La Via Appia la prima autostrada della storia
Il lungo percorso della Via Appia candidata alla tutela UNESCO, come strada più antica ed importante dell’Occidente.
Maria Catalano Fiore
Nei giorni scorsi è stato firmato, a Roma, il protocollo per la candidatura della via Appia “Regina Viarum” a Bene culturale, pareva scontata, ma in effetti non era mai cominciata realmente la necessaria e lunga procedura.
La via Appia è già di fatto patrimonio dell’umanità. La via Appia, è in effetti la strada completa, più antica (dal IV sec. a.C. in poi) e più lunga (650, poi 900 Km) costruita, prima del XIX secolo in area europea.
La strada romana della via Appia ancora oggi, fa da collegamento tra Roma e Brindisi, l’antico porto tra i più importanti dell’Italia e dell’Europa. Un asse viario ed uno scalo, da cui partivano in origine le rotte commerciali per la Grecia e l’Oriente. Nel contempo era un percorso veloce anche per le milizie romane che dovevano tenere sotto controllo le popolazioni del sud della penisola e gli sbocchi sul mar Adriatico e Mediterraneo.
Considerata dai romani come “Regina viarum”, a tutt’oggi ritenuta una delle più grandi opere di ingegneria civile nel mondo, per l’impatto economico, militare e culturale che ha avuto per numerosi secoli non solo sulla civiltà romana. La sua migliore caratterizzazione era il particolare criterio di costruzione, l’uso della pietra di selce sagomata in “basole” ben levigate e leggermente convesse sui lati che favoriva lo scorrimento dell’acqua piovana, che ne permetteva una ottima percorribilità anche in inverno. La sua larghezza di 4,10 m. permetteva, inoltre, una circolazione agevole nei due sensi. Spesso era affiancata da larghi marciapiedi.
Il nome “Appia” deriva sia dalla celebre villa costruita dall’Imperatore Domiziano nel territorio dell’antica città di Alba Longa, che attraversava completamente, sia dal suo progettista Appio Claudio Cieco, che ne crea il percorso nel 312 a.C. Lavori di costruzione che si protraggono sino al 190 a.C. con l’affaccio sul porto di Brindisi. Notevole il necessario sforzo economico.
Partendo da Roma, attraversa il Lazio, la Campania, Basilicata e Puglia. Interessante ripercorrerla così come segnato sulla mappa, in effetti lo stesso tracciato delle moderne strade di percorrenza. La manutenzione della via Appia, viene sempre curata dai vari imperatori romani.
I viaggiatori, commercianti, militi romani percorrevano la via Appia in 7 tappe corredate di Stazioni di posta, alberghi, osterie, piccoli impianti termali e servizi per i viaggiatori:
La prima a Roma, ovviamente, dove tutto partiva da “Porta Capena”, nei pressi del Circo Massimo, le prime miglia sono caratterizzate soprattutto dalla presenza delle Catacombe Cristiane di San Callisto e, poco più avanti di San Sebastiano. Storicamente tutte le catacombe appaiono costruite lungo le vie consolari, ma non solo, qui abbiamo anche la Tomba di Cecilia Metella e quella di Romolo.
Terracina: un tempio che domina il mare, con il suo canale navigabile, attraversabile con chiatte trainate da tori, sino alla lastrificazione ordinata da Traiano. Fondi, Formia.
Capua: la seconda Roma
Montesarchio: tra i borghi più belli d’Italia
Passo di Mirabella: l’antica città di Aeclanum
Venosa: storia, cultura e archeologia dell’antica “Venusia” e “Silvium”, (Gravina). Da qui svoltava per “Rudiae” (Grottaglie) sino all’importante “Uria” (Oria) terminando a “Brindisium”.
Brindisi: la fine del cammino.
L’integrazione con la via Appia Traiana ha poi collegato, in modo più lineare, “Aecae” (Troia), “Canusium”, (Canosa) e “Barium” (Bari)
Nel VI secolo d.C. Procopio di Cesarea, durante le “Guerre Gotiche” è ammirato per il perfetto stato di conservazione del basolato.
Nel Medioevo, l’Appia diviene, insieme alla via Traiana, la “via dei crociati”, anche l’imperatore Federico II salpa dal porto di Brindisi in direzione della Terra Santa.
La strada cade poi in disuso per svariati motivi, per molto tempo, sino a quando Papa Pio VI, verso la fine del 1700, ne confisca interi tratti e ne ordina il restauro, realizzato, purtroppo, con il “recupero” di molte parti di antichi edifici in disuso, anche di aree tombali.
I viaggi in Italia dei figli dell’aristocrazia europea del XVII e XVIII sec. non potevano prescindere da una lunga tappa a Roma, e da viaggi vari. Preziosi i loro appunti e descrizioni sulla via Appia per ricostruire importanti tasselli su monumenti, ville ed altro che costellavano il percorso.
Un esempio fra tutti è quello di Sir Richard Colt Hoare, un colto latinista e archeologo inglese che il 31 ottobre 1789 intraprese il viaggio lungo la Regina Viarum, seguito dal pittore Carlo Labruzzi, incaricato di disegnare per lui i monumenti lungo il percorso. Al Labruzzi dobbiamo ben 226 disegni, monumenti, ma anche campagne popolate e produttive.
In epoca napoleonica, l’imperatore stesso ipotizza la creazione e rivalutazione di un grande parco archeologico, di fatto ci furono solo sepolcri.
Anche Papa Pio IX desidera recuperare la via Appia, affidando i lavori, nel 1851, all’architetto Luigi Canina. Nel 1855, i primi 10 km, vicino Roma, appaiono sistemati anche con nuove piantumazioni.
A fine 800, dall’avvento della fotografia in poi, molte sono le testimonianze tramandate da viaggiatori e fotografi. Un bagaglio di immagini ed informazioni unico ed inestimabile.
Numerose le iniziative di recupero, ma quasi vane sia per la vastità delle aree interessate che dell’inglobamento in città e borghi attraversati, è arrivato il momento in cui tutto sia tutelato e garantito in modo sistematico e generale e, soprattutto, salvato il salvabile.
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