Pompei: riemergono, in un armadio, stoviglie varie
Pompei è una miniera di ritrovamenti di case , utensili, cose varie, persone, il certosino lavoro degli archeologi viene sempre premiato.
Maria Catalano Fiore
In una casa del “ceto medio” sono state ritrovate stoviglie e bicchieri, riposti in un armadio da 2000 anni, accanto anche un baule. Probabilmente questi arredi ed oggetti sono arrivati sino a noi proprio perché protetti dalle travi e dal tetto collassato su di loro.
Certo, nella grande e fiorente città di Pompei, sono presenti anche case dove viveva il “ceto medio”, non ci sono solo “Domus” di signori che vivevano in grandi case, avendo anche degli schiavi, cavalli, animali o botteghe, c’è come dovunque, un ceto medio formato da lavoratori di vario tipo.
Dopo gli opportuni saggi di scavo e procedendo secondo le regole dello scavo archeologico (metodo Carandini – Andrea Carandini: archeologo ed accademico italiano nato nel 1937, che ha studiato “la stratificazione”, un modo scientifico di procedere negli scavi archeologici), sul retro del “Grande larario” (luogo destinato nelle case romane al culto dei Lari-antenati protettori della casa), riportato alla luce nel 2018, nell’area indicata come “giardino incantato” lì dove ci si aspettava di ritrovare una nuova “Domus” importante e fastosa sono emersi, invece, degli ambienti modesti, ma pieni di dignità dove c’erano alcuni oggetti raffinati.
Ambienti che raccontano la vita quotidiana, spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei: “persone che spesso vivevano in affitto, ai margini delle classi più benestanti. Nella città campana intorno all’80 a. C. questa, -prosegue il direttore- era una situazione molto diffusa. Una realtà che riguardava una gran parte della popolazione, eppure, sino ad oggi, poco documentata e raccontata.”
A fronte di una facciata decorata e del raffinato larario le pareti interne di queste stanze, fotografate ancora da pochi, ovviamente, sono intonacate, ma nude senza alcuna traccia di affreschi. Nudo è anche il pavimento in semplice terra battuta. Cinque stanze comunicanti più i servizi formano questa abitazione che, comunque, dispone di un bel giardino ed una cisterna per l’acqua piovana.
Come in ogni casa romana, non mancano infatti i servizi: una cucina ed una latrina, quasi come quelle delle abitazioni più importanti. La civiltà romana è, infatti, nota anche per le sue norme e dotazioni igieniche sia private che pubbliche. Dotazioni che diamo per scontate, ma mentre erano presenti nell’antica Roma, non erano contemplate nella sfarzosa Reggia di Versailles, dove i residenti poco si lavavano e per ….il resto…concimavano i rigogliosi giardini. I nobili abitanti si profumavano, anche per cercare di nascondere gli odori disgustosi, ma non si lavavano. Ancora nel 2° dopoguerra non tutta la città di Londra era dotata di fognature, pertanto i “pitali” o acque varie venivano svuotati in strada in canalizzazioni del selciato, la pioggia, poi trasportava tutto nel Tamigi….
Cosa molto importante: in una delle stanze è stato riaperto, con cautela, un armadietto, con cerniere ricavate da ossa di animali, in cui erano riposte stoviglie, piattini di vetro, ciotole di ceramica, vasi, praticamente la “Credenza buona”. dove erano conservate le stoviglie migliori da usare per eventuali ospiti. In un’altra stanza c’era un tavolino ancora apparecchiato con le sue suppellettili, un letto con il suo cuscino, una cassapanca, un bruciaprofumi una brocca in bronzo corredato di un grande bacile, anche lui in bronzo. Nella stanza anche un baule, che conservava cose prelevate in tutta fretta al momento del disastro, nel quale si distinguono ancora una lucerna, un piattino, un lembo di tessuto. Un’ultima stanza era adibita a deposito/dispensa.
A proposito dell’uso dei mobili, arredi e suppellettili, molto interessante è la lettura della pubblicazione, di qualche anno fa, di Ernesto De Carolis “Il Mobile a Pompei ed Ercolano” ed “L’Erma”
Certo è che ancora tanto è il lavoro da fare per mettere in sicurezza questi nuovi ambienti e renderli visitabili dal pubblico. Soprattutto indagare su altri ambienti simili per conoscere meglio la vita, interrotta così bruscamente dell’antica città di Pompei.
“Un lavoro di squadra straordinario, una bellissima storia di grande civiltà, poiché Pompei non smette di stupire” commenta il ministro per la Cultura Dario Franceschini.
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