La musica che gira intorno…Correva l’anno 1983
L’attualità di un classico del cantautorato italiano
Antonio Pasquale
“Sarà la musica che gira intorno, quella che non ha futuro, saremo noi che abbiamo in testa un maledetto muro”. Con questa citazione dal testo del cantautore Ivano Fossati, La musica che gira intorno, incluso nell’album Le città di frontiera, veniamo coinvolti in medias res in una riflessione esaustiva e attualissima sulle preclusioni mentali dell’uomo, che irretiscono il progresso culturale e collettivo, includendo un’ampia disanima inerente il concetto di diversità.
Le diversità politiche, religiose, sessuali e razziali costituiscono anche nel 2024 uno stigma sociale, per alcuni ambiti volutamente strumentalizzate, rendendo sempre presente questo ipotetico muro, citato nel testo, che ci impedisce di superare i preconcetti ed accogliere criticamente qualcosa di nuovo o di non simile alla nostra idea di normalità (o assuefazione).
Per Fossati la musica che gira intorno “non ha futuro”, perché il contesto coevo alla scrittura del testo (1983) non agevolava il superamento delle tante, troppe barriere erte ad ogni latitudine dal contesto sociale – quindi dalla società globalizzata – generando instabilità, immobilismo e disorientamento negli individui, sempre più disallineati, in un sistema socio-politico di non semplice definizione e a tratti imponderabile.
C’è un passaggio particolarmente incisivo nel testo, che segna anche un punto cardine per andare oltre le barriere ostative ingenerate dal tessuto sociale e fornire a ciascuno la possibilità di riflettere sull’autoreferenzialità del proprio paradigma esistenziale, ovvero “perché l’America così come Roma li fa paura e il Medio Oriente che qui da noi non riscuote nessuna fortuna”.
In questa espressione lapidaria si può cogliere la constatazione fulcro della dissertazione, afferente la condivisione di come ogni individuo si comporti, ragioni, percepisca lo stesso disagio esistenziale in ogni parte del mondo, benchè il contesto vari e le strategie di potere siano diversamente dirette e strutturate.
Diventa bensì, dovere di ciascuno porre impegno per non allontanare da noi ogni piccola possibilità di contribuire ad un futuro alquanto migliore per l’intero tessuto sociale, con un atteggiamento più coerente, meno dipendente da quanto venga semplicemente proposto dai contesti di riferimento, volto a coltivare il dubbio, il confronto, la ricerca delle informazioni e il riferimento attivo a più fonti, al di là di quanto possa essere garantito di fatto da ogni realtà in cui siamo inseriti.
Qui si pone l’interrogativo o lo scetticismo su come una simile predisposizione dell’animo possa effettivamente incidere in un contesto magmatico, invasivo e con eventi troppo complessi per poter essere diretti verso un orizzonte di dialogo costruttivo e di crescita.
La differenza purtroppo risiede nella volontà del singolo di comprendere proprio tale complessità del reale e le sue evoluzioni instabili, acuendo i propri strumenti di interpretazione della realtà, vincendo l’indolenza e la rassegnazione, che ci portano spesso a rinunciare al confronto e alla relazione, partendo dai piccoli contesti.
Un invito e un messaggio non facile, ma che la musica e le Arti nel loro complesso, ci spronano ad accogliere come antidoto alla supina accettazione dei muri, che a distanza di quarant’anni ci attanagliano e che spesso siamo noi stessi ad edificare ed in restiamo inviluppati.
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