Margherita Sarfatti

Chi conosce la storia arriccia il naso, i più si chiedono chi è stata mai….E’ stata una grande donna collezionista d’arte, giornalista e scrittrice. Poi amamte di Mussolini e per anni sua musa.

Maria Catalano Fiore

Chi era questa donna definita, ai tempi, sprezzantemente, “l’Americana”?

Margerita Grassini Sarfatti è stata soprattutto una Grande critica d’arte italiana, nota per la sua importanza nel panorama culturale internazionale dall’inizio del 900 in poi. Una parabola ascendente la sua, che scende poi precipitosamente sino all’umiliazione, per le sue origini ebraiche, alla fuga e, poi, dopo il rientro in Italia, all’isolamento quasi assoluto.

Margherita Grassini (Sarfatti dopo il matrimonio) nasce a Venezia nel 1883 in una ricca famiglia ebrea con un’adolescenza dorata. Suo padre Amedeo era una personalità di grande spicco: avvocato ed amico del Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (il futuro Papa Pio X) era anche imprenditore, fondatore della prima società di Vaporetti a Venezia, dove era anche consigliere comunale, e tra i trasformatori del “Lido” in meta turistica. Il suo prestigio crebbe ulteriormente quando, nel 1894, dal “Ghetto” con tutta la sua famiglia si trasferirono nello storico “Palazzo Bembo” sul Canal Grande. La madre era una Levi imparentata con la scrittrice Natalia Ginzburg.

Margherita poco dopo il matrimonio.

Margherita, ultima di 4 figli, molto dotata, a 14 anni parlava già 4 lingue, comincia la sua istruzione superiore con i migliori docenti appassionandosi alla Storia dell’arte, a Carducci, a Marx e alti teorici socialisti, con grande scandalo in famiglia. Ha modo di conoscere personalmente i Fogazzaro (Giuseppe ed Antonio) e Gabriele d’Annunzio. I Fogazzaro le forniscono un approccio con il Cristianesimo, cosa che riprenderà in futuro. Nel 1928 abbraccerà la fede cattolica.

A soli 15 anni conosce l’avvocato ebreo Cesare Sarfatti, trentenne, anche lui socialista. La simpatia tra i due si trasforma in amore e non appena Margherita compie 18 anni si sposano. Con il cognome Sarfatti firmerà tutti i suoi scritti e le sue opere.

Nel 1902 si trasferisce a Milano dove comincia a scrivere su “L’Avanti!”, nel 1909 è responsabile della “Rubrica di Critica d’Arte dell’Avanti!” organo di stampa del Partito Socialista italiano. Comincia a collaborare anche con “Unione Femminile“, organo di stampa dell’omonima associazione impegnata per l’emancipazione femminile.

Nel 1912 Anna Kuliscioff fonda e dirige una rivista per la difesa delle lavoratrici alla quale aderiscono donne socialiste. La Sarfatti si rende disponibile a fornire il suo contributo sia con articoli, sia con sovvenzioni personali in denaro. Nello stesso anno incontra Benito Mussolini, allora dirigente del PSI e in procinto di divenire direttore dell’Avanti!,

Tra i due nasce una relazione che si trasformerà in un sentimento più profondo, durato vent’anni. La Sarfatti sarà sempre vicina a Mussolini ed alle sue evoluzioni, però, a volte guidandolo, a volte cercando di arginare … Non si sa con esattezza quando i due si incontrarono per la prima volta. Nel libro autobiografico MY FAULT, ancora inedito in Italia, racconta di aver sentito parlare di Mussolini nell’ottobre 1911, ma non è escluso che si siano incontrati nel 1910 nel Congresso Socialista di Milano.

Autobiografia inedita in Italia

Nel 1918 Segue B. Mussolini al “Popolo d’Italia”, di cui fu redattrice per la parte letteraria ed artistica e si presenta a lui: era una donna affascinante ed elegante, con una ricca famiglia alle spalle e moglie di un affermato avvocato, ma soprattutto stupiva tutti per la sua cultura e il comportamento un po’ snob nonostante l’attiva militanza socialista. Un aspetto ben diverso da quello di Anna Kuliscioff o di Filippo Turati, Mussolini, invece era cambiato, non più il bohémien sciatto e trasandato delle prime battaglie socialiste e dal tono sprezzante, ma era ormai un uomo di bell’aspetto, con baffi, curato nell’abbigliamento, lo sguardo intenso.

Come direttore dell’Avanti! aveva un suo prestigio ed un aspetto severo ed inappuntabile. Aspetto che conserverà sempre, pur eliminando i baffi, ancora bohémien su consiglio di Margherita che nel frattempo era diventata la sua amante e musa ispiratrice risvegliandone l’interesse per i temi artistici e culturali. Entrambi sposati, ma gelosi in modo ossessivo e tormentato.

E’ indubbio che per tutta la prima metà degli anni 20 Margherita Sarfatti fu la dominatrice assoluta del mondo artistico e culturale italiano. Estremamente legata anche all’avanguardia Futurista di Filippo Tommaso Marinetti che le dedica scritti ed abbozzi di opere ed a Umberto Boccioni che le fa un magnifico ritratto futurista ed un secondo in movimento.

Filippo Tommaso Marinetti ed una sua “Bozza” su Margherita

Fervente interventista, come i Futuristi, nella prima guerra mondiale, nella quale però perse il figlio Roberto (1900-1918) appena diciottenne, medaglia d’oro alla memoria, aderisce sin dall’inizio al fascismo. Un duro colpo. A suo ricordo Margherita fa erigere, nel posto dove è stato ucciso, un monumento funebre ad opera dell’arch. Giuseppe Terragni (1904-1943), il massimo esponente del razionalismo architettonico italiano, che in seguito influenzò moltissimo tutta l’architettura del ventennio.

Una mostra dedicata alla Sarfatti ed a quel periodo

Il suo salotto milanese già ad inizi anni 20 era frequentato da molti intellettuali ed artisti, è senza dubbio Il Salotto tra i più esclusivi della città, su Corso Venezia. Accoglie il Gruppo Futurista, ma non solo: letterati come Massimo Bontempelli con Ada Negri, la coppia di scultori Medardo Rosso e Arturo Martini. Talvolta interviene lo stesso Mussolini ad aperture di eventi particolari come nella foto sottostante.

Mussolini, l’avvocato Sarfatti e Margherita ad una cerimonia ufficiale

Nel 1922 fonda con il gallerista Lino Pesaro ed un gruppo di artisti tra cui Achille Funi, Mario Sironi, la Galleria “Novecento” Pesaro di Milano. Su Achille Funi scrive una magnifica Biografia, Mario Sironi la ritrae più tardi.

Umberto Boccioni: Margherita in movimento

A causa della sua adesione al fascismo sancita nel 1925 dalla sottoscrizione al “Manifesto degli intellettuali fascisti” alcuni artisti però si allontanano non condividendo la nascita di una cosiddetta arte fascista.

Margherita in Galleria a Milano

Tuttavia, nonostante le polemiche, nell’ambito della XCIII Esposizione degli Amatorie Cultori di Belle Arte di Roma organizza la mostra “Dieci Artisti del Novecento Italiano” (Roma 1927) nella quale espongono i principali pittori romani tra cui Guidi, Socrate, Trombatori, più tutti i maggiori artisti italiani.

Istituisce la “Triennale di Milano” facendovi costruire il Palazzo dell’Arte.

Margherita ritratta da Umberto Boccioni

Diventata vedova nel 1924, la Sarfatti si dedica alla stesura di una Biografia di Mussolini, il testo, prima pubblicato nel 1925 in Inghilterra, poi in Italia come DUX. E’ infatti Sempre Margherita che getta le premesse per la creazione del “Mito Mussolini” come dell’uomo venuto dal popolo, il “figlio del fabbro”. Mussolini non ne fu entusiasta ma il libro fu un successo italiano, europeo e addirittura planetario. Un milione e mezzo di copie vendute solo in Italia e 17 edizioni. Verrà tradotto in 18 lingue compreso il turco ed il giapponese.

Mussolini e Margherita

Per quanto discreta, ma non esclusiva, la reazione tra Margherita e Mussolini continua nel decennio successivo, fatta di incontri segreti a Palazzo Venezia, non mancando di suscitare le ire della moglie di Mussolini, Rachele Guidi Mussolini.

Mussolini e la sua famiglia al completo.

I rapporti con l’amante cominciano, comunque, ad affievolirsi, Si comincia a sentire il divario culturale tra i due, e soprattutto che dal lato giornalistico lei era diventata troppo potente, a volte ingombrante e poi l’arte, Mussolini non riusciva a capire occhi, piedoni, cose che non corrispondevano alla sua razionalità.

Margherita invece era delusa da un Fascismo che non corrispondeva all’ideale ideologia di “un uomo nuovo” più giusto. Nel 1934 ottiene il passaporto ed ad intraprendere un viaggio in America, a bordo del Transatlantico Rex. Viene accolta con tutti gli onori, riservati ad un capo di stato, dal Presidente Roosvelt e da sua moglie Eleanor, anche in privato. Due persone capaci che, per contrastare la grande depressione, avevano lanciato il New Deal a cui forse pensava di spiegare il Fascismo. E’ accolta come una Star ed è accompagnata da intellettuali come Giuseppe Prezzolini e dall’ambasciatore Augusto Rossi.

Con questo viaggio la Sarfatti, come precisa nella sua autobiografia, si è distaccata dal “Popolo d’Italia” e ha lasciato anche la direzione di “Gerarchia”. Mussolini non intende neppur parlare degli Stati Uniti e della loro ripresa dopo il catastrofico crollo del 1929.

La rottura definitiva arriva nel 1936, con l’arrivo a Palazzo Venezia della più giovane e docile Claretta Petacci. Nel 1937, alla vigilia del suo espatrio dall’Italia in previsione delle leggi razziali del 1938, Margherita Sarfatti pubblica il volume: “L’America, ricerca della felicità” con il quale forse si illudeva ancora di convincere Mussolini ad un ripensamento sulla sua scelta filo-tedesca anche se anche Roosvelt non la convinceva del tutto. Augusto Rossi scrive in seguito un volume nel quale indica tutti i messaggi inascoltati della Sarfatti a Mussolini e infine quest’ultimo “messaggio in bottiglia” con la consapevolezza di essere diventata, come essa stessa si definiva Un oracolo azzittito”.

Tanti messaggi che, purtroppo per l’Italia, Mussolini non volle ascoltare.

Margherita in esilio, o meglio fuga dalle leggi raziali.

Margherita si trasferisce prima a Parigi, dove rivede Alma Mahler che la descrive: “Prima una regina senza corona, ora una mendicante reale in esilio”. In seguito si rifugia, per sei anni, in Uruguay e Argentina trascorrendo l’estate a Montevideo, dove si è sistemato il figlio Amedeo. Gli Stati Uniti, ora la respingono. Continua a scrivere pubblicando numerosi scritti d’Arte (Storia della Pittura Moderna,1930, ecc..) un Libro in versi, un Romanzo (Il Palazzone,1928) e un volume di ricordi (Acqua passata, 1955).

In Sudamerica comincia a scrivere le sue memorie, parlando soprattutto dei 20 anni trascorsi a fianco di Mussolini. Inizialmente il titolo avrebbe dovuto essere Mea Culpa, poi trasformato in MY FAULT.

Impietosamente una parte della sua famiglia, rimasta in Italia, viene deportata ad Auschwitz, dove muoiono.

Margherita rientra in Italia solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche.

Vive appartata nella sua villa di Cavallasca, presso Como, sino alla morte, avvenuta all’età di 81 anni, nel 1961.

L’archivio completo di Margherita Sarfatti è conservato all'”Archivio del ‘900″ del MART di Rovereto.

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