Nisseno” la definisce “dolce da guerrieri” che “a fatica riesci coi denti a staccarne un pezzetto e non lo devi aggredire subito, lo devi lasciare ad ammorbidirsi tra la lingua e il palato, devi quasi persuaderlo, con amorevolezza ad essere mangiato”.
Sulmona in Abruzzo, famosa per averlo ricoperto di cioccolato.
Bagnara Calabra che propone un torrone speziato con chiodi di garofano e polvere di cannella, l’unico torrone ad avere, in Italia la certificazione IGP. Probabilmente questo torrone è quello che più si avvicina alla tradizione araba che legava mandorle, noci e soprattutto pistacchi, con una infinità di spezie, come si deduce da alcuni trattati arabi di medicina e farmacia.
Trattati medicinali tradotti tra il XII ed il XIII secolo da un certo Giambonino e da Gherardo da Verona.
Secondo storici più recenti non furono né questi farmacisti, né il banchetto nuziale Visconti-Sforza ad introdurre il torrone nella città padana, ma Re Federico II di Svevia, che era circondato da intellettuali, matematici e cuochi islamici di cui apprezzava molto la cucina, soprattutto tra la reggia di Palermo e i Castelli di Puglia.
In Puglia, poi, si chiama Cuppedia, Copita, nel foggiano, Cupeta tosta nel Salento ecc…
Lo “Stupor Mundi”, come veniva definito Federico II, inoltre, quando decise di marciare verso il Nord nella Campagna militare contro la Lega Lombarda, fu proprio a Cremona che stabilì la sua sua sede.
Dalla Lombardia alla Serenissima il passo è breve e così il Torrone o Mandorlaccio si diffonde ancora di più nel corso dei secoli.
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