Pandemia: coronavirus in Italia e nel mondo

Cosa dicono gli esperti.
L’Italia ha già toccato il picco dei contagi?

Lidia Petrescu

“Si vedono segnali importanti di rallentamento dell’epidemia in Italia” ma “alla domanda se siamo arrivati al picco, la risposta potrebbe essere ‘ni'”. Ad affermarlo è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ai microfoni di Radio Cusano Campus. “Il tasso di positività dei tamponi molecolari è sceso, mentre quello degli antigenici è stabile intorno al 15% – spiega Cartabellotta – Questo è conseguenza del fatto che abbiamo situazioni differenziate da regione a regione, alcune potrebbero aver già raggiunto il picco. Ovviamente aspettiamo che questo rallentamento si consolidi, anche perché in tanti sono tornati al lavoro e a scuola da pochi giorni dopo le feste di Natale”.

Fabio Ciciliano, componente del Comitato Tecnico Scientifico, sostiene che “ci accorgeremo del picco quando questo sarà passato, in questo momento si stanno registrando degli incrementi settimanali che sono ridotti rispetto agli incrementi delle settimane precedenti, questo ci fa capire che la curva sta cominciando a piegarsi. E’ ovvio che, come accaduto nelle scorse primavere e nelle scorse estati, il virus si avvantaggia dei climi freddi dove le persone sono rinchiuse in ambienti ristretti. Quando le temperature si alzano, e le persone stanno più all’aperto, i virus respiratori e anche questo coronavirus, circolano di meno e la condizione epidemiologica migliorerà.

“In questo momento – continua il presidente della Fondazione Gimbe- stiamo continuando a vedere che rispetto al numero dei casi, oltre due milioni di attualmente positivi, la situazione ospedaliera sembra essere sostanzialmente sotto controllo. Gli ingressi in terapia intensiva sembra stiano flettendo, i tassi di occupazione ospedaliera si mantengono stabili. La situazione come al solito è molto variabile da Regione a Regione“. 

Ieri era intervenuto sul tema anche il ministro della Salute, Roberto Speranza: “Dobbiamo guardare al domani ma con piedi radicati nell’oggi: siamo in un picco e l’auspicio è che nei prossimi giorni ci sia ulteriore raffreddamento della curva, di cui si è visto già qualche primissimo segnale”. Per il ministro, “con questi numeri di contagi senza vaccini saremmo stati costretti a misure durissime. Il vaccino resta l’arma fondamentale: stamane avevamo l’89,91% di over 12 che aveva fatto la prima dose”. “In questa fase con tanti contagi la comunità scientifica ci dice che la persona contagiata deve stare in isolamento”, ha concluso. 

Anche per Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale, “i dati ci dicono che siamo vicini al picco, sarà questione di giorni ma già c’è un appiattimento della curva, ha detto al Tg1. “E dopo ci aspetta una convivenza con il virus e con la variante che fino a marzo-aprile avrà una coda che speriamo non sia troppo lunga. Ma confidiamo in nuovi farmaci, in nuovi vaccini contro le varianti. Insomma – ha concluso Abrignani – avremo un lento ritorno alla normalità”. 

Gli alti tassi di vaccinazione della popolazione adulta nei Paesi industrializzati hanno dato origine alla speranza che un ritorno alla vita prepandemica possa essere in arrivo. In realtà, la vaccinazione potrebbe non bastare a fermare il coronavirus e pur tuttavia il vaccino potrebbe rivelarsi utile. Le parole di Anthony Fauci in Italia hanno chiarito quale potrebbe essere la prospettiva dei prossimi mesi, se non anni.
Il più famoso virologo del mondo ha spiegato che Omicron contagerà tutti, a causa del «suo straordinario e senza precedenti grado di efficienza di trasmissibilità» e ha previsto che «alla fine contagerà quasi tutti». Tuttavia, il consigliere di Joe Biden per il Covid ha ripetuto durante un’audizione in Senato quella che è anche la versione del ministro Speranza e degli scienziati italiani, cioè che quanti sono stati vaccinati potranno essere comunque infettati «ma molto probabilmente, con alcune eccezioni, se la caveranno ragionevolmente, nel senso che non avranno bisogno di ricovero ed eviteranno la morte».

Ed è lo stesso discorso che fanno gli studiosi americani che ammettono che è molto probabile che il nostro futuro sia una convivenza con l’astuto covid-19.

Queste affermazioni, che trovano riscontro nelle prime ricerche sugli effetti dei vaccini in circolazione, si inquadrano nelle previsioni che gli scienziati sono ormai in grado di fare sui possibili scenari della pandemia, descritti da uno studio del luglio scorso, uscito su Jama e firmato da Aaron Kofman, Rami Kantor e Eli Adashi, delle Università di Atlanta e Providence. Mostra che gli scenari possibili sull’evoluzione del Covid-19 sono quattro: eradicazione, eliminazione, coabitazione o conflagrazione. Tra essi, il più probabile è il terzo, la coabitazione, che è esattamente quello pronosticato anche in Italia da chi sostiene (dalla primavera del 2020) che il virus si sta adattando all’organismo dell’uomo, limitando il danno sull’ospite, ma aumentando la propria contagiosità.
Il fatto che il virus abbia questo comportamento «astuto», come lo ha definito Fauci, non dipende dal fatto che i vaccini non assicurano una copertura assoluta, ma dall’accesso differenziato alla vaccinazione e, appunto, dalla diffusione delle varianti, a seguito delle mutazioni che effettua ogni virus in natura. «Poiché la volatilità è stata finora l’attributo invariante della Sars-CoV-2, prevedere un futuro stato stazionario può essere intrinsecamente problematico» ammettono i ricercatori americani, secondo i quali per eradicare questo coronavirus «si dovrebbe raggiungere una sufficiente immunità di gregge attraverso la vaccinazione e l’infezione preventiva».

La vaccinazione è decisiva

Parole scritte prima della marcia trionfale di Omicron, certamente, ma che, allo stato attuale, trovano ancora conferma nei dati. Se questa variante non avrà la diffusione che in questo momento si teme – ma che epidemiologicamente si potrebbe addirittura “sperare”, perché potrebbe dare un contributo importante, seppur ad alto prezzo, alla trasformazione del coronavirus in una malattia endemica come l’influenza stagionale – gli scenari globali restano altri. L’eliminazione temporanea si potrebbe realizzare localmente, grazie ad alti tassi di vaccinazione e misure di prevenzione draconiane, come in Israele e Nuova Zelanda. Ma per eliminare il virus nel mondo servirebbe una vaccinazione continua e un monitoraggio strettissimo delle specie animali con cui viene a contatto l’uomo, essendoci il rischio di un salto di specie con i pipistrelli, i visoni e i topi, che propiziarebbe la nascita e la diffusione di nuove varianti capaci di vanificare gli sforzi fatti. «In assenza di futuri sforzi indefiniti di vaccinazione contro la Sars-CoV-2, un’eliminazione duratura, per non parlare dell’eradicazione, potrebbe rivelarsi impossibile» tagliano corto gli scienziati.

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