Pedro e Cristina: 60 anni insieme.

Felice Anniversario a Pedro e Cristina per i loro 60 anni di matrimonio. Un bellissimo traguardo volendosi bene come il primo giorno e forse di più.

Maria Catalano Fiore

A Cellamare, ridente e ormai popoloso paese dell’hinterland della città Metropolitana di Bari, hanno rinnovato, ieri, le loro promesse Pedro Giannelli e Cristina Scotella, sposati dal 7 giugno 1962, benedetti da Don Valentino.

Per questo rinnovo così speciale hanno scelto la suggestiva cornice della Chiesetta di San Michele, un vero gioiello di cappella votiva in origine in campagna, sulla rotta dei pellegrini che si recavano sul Gargano.

Gli Sposi con Don Valentino

Belle le loro ri-promesse di matrimonio. Lo sposo: “Gli anni di matrimonio che festeggiamo sono tanti e tu ci hai permesso di trascorrerli sempre insieme. Ti ringraziamo Signore per ogni volta che hai aiutato Cristina e me, per la speranza e la fede che ci hanno guidati, permettendoci di continuare il cammino della vita insieme. Ora ti chiediamo Signore resta con noi.”

La Sposa dice: “Dopo tutti questi anni di matrimonio mio Dio, ti voglio ringraziare in modo particolare per le gioie che hai dato a Pedro e a me ed anche per le difficoltà che abbiamo affrontato insieme, noi due con il tuo aiuto. Fa che riusciamo ad essere, per i nostri figli, un aiuto ed un appoggio discreto ma sempre vigile”.

Questa scelta del posto non è casuale, o forse un segno del destino. Aldilà della cappella, Cellamare, pare che sia nata, come confermano le fonti documentarie col nome “Cella d’amore” o come meglio racconta lo storico cegliese Vincenzo Roppo (1879-1938) “Memorie storiche di Cellamare” tip.Panzini 1926; in seguito alla distruzione della città di Bari da parte del re normanno Guglielmo I di Sicilia detto il Malo discendente degli Altavilla, (1120-1166), padre di Ruggero duca di Puglia. Molti cittadini si rifugiarono, con a capo il loro Vescovo Giovanni V, in una villa ubicata in luogo detto “Cella Amoris”, già di proprietà della Curia di Bari.

Altre fonti citano il luogo come “Cella amard” cioè un posto umido ed angusto appunto una “Cella amara”

Secondo lo storico Carlo Colella (1876-1959) imprenditore agricolo e cavaliere del lavoro nel 1954, soprattutto nei suoi scritti sulla “Gazzetta del Sud e del partito Socialista italiano”, nel descrivere i terreni che sta trasformando in “tendoni” afferma che Cellamare deriva da “Cella ad mare” ossia una dimora di monaci rivolta verso il mare.

Cappella di San Michele

Secondo Repetti e Pastore era un antico luogo un “sacellum” come testimoniato da ricerche geologiche, in cui fuori Bari, c’era acqua a sufficienza alimentata periodicamente da alluvioni. Da queste acque nasce tra i primi abitanti anche l’esigenza di edificare un Tempio ad una Sirena. Ma è controverso se questo amore sia sacro o profano.

Don Angelo Mastrandrea arciprete di Cellamare dal 1939 al 1948 scriveva: Il nome di Cellamare alcuni vorrebbero farlo risalire all’etimo “Coeli Amor” ed il protettore principale lo spagnolo di Cordova Sant’Amatore sacerdote e martire, conferma l’opinione della “Cella Amara” poiché qui i vescovi baresi confinavano, per punizione, gli ecclesiastici indegni.

Questa cappella, sicuramente tardo barocca, può certo iscriversi nell’allargamento dell’antico abitato in epoca più recente. Infatti, si presenta con una semplice pianta rettangolare, priva anche di un accenno di abside, ma sull’unica mensola d’altare una nicchia (attualmente protetta da un vetro) abbiamo una statua non molto grande, ma di buona fattura, di San Michele databile al tardo 700.

Nella parte superiore una oleografia ottocentesca e altre due immagini votive, la cappella ha subito sicuramente un “restauro” negli anni scorsi che ….scusatemi….ma dopo 40 anni in questo campo nel Mibact, mi pare piuttosto distruttivo e poco conservativo.

La facciata appare divisa in due settori, quello inferiore in pietra dura è stato “bucciardato” in modo atipico per questa zona pugliese, la parte superiore in tufo, appare con profonde fughe in cemento che ne appesantiscono l’originaria bellezza (andavano fatte con tufo sbriciolato più chiaro e rifinite con del collante/impermeabilizzante Mapei). Una nicchia balconata espone un San Michele piuttosto recente.

All’interno, intonacato in epoca imprecisata, le “chianche” originali in pietra, del pavimento sono state sostituite con ceramica marmorizzata…. scusatemi, ma personalmente le avrei evitate. Il primitivo altare appare schiacciato all’interno della parete di fondo e ridotto ad una semplice mensola, per far posto a due misere colonne ed un ripiano, con una spessa ridipittura, che ne cancella le linee ed i motivi barocchi che sicuramente erano presenti.

So che questa cappella ha sicuramente un aspetto devozionale, e a molti sembra più funzionale ma, pur restando graziosa, ha perso la sua originaria identità. Un qualsiasi ingegnere o architetto, a meno che la cosa non sia avvenuta negli anni 60/70, non poteva farlo, poiché dubito che ci sia stato un intervento o una approvazione dei Beni Culturali. Mi sembrano lavori “fatti in economia”.

Una deliziosa chiesetta non può essere “ripulita” cambiandone aspetto e spiritualità.

Comunque lunga vita sia agli sposi che alla Cappella di San Michele.

Per seguirci su Facebook mettete il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivetevi al gruppo lavocenews.it. Grazie.