Nuovi colori – II

In copertina Roberto Fabbriciani (foto di Maria Luisa Runti, Trieste 2014) NUOVI COLORI – II parte –

Roberto Fabbriciani

Brian Ferneyhough Carceri d’invenzione IIb (Edition Peters, 1984)

A Darmstadt, nel 1956, John Cage apre una prospettiva verso orizzonti sperimentali basati su presupposti diversi da quelli della ricerca europea. L’idea di una musica totalmente determinata inizia a vacillare a causa di una duplice problematica: da un lato l’impossibilità di una percezione umana ad afferrare gli infinitesimi meccanismi che determinano la struttura, dall’altro la difficoltà a ricondurre un fattore quale il timbro a formule razionalmente controllabili. Di fatto il comporre poteva determinare fino all’ultimo dettaglio la costruzione, ma comunque gli sarebbe sfuggito il modo in cui essa sarebbe stata ricostruita all’ascolto. La coscienza di questo, invita alla via dell’indeterminazione e dell’alea.

Roberto Fabbriciani e John Cage (Firenze, 21 giugno 1992)

Two (1987) di John Cage per flauto e pianoforte appartiene ad una serie di pezzi il cui titolo indica solo il numero degli esecutori: Two, Four, Seven. La scrittura è rarefatta ed è un invito all’inventiva degli interpreti. Nel 1990 durante un’intervista John Cage afferma: “nessun suono rifiuta di stare insieme a qualunque altro suono. Si potrebbe dire, con una metafora erotica, che tutti i suoni si amano, o perlomeno che si accettano, in qualunque combinazione, senza nessun problema”.

La condizione dell’ascolto è un momento decisivo per l’attribuzione di senso del processo musicale. Anche Luigi Nono, specialmente nella sua produzione degli anni ’80, ha insistito sul momento dell’ascolto come decisivo al prodotto musicale. Das atmende Klarsein, fragment (1980/81), per flauto basso e nastro magnetico, ad ogni istante determina e suscita nuove possibilità, esaltando il rapporto tra l’esecutore che propone ed il compositore che sceglie, creando nuove dinamiche, nuovi ascolti nuove qualità. Un fantastico possibile fatto di suoni puri, suoni eolien, percussioni digitali, battiti creaturali in una continua ricerca priva di certezze.

Luigi Nono Découvrir la subversion. Hommage à Edmond Jab (1987)

Man mano che Nono percorreva questa via perdeva l’interesse a fissare le sue composizioni in una notazione vincolante e determinata. Nasce Post-Prae-Ludium n. 3Baabarr” (1988) per ottavino solo, frutto di una comunione di idee e d’intenti tra autore ed esecutore. La dimensione temporale sembra superata, la musica viene da dentro e si libra in uno spazio magico privo di confini fisici.

Roberto Fabbriciani e Toshio Hosokawa (Salzburg, 1995)
Toshio Hosokawa (foto di Luisella Botteon, Firenze 2012)

“E’ necessaria la magia – dice Salvatore Sciarrino – esce dalla nostra vita, eppure così dentro. Ecco perché vengono prodotti gli incantesimi sottili”. In Come vengono prodotti gli incantesimi? (1985) per flauto solo, la figura del solista è reiterata attraverso suoni soffocati, nasce e cresce dal nulla, dallo “zero” per poi nel nulla decrescere e sparire. Risonanze flebili, figure fluttuanti che offrono idea di una lontananza immensa, avvolgono il silenzio, forzandoci ad affinare le nostre capacità percettive ed immaginative. Lo strumento trascende la propria natura, diventa percussione, esplosione polifonica, alito, sottile lamento e quant’altro concesso dalla fantasia dell’ascolto.

Salvatore Sciarrino All’aure in una lontananza (Edizioni Ricordi, 1977)

Le citazioni potrebbero continuare a lungo spaziando da Pierre Boulez a Bruno Maderna, a Karlheinz Stockhausen, Sylvano Bussotti, Adriano Guarnieri, Nicola Sani, Berislav Šipuš, Luigi Esposito, Osvaldo Coluccino, Cesare Valentini, Mauricio Sotelo, e poi Aldo Clementi, Fantasia su roBErto FABbriCiAni (1980), Toshio Hosokawa, Vertical Song I (1995), Robert HP Platz, Rezital (1993).

Karlheinz Stockhausen e Roberto Fabbriciani (Milano, 1983)
Aldo Clementi e Roberto Fabbriciani Omaggio a Clementi Fondazione Piccinni di Bari (foto di Luisella Botteon, 2004)
Robert HP Platz e Roberto Fabbriciani (foto di Luisella Botteon, 2019)

Credo che il futuro degli strumenti a fiato, tra i quali il flauto e il clarinetto, sia una certezza. Il loro passato testimonia un cammino in fieri, mezzi espressivi preziosi, per la loro versatile natura, ideali per stimolare/provocare compositori ed interpreti ad esprimere sempre nuove vie.

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