La musica in pubblico e la sua didattica.

Terzo appuntamento con un articolo sulla didattica musicale, in esclusiva per questa testata, dell’eccelso flautista Roberto Fabbriciani (in foto di copertina, immortalato, da Luisella Botteon, mentre dirige)

Roberto Fabbriciani

Nella prima lezione mi hanno insegnato che la musica è l’arte dei suoni, l’arte di organizzarli e di combinarli tra loro.

In questo periodo di isolamento sociale si parla molto di didattica e anche di esecuzioni musicali online. Tutto ciò, secondo me, ha un valore indiscusso nell’emergenza. E’ un percorso obbligato ma non passi il messaggio che questo sia sufficiente.

La musica è un linguaggio. Come sostengono gli antropologi nasce dalla necessità di comunicazione e, come tale, ha senso in un contesto sociale. Sicuramente una persona in solitudine può suonare e cantare e in questo trovare un intimo conforto, la soddisfazione a personali bisogni o esprimere un’accorata preghiera ma altra cosa è fare musica in un contesto professionale, secondo dinamiche che presuppongono una fruizione del prodotto artistico musicale.

Essere docente di strumento in un conservatorio o in un’accademia è una professione differente e particolare rispetto ad altri insegnamenti e difficilmente sostenibile con una didattica online. Insegnare a far musica deve tener conto di tutte le sfumature, i dettagli del suono e della voce.

La musica è suono che vibra nell’aria e, già un attimo dopo, rimane nella nostra memoria per l’intensità e la bellezza dell’emozioni che ci ha donato. Per questo il suono va curato molto dettagliatamente e da vicino. Devono essere controllati e ben cesellati gli aspetti tecnici, per esempio gli attacchi, le articolazioni, l’intonazione, il vibrato, i colori, le dinamiche, il ritmo, i respiri, i fraseggi. Per non dire di tutti gli aspetti che riguardano l’espressività, la fantasia, la capacità di suonare insieme, la capacità di improvvisare, di ascoltare e di ascoltarsi, di imparare ad ascoltare il silenzio. Anche il silenzio è suono, fondamentale componente della musica … e tutto ciò deve essere fatto in presenza. Pur possedendo un ottimo mezzo di riproduzione sonora e sofisticati mezzi tecnologici solo attraverso la didattica in presenza è possibile cesellare con pazienza, passo dopo passo, quella magica combinazione di suoni che è la musica. Sicuramente la didattica online può funzionare meglio per discipline teoriche e per la comunicazione di contenuti. Insegnare a suonare o a cantare comporta una stretta relazione tra maestro e allievo, un po’ come avveniva in una bottega rinascimentale. Sono in gioco dinamiche interpersonali fatte di sentimenti, di emozioni, di slanci, di passioni, sottile comunicazione di intenti che, in una dimensione virtuale, si impoverisce risultando di minore qualità.

In questo periodo la musica ci accompagna, si suona sui social, appaiono proposte musicali di ogni genere e in diverse modalità che ci aiutano a socializzare virtualmente e a superare l’attuale difficoltà. Questo è molto bello e coinvolgente, ma solo in parte esaustivo del fare musica.

Non bisogna dimenticare che la musica vive e si relaziona con lo spazio, lo spazio acustico delle sale e dei teatri con il quale l’interprete interagisce. Questo è storicamente fondato. In ogni epoca i compositori hanno mutato il suono della musica in funzione degli spazi di esecuzione e dei fruitori della loro arte. La bella immagine di un quadro rimane un surrogato, utile ma non così affascinante ed emozionante. Per non parlare poi dell’alchimia che si crea tra l’interprete e il pubblico e che traduce la tensione emotiva in concentrazione e nel desiderio di dare il meglio.

Riprendiamo presto con la musica dal vivo.