La lunga guerra che interessò il Meridione a metà del XIV secolo (I parte)
Una pagina pregnante della Stora della Puglia, Il 16 luglio 1349. Segue domani.
La redazione
A metà del XIV secolo, Terra di Bari e il Regno di Napoli furono devastate da una guerra di lunga durata per la successione al Regno di Napoli, fra la regina Giovanna I d’Angiò e il re Luigi d’Ungheria. La guerra era scoppiata in seguito alla morte di Andrea, fratello del re ungherese e primo marito di Giovanna. In Puglia a contrastare le azioni degli ungheresi di stanza a Barletta, c’era il comandante Giovanni Pipino di Altamura. Questi, con le sue cinquecento lance alemanne si era stabilito a Bisceglie. Dopo aver assediato e costretto alla resa Molfetta e Giovinazzo, giunse a Bitonto e cinse la città con un duro assedio per ben diciassette giorni, durante i quali il territorio della città venne devastato. All’assedio parteciparono altamurani, auricarrini, palesi e altri cittadini delle vicine città. I bitontini patteggiarono una resa e concordarono di ritrovarsi per il 15 luglio al campo di san Leone per decidere se sottomettersi a Pipino o guerreggiare contro di lui. Per quella data molte compagnie mercenarie del Palatino di Altamura passarono nel campo avversario e Giovanni Pipino non potè presentarsi all’appuntamento. Da aggiungere che Bitonto, in precedenza, era stato feudo di Carlo di Durazzo, cognato di Giovanna d’Angiò, mentre Palium era feudo di Niccolò Acciaiuoli, gran siniscalco del Regno di Napoli. Questi gli antefatti che dopo l’assedio di Bitonto, portarono alla distruzione di Auricarro e al successivo assedio di Palo.
Le vicende sono narrate nel romanzo CIVITAS INVICTA di Vito Tricarico, premio il romanzo storico. Prima parte I parte: giorno 16 luglio 1349.
Il giorno 16 luglio 1349, sonandosi la buccina, tutto l’esercito ungherese, seguito da un grandissimo numero di irregolari armati di Butuntum, uscì dalla Porta Maja e da Porta Pendile sul torrente Tiflis. L’armata, compatta, si diresse verso Auricarrum, passando per il villaggio di Marescia, abbandonato dagli abitanti. Al momento dell’arrivo, con grande disappunto, trovarono il casale deserto, in quanto tutti gli abitanti si erano rifugiati in Palium. Gli invasori, col sangue agli occhi per il mancato combattimento, si diedero al saccheggio di suppellettili e vettovaglie, asportando e caricando tutto sui numerosi carri giunti da Butuntum. Dopo, per ordine dei Capitani venne appiccato il fuoco alle abitazioni, fu distrutto il piccolo castello, lasciando inviolata soltanto la chiesa di Santa Maria della Croce. A saccheggio terminato, mentre le case bruciavano alzando fiamme altissime, fra soddisfazione per il copioso bottino e la rabbia per il mancato eccidio, tutti fecero ritorno a Butuntum. Lì, seduta stante, venne deciso l’attacco contro la vicina Palium per l’indomani mattina, per metterla a ferro e fuoco.
Quella sera, in Palium, il Capitano del castrum volle parlare agli abitanti e, sceso nella piazza della Chiesa Madre a voce alta, tenne un discorso: “Cittadini palionensi, ricorderemo per sempre questa notte, ma ancor di più sarà ricordata la giornata di domani, perché ci sarà l’attacco contro di noi e so fin d’ora che saprete ben difendere il vostro paese. Io ed i miei uomini siamo alle dipendenze del nostro feudatario Niccolò Acciaiuoli e combatteremo per fedeltà verso di lui e la Regina Giovanna d’Angiò. Voi invece combatterete per le vostre case e per le vostre famiglie. I valorosi uomini palionensi, gli antichi figli di Ercole, combatteranno per le proprie donne, per i loro figli, per le proprie case. Questa guerra dura da molto tempo, ma quello che ho visto in Palium è incoraggiante. I giovani, che in proprio si sono organizzati e si sono addestrati all’uso delle armi con serietà e passione, è qualcosa di veramente memorabile. So anche che tutti questi giovani, oggi, sono qui in armi e domani, alcuni di loro comanderanno i loro coetanei nella difesa della nostra città. Onore all’ Erculea Proles e a tutti coloro che compongono questo magnifico gruppo.”
Cola era un giovane trentenne che aveva partecipato ad uno degli ultimi corsi dell’Erculea Proles. Era un profugo di Auricarrum ospitato, con la giovane moglie e il figlioletto, in un piccolo spazio della navata sinistra della Chiesa Madre. Quella notte non riusciva a prendere sonno, aveva paura e piangeva. La giovane moglie lo aveva ripreso: “Farai svegliare il bambino” ma Cola non riusciva a frenarsi. Intervenne un suo compagno a risollevargli il morale con una bevuta di vino contenuto in una piccola botte di legno che aveva salvato dalla sua casa di Auricarrum. Finalmente Cola, dopo l’abbondante bevuta si addormentò. Ebbe però un brutto sogno: L’angelo della morte, in una schiera di belligeranti, stava scegliendo i suoi uomini. Fra i prescelti c’era anche Cola di Auricarrum.
Segue….
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