La vite maritata e l’asprinio di Aversa

La coltivazione dell’Asprinio, un’uva molto antica. le cui qualità erano già note in epoca romana.

Rocco Michele Renna

Durante una delle mie appassionate ricerche di stampe e quadri antichi della nostra bella terra mi sono imbattuto in un dipinto di Jacob Philipp Hackert, “La Vendemmia”. Questo dipinto mi ha incuriosito perché vedevo i tralci di uva arrampicati sugli alberi e la vendemmia veniva fatta, al limite del funambolismo, con delle lunghe scale.

Jacob Philipp Hackert “La Vendemmia”

Approfondendo ancora di più la cosa, scopro un vitigno particolare in quel di Aversa, un vitigno che si “arrampica sugli alberi”, ancora oggi qualche viticultore pratica questo modo di tenere i vigneti, il vitigno è l’Asprinio di Aversa o Aversa Asprinio con la tecnica della viticultura “maritata”. Questo vitigno, viene fatto crescere «aggrappato» a un’altra pianta

Jakob Philipp Hackert di Augusto Nicodemo 1797

L’Aversa Asprinio è un vitigno a bacca bianca di tipo DOC la cui produzione è consentita nella zona di Aversa nel casertano, dove dà ottimi risultati, soprattutto, se coltivata ad alberata. Spesso la pianta è abbinata a tutori vivi.

L’Asprinio è un’uva molto antica le cui qualità erano già note in epoca romana e molti autori dei quel tempo – fra questi Plinio il Vecchio – cantarono lodi ai suoi vini nei loro scritti.

Molte sono le teorie sulla sua origine. Quello che è certo è che i vini prodotti con quest’uva furono citati da molti autori nel corso della storia e le sue qualità furono decantate e apprezzate in tutta la Campania e altrove. Pare che l’Asprinio fosse già presente nell’area di Aversa già in epoca etrusca e probabilmente destinata alla produzione di aceto e in epoche successive fu particolarmente apprezzato per i suoi vini frizzanti naturali, asprigni e dissetanti.

 Il sistema tradizionale di coltivazione dell’Asprinio era quello della cosiddetta vite maritata – oggi definito come alberata Aversana – una tradizione introdotta dagli Etruschi e che veniva spesso utilizzata anche in tutte le altre zone in cui questo antico popolo ha vissuto. Il sistema consiste nel fare arrampicare la vite in un tutore vivo costituito da un albero di pioppo o di frutta, aceri, olmi e ulivi.

Formano una barriera vegetale in grado di superare i 20 metri di altezza, in questo modo si riscontrano interessanti vantaggi sfruttabili nella viticoltura biologica. Si dice che i Borboni li usassero come barriere difensive contro le cavallerie nemiche.

 Il sistema della vite maritata fu così diffuso ad Aversa tanto da attrarre – com’è normale che fosse – lo stupore e la meraviglia dei visitatori dei tempi passati.

 Il momento più suggestivo era rappresentato dalla vendemmia… Verso la metà del mese di settembre, abili vignaioli arrivavano nelle campagne dotati di scale altissime, larghe appena una trentina di centimetri e con pioli distanti circa 40-50 centimetri l’uno dall’altro.

Trasportate in perfetto equilibrio verticale sulle proprie spalle, le scale venivano appoggiate sugli alti pioppi. I vignaioli salivano fino in cima e iniziavano a raccogliere l’uva partendo dalle estremità più alte delle viti. Arrampicati sulla sommità di queste scale, riempivano le tradizionali gerle a cono e con una corda le calavano a terra.

La forma particolare delle gerle a cono appunto serviva anche perché molte volte queste gerle piene venivano quasi lanciate a terra e la forma conica le faceva conficcare nel terreno facilmente e poi recuperate con la corda, dove donne e ragazzi provvedevano a svuotarle nelle botti. Le uve così raccolte venivano quindi pigiate per mezzo del tradizionale torchio.

La patria indiscussa dell’uva Asprinio è l’agro aversano – in provincia di Caserta – dove ancora oggi quest’uva viene coltivata appunto con il metodo tradizionale della vite maritata, un sistema di viticoltura tipicamente etrusco in cui la vite viene fatta arrampicare su alberi ad alto fusto.

Nonostante il sistema sia oggi in declino, è possibile ammirare ancora – viaggiando per le campagne intorno ad Aversa – il suggestivo spettacolo delle cosiddette alberate aversane che si stagliano nel cielo anche ad altezze di 15 metri.

La tradizionale vinificazione dell’Asprinio è fatta nelle grotte – scavate a 13 metri di profondità e sotto le case padronali – capaci di offrire condizioni uniche e particolarmente adatte alla conservazione del vino, oltre ad assicurare giusti livelli costanti di temperatura, umidità e luce durante tutto l’anno

Ottimo vino da pasto, si serve a temperatura tra 7° e 8°. Vi è poi una versione angioina (spumante), che viene prodotta nella doppia versione “demi-sec” e “brut”: Entrambe hanno un profumo tipico ed elegante e un perlage sottile. Tutti e tre serviti freddi si adattano con antipasti freddi, tartine, stuzzichini, piatti di pesce, crostacei e molluschi.

Per sentito dire e non per prova diretta, pare che si sposi bene anche con la mozzarella di bufala. Mi riprometto di provarci sicuramente, la prossima volta che mi capita di andare in quel di Aversa, adesso posso solo aggiungere che lo spettacolo della coltivazione tradizionale di queste uve ben si sposa con il risultato ottenuto e quindi brindiamo ai nostri lettori invitandovi a fare altrettanto.

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