Peppino Impastato

Impastato e Moro uccisi lo stesso giorno. Due figure eroiche.

Nunzia Zampino

Era il 9 maggio del 1978 quando a centinaia di km di distanza morivano Aldo Moro e Peppino Impastato. Uccisi da chi voleva imporre il loro silenzio

Ricordiamo oggi il compagno Giuseppe Impastato, militante comunista, assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978, ad appena 30 anni. Figlio di un affiliato alla cosca di Cinisi, in provincia di Palermo, rompe i rapporti con il padre e consacra la sua vita alla lotta contro Cosa Nostra.

Peppino fu cacciato di casa da ragazzo e avviò un’attività politico culturale. Dopo essere stato iscritto al PSIUP, dal 1968 partecipa come dirigente alle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il Manifesto e Lotta Continua, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli, restando al fianco di contadini, edili e disoccupati nelle loro battaglie.

Attraverso la cultura, Peppino spera di aprire le menti, ma deve scontrarsi con la reticenza e l’omertà dei suoi concittadini.
Nel 1977 fonda Radio Aut, emittente libera e autofinanziata, che usa per denunciare i crimini e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini. La sua irriverenza e la sua genialità sfociano nel programma di controinformazione e satira “Onda Pazza a Mafiopoli”, in cui Peppino indirizza le sue invettive alla mafia e agli esponenti della politica locale, prendendo di mira in particolare il capomafia Gaetano Badalamenti, che sarà il mandante dell’omicidio di Peppino.

Nel ’78 Peppino si candida nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali di Cinisi. Ma agli scrutini non arriverà mai: nella notte tra l’8 e il 9 maggio, Peppino viene legato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani e fatto saltare in aria con una carica di tritolo posta sotto al corpo. L’evento passa in sordina: nello stesso giorno dell’assassinio di Peppino, infatti, i riflettori sono puntati su Via Caetani, dove viene ritrovato il corpo di Aldo Moro.

Da subito si assiste ad un opera di depistaggio ed insabbiamento, con la complicità degli stessi carabinieri e della magistratura. Bisognerà aspettare quasi 25 anni perché Vito Palazzolo (nel 2001) e Gaetano Badalamenti (nel 2002) vengano condannati come mandati dell’omicidio di Peppino.

Perpetuare la memoria di Peppino è nostro dovere morale, per continuare a dare voce al coraggio e alla coerenza di un uomo straordinario.

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