Il vulture nella terra dei Briganti: “Il vulcano di Crocco”
Parliamo di un vulcano e del suo mito, di Crocco, delle sue prelibatezze. In copertina Il Vulture , opera in olio digitale liberamente concessa a “LAVOCENEWS” e realizzata dall’Autore dell’articolo, anche guardia ecozoofila, che oggi funge da guida.
Rocco Michele Renna
Timidamente nascosto tra Puglia e Basilicata, il cratere del Monte Vulture è il cuore di una stupenda area di natura selvaggia. Nell’ottocento il Brigante Crocco lo scelse come casa sua, oggi è un vero paradiso per gli escursionisti e per i produttori di vino. L’essere al centro di una ampia pianura, le sue pareti vegetali di 900 metri e la lunga cresta a sette cime (tra le quali la più alta è quella di Pizzuto di Melfi) gli danno un aspetto incredibilmente imponente.
Il Vulture fu un vulcano ardente, tremendo. Ha trenta miglia di circonferenza; è distante circa 50 chilometri (in linea d’aria) dalla più vicina sponda dell’Adriatico, ed ha per confini al sud il fiume di Atella, all’est quel di Rapolla, all’ovest e al nord l’Ofanto. Chiude nel suo recinto Melfi, Rionero, Rapolla, Barile, Atella e molti villaggi.
Situata nella parte settentrionale della provincia di Potenza, in Basilicata, la montagna, raggiunge i 1.326 m di altitudine, sorge in posizione nord, nord-est rispetto ai monti Santa Croce (1.407 m), Picerno (1.268 m), Caruso (1.228 m) e Costa Squadra (1.342 m), dai quali è separata dalla Fiumara di Atella, affluente del fiume Ofanto.
È stato attivo fino al Pleistocene superiore, ossia fino a circa 130.000 anni or sono con residui sparsi su una base amplissima che fanno pensare sia stata una esplosione decisamente spaventosa, alternata a lunghe fasi di quiescenza. La sua attività esplosiva, rimasta attiva per circa 500.000 anni, ha determinato diversi strati di lava e depositi piroclastici. Dalla sua attuale conformazione è inoltre possibile risalire al modo in cui la lava fluiva dal cratere: a volte impietoso e inarrestabile, a volte lento e dolce. Fenomeni vulcanici secondari si sono verificati anche in epoca contemporanea, fino al 1820.
È un vulcano isolato e in posizione esterna rispetto ai coevi complessi vulcanici tirrenici, orientato verso l’avanpaese appulo, il Vulture, circa 800.000 anni fa, con la sua nascita, provocò l’innalzamento delle rocce presenti nella zona, rocce formatesi oltre 3 milioni di anni prima, durante l’epoca chiamata Pliocene. Tale innalzamento causò lo sbarramento di alcune valli percorse da alcuni fiumi provocando di conseguenza un accumulo di acqua tale da dare origine ad alcuni laghi, ormai scomparsi, come il lago di Venosa, il lago di Melfi ed il lago di Atella.
I versanti dell’edificio vulcanico sono interamente ricoperti da una fitta e rigogliosa vegetazione, estesi e pregiati sono i boschi di castagno: Marroncino di Melfi D.O.P. è la denominazione protetta delle prelibate castagne che si producono in questi luoghi
La vegetazione è favorita dalla naturale fertilità dei terreni che si sviluppano da rocce vulcaniche. Immersi in uno scenario verdeggiante, a un’altitudine di circa 660 m. s.l.m. (sul livello del mare), si distendono i due laghi di Monticchio, tipici laghi vulcanici occupanti il principale cratere dell’edificio vulcanico esistente durante la sua fase finale di attività.
Ed ecco la ricca produzione di vini di questa area, che troppo spesso sfugge agli occhi di chi non sente il frastuono dei richiami turistici: qui nasce l’Aglianico del Vulture…
Nella zona del Monte Vulture si estendono oltre 1500 ettari di vitigno rosso Aglianico grazie anche al tufo che si trova nei territori vulcanici, il quale permette di coltivare la vite. Questa roccia spugnosa assorbe l’acqua e permette alla vite di sopravvivere anche nelle lunghe estati torride. L’Aglianico del Vulture è infatti annoverato tra i migliori vini rossi d’Italia
Vi sono anche numerosi stabilimenti per l’imbottigliamento dell’acqua minerale, alle pendici del vulcano stesso e numerosi centri abitati, tra i quali: Melfi, Rapolla, Barile, Rionero in Vulture, Ripacandida ed Atella.
Il Monte Vulture non è un vulcano che ha conosciuto pochi utilizzi particolari nella sua vita. Se oggi è terra votata al vino e all’escursionismo, un tempo era casa di Carmine Crocco, da molti conosciuto come Donatello, o anche semplicemente come il più famoso dei briganti dell’ottocento.
Crocco era un uomo che, nonostante le ripetute condanne, e grazie al suo carisma, riuscì a mettere in piedi un vero esercito che fino al 1864 difese la Lucania dall’invasione piemontese. È in quegli anni che il Monte Vulture divenne il rifugio dei briganti. Quella di Crocco fu una carriera lunga che ebbe fine solo per il tradimento di uno dei suoi uomini. Venne accusato di 75 omicidi e condannato all’ergastolo, venne rinchiuso sull’isola d’Elba dove morì nel 1905.
Oggi, in sua memoria, un itinerario dei Briganti parte dalla sua casa natale, passa per il palazzo dei Fortunato e arriva al carcere antico dove oggi si trova il Museo del Brigantaggio. L’itinerario porta però anche alla scoperta del territorio del Monte Vulture appunto.
Un territorio selvaggio, battuto solo da boscaioli e pastori di un secolo e mezzo fa, era un nascondiglio unico per i briganti; oggi, quei sentieri nella natura sono battuti da trekker, ciclisti, escursionisti… e anche raccoglitori di castagne e funghi, alla ricerca dei famosi cardoncelli del Vulture.
Il Monte Vulture oggi ospita la riserva regionale che protegge i due laghi gemelli di Monticchio e, nascosta tra la vegetazione, si trova anche l’abbazia di San Michele Arcangelo. Fondata nel X secolo da emigrati greci sopra una grotta dedicata, proprio, a San Michele. La statua dell’arcangelo viene portata in processione attraverso il lago ogni 29 settembre.
Un sentiero raggiunge poi le cosiddette “Grotte di Crocco” al di sopra dell’abbazia, due grotte dei briganti da dove la vista è spettacolare, da qui è bene spostarsi verso la cima del vulcano: il percorso porta quasi in cima e permette di godere di un panorama ampissimo verso Melfi e Ripacandida.
Nel territorio del Vulture, una tappa interessante è quella al Castello di Melfi che ospita poi anche il Museo Archeologico Nazionale, naturalmente non può, mancare Rionero che è il paese natale di Crocco e per questo uno dei più conosciuti dell’area, ma non ospita solo la casa dei discendenti di Crocco. Qui potrete visitare la Chiesa Madre (in stile barocco) o la Chiesa del Santissimo Sacramento (del trecento).
Non da meno di tutto il resto è lo straordinario borgo di Ripacandida che costituisce un comodo belvedere verso il Vulture. A Ripacandida non dobbiamo dimenticare di far visita al Santuario di San Donato, conosciuto come la “piccola Assisi”.
Una piccola gita sul Vulture ve la consiglio in tutti i periodi dell’anno anche solo per assaggiare le sue prelibatezze e ristorare l’anima con i suoi panorami. Beh che ve lo dico a fare? Orsù dunque, organizziamoci e … partiamo!
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