Le neviere murgiane
Antico manufatto architettonico, composto da una cisterna o pozzo, a pianta rettangolare, scavata nella roccia
Rocco Michele Renna
Dai tempi antichi l’uomo ha avvertito l’esigenza di procurarsi refrigerio durante la calura estiva e, non avendo i mezzi di cui oggi disponiamo, ha utilizzato ciò che la natura gli offriva: la neve.
La neve in passato da qualcuno era considerata una maledizione divina, perché rovinava alcune colture agricole, pregiudicando i raccolti, mentre da altri una fonte di reddito e sopravvivenza perchè permetteva che alcuni cibi, durante il periodo estivo, non andassero a male.
La ‘niviera’ o ‘neviera’ (NEVERA in spagnolo = frigorifero in italiano), antico manufatto architettonico, composto da una cisterna o pozzo, a pianta rettangolare, scavata nella roccia con una profondità che varia tra 4 e i 12 metri, e con struttura sovrastante in pietra calcare, avente volta a botte e tetto in pietra. Presenta sulla volta, una apertura di ‘scarico’, ed altre due laterali. In questi particolari depositi, i nostri avi, dopo aver trasportato e stivato la neve, con il trascorrere di qualche mese, avevano a disposizione un enorme riserva di ghiaccio.
La prima traccia storica dell’utilizzo di una ghiacciaia si ha dai tempi degli antichi Sumeri, descritta nella Tavoletta di Zimri-Lim, re di Mari, concernente la costruzione di una ghiacciaia a Terqa nel 1780 a.C. circa. L’utilizzo dal 1825 di un taglia-ghiaccio trainato da cavalli, rese più facile ed economica il suo uso negli Stati Uniti e portò un impulso alla sua diffusione fino al 1930, anno dell’avvento del frigorifero meccanico.
Infatti, i primi frigoriferi domestici del 1913 erano in realtà un armadio contenente un blocco di ghiaccio prodotto nelle ghiacciaie. Grazie alla meccanizzazione e la concorrenza del mercato, il costo del ghiaccio commerciale scese e divenne accessibile anche alle fasce meno abbienti della società. In un certo senso, la diffusione e il successo di massa del primo frigorifero a ghiaccio (ghiacciaia), dette impulso all’invenzione del frigorifero meccanico.
La neviera, oggi, può essere considerata a tutti gli effetti, un monumento di archeologia agricolo- industriale, da tutelare e salvaguardare per le future generazioni, le neviere erano sparse su tutto il territorio italiano.
Nella nostra Regione, vista la conformazione orografica del territorio, le neviere, venivano costruite in prevalenza nei declivi dei terreni, all’interno di grandi masserie, castelli, palazzi gentilizi, e talvolta costruite all’interno delle mura del paese.
Innanzitutto, cos’è la neviera?
neviera
/ne·viè·ra/
sostantivo femminile
Grotta o cantina in cui si raccoglieva in passato, nell’inverno, la neve da usarsi nella stagione calda per il raffreddamento di cibi e bevande .
È un locale sotterraneo in cui un tempo si raccoglieva la neve da usarsi per tenere in fresco i cibi e le bevande.
Come accennato in precedenza, fino a pochissimo tempo fa non esistevano frigoriferi e robe di questo genere che permettessero una conservazione dei cibi anche durante la calura estiva. E allora cosa si faceva? Si depositava il ghiaccio nella neviera per poterli conservare. Quest’ultima, caratterizzata da una struttura quadrangolare in muratura era dotata di una apertura circolare posta sulla volta. Inoltre vi erano ricavate una o due porticine laterali utilizzate per prelevare il ghiaccio.
All’interno, profondo circa due metri, l’isolamento era garantito da uno spesso strato di foglie secche, mentre la copertura esterna veniva isolata tramite uno strato di paglia e terriccio. Sul fondo vi era un canale di scolo che permetteva all’acqua di defluire all’esterno e di non compromettere quindi il restante materiale. Tali accorgimenti garantivano la conservazione del ghiaccio per tutto il periodo estivo.
Alla neviera, lavoravano circa 10-15 operai, che al primo cadere della neve, con cura la raccoglievano dai campi, e la trasportavano in loco. All’interno della neviera, operavano altri operai chiamati “insaccaneve”. Questi con i piedi e le loro scarpe avvolte in sacchi di canapa, calpestavano e compattavano con cura la neve nella cisterna. Chiaramente le scarpe erano foderate, per evitare che durante la “stivatura”, la neve venisse contaminata da corpi estranei.
Gli stessi erano muniti di appositi attrezzi di legno, chiamati “Paravisi”, questi avevano forma rettangolare, cm.40X30, ed infisso al centro avevano un manico in legno alto circa un metro. Con tale pesante attrezzo, gli operai compattavano la neve depositata, e dopo aver “constipato” il primo strato di neve. che doveva avere uno spessore di circa cm. 40, nella parte laterale della cisterna, inserivano della paglia, utile per isolare la neve dalle pareti, creando una intercapedine. Compattato il primo strato di neve, lo si copriva con uno strato di paglia, detta “Cama” (dal termine in spagnolo=letto).
Successivamente, se ne formavano altri strati successivi, fino al raggiungimento del bordo superiore della cisterna. L’ultimo strato di paglia era il più abbondante, e sopra di esso si ponevano numerosi sacchi di canapa, ed un po’ di terra.
La chiusura della neviera, avveniva utilizzando alcune pesanti tavole, che premevano su tutti gli strati di neve sottostante. Per ultimo le tavole venivano coperte da grandi teli di canapa, e su di esse, si sovrapponevano rami di ginestre e fascine di mandorlo, andando a creare una ulteriore camera d’aria, questa era necessaria per non far sciogliere la neve. Poi l’escursione termica notturna provocava raffreddamenti, che con le rifusioni diurne, permettevano alla neve di trasformarsi in ghiaccio.
Per evitare lo scioglimento del ghiaccio durante il trasporto dalla neviera allo spaccio di vendita, gli operai, dopo averlo tagliato utilizzando grosse accette, erano soliti deporlo in sacchi di canapa contenenti paglia pulita, e lo caricavano sulla groppa di asini o sui traini. Tutte le fasi della lavorazione, erano sotto il controllo attento del proprietario o dell’appaltatore della neviera.
Nel tempo lo sviluppo del commercio del ghiaccio divenne talmente importante da far porre l’istituzione di una gabella sulla neve.
Infatti, dal 1625 fu applicata un’imposta sulla neve che durò sino al 1870, e dal 1640 venne concesso l’appalto per l’approvvigionamento del ghiaccio ad un unico imprenditore.
Il prezzo del ghiaccio, che non poteva essere superiore a 3 “grana” (unità monetale del Regno delle Due Sicilie) per rotolo (unità di misura del peso, pari a circa 80 kg), era comprensivo della gabella che l’appaltatore doveva versare al comune. A sua volta la gabella era comprensiva di una modesta somma che l’appaltatore versava alla chiesa dedicata alla protettrice della neve.
Le gare d’appalto per la vendita della neve si bandivano attraverso l’affissione di “manifesti”, e gli appaltatori dovevano sempre essere garantiti, solidalmente, da una persona del posto di indubbia moralità. Tra le condizioni dell’appalto, che poteva durare uno o più anni, si stabiliva che la neve doveva essere fornita solo dagli appaltatori aggiudicatari e venduta dai dettaglianti scelti dal Comune. In caso di mancata fornitura della neve, l’appaltatore era soggetto al pagamento di una multa ed in caso di recidiva anche all’arresto personale.
Dai primi anni del Novecento , come abbiamo gia detto prima, la fornitura di neve è stata soppiantata dalla produzione industriale di ghiaccio, venduto fino a tempi recentissimi, ovvero sino all’avvento del frigorifero, abbandonando all’oblio del tempo le antiche neviere. Le neviere erano sparse su tutto il territorio, in particolare ricordiamo quelle della “Murgia del Ceraso” (m 459 s.l.m.), “Murgia Lama Rosa” (m 485 s.l.m.), e “Jazzo Sentinella” (m 491 s.l.m.), dove residuano vari manufatti per lo stoccaggio della neve.
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