Ricordo di Luigi Nono
In questo drammatico 2020 ricorre il trentennale della scomparsa del grande compositore. Il ricordo di Fabbriciani, non è una stucchevole pagina commemorativa, ma fa rivivere, in parole, un capolavoro musicale del XX secolo. In copertina: Luigi Nono e Roberto Fabbriciani a Venezia (foto di Luciano Morini, 1980)
Roberto Fabbriciani
Quest’anno ricorrono i 30 anni dalla morte di Luigi Nono. Grande personaggio della musica e della cultura italiana. Ho avuto con lui un bellissimo e importante rapporto di amicizia e di collaborazione iniziato nel 1978.
Dopo una recita del Blaubart di Camillo Togni al Teatro alla Scala, Luigi Nono venne a trovarmi in camerino: era rimasto ‘impressionato’ dal mio modo di ‘partecipare’ ad un lavoro così particolare come quello di Togni.
Da sempre la figura e la musica di Nono avevano destato la mia ammirazione e incontrare e parlare con lui accrebbero il mio interesse ed il mio trasporto per quel musicista eclettico e antiaccademico.
Fu l’inizio di una bella amicizia e di un lungo rapporto artistico. Pochi giorni dopo l’incontro a Milano, Nono mi invitò a Venezia dove lo raggiunsi nella sua casa alla Giudecca.
Ricordo la laguna e molta nebbia, era tra novembre e dicembre, e con la sua barca abbiamo fatto delle indimenticabili escursioni. Camminammo molto per Venezia… le calli, i campi. Ascoltavamo i suoni, le voci, i silenzi…. Io e Gigi eravamo concordi sull’idea che la musica è un pensiero in fieri in cui l’esplorazione è una necessità con tutti i rischi che ne derivano. L’errore è stimolo a ricercare nuovi orizzonti in una continua ricerca priva di certezze. In quest’ottica il rapporto tra compositore ed esecutore acquista delle coordinate di assoluta e necessaria complementarietà e d’interazione. Così le idee fantastiche del compositore risvegliano la creatività dell’interprete e lo invitano a spingersi con il suo strumento ai confini estremi della sua arte. L’interprete partecipa attivamente alla creazione dell’opera musicale, improvvisando su spunti offerti dal compositore oppure l’esecutore fornisce “materia prima”, ad esempio possibilità timbriche nuove o inusitate.
Nell’ultima parte della sua produzione Nono accentuava la tendenza al limite del suono, del timbro, della concezione formale.
In alcuni concerti Luigi Nono guidava le mie performance ai limiti dell’udibile, provocando situazioni di ascolto estremo di fronte ad un auditorium in religioso silenzio alla ricerca di un alito di suono.
Naturalmente la sperimentazione costante, attuata anche in studi di fonologia, accentua questo aspetto del percorso innovativo.
A questo proposito ricordo la mia esperienza con Nono nell’ Experimentalstudio der Heinrich-Strobel-Stiftung des SWF a Freiburg i. Br., di cui era allora direttore l’ingegnere Hans Peter Haller dove giungemmo verso la fine del 1979. Fu quello l’inizio del percorso verso Prometeo e oltre.
Ci accolse il direttore Haller illustrandoci le “diaboliche” e tecnologiche possibilità dello studio. Con grande curiosità, ma anche con timidezza, iniziammo a “toccare” queste macchine, a sperimentare, a provare con pazienza per cercare di capire le differenze. Quei sofisticati strumenti ci permettevano di “lavorare” sul suono del mio flauto, ottenendo effetti inusitati e creando mondi sonori lontanissimi da qualsiasi nostra idea pregressa. Tutto era inimmaginabile a priori, e ogni passo avanti non era un punto di arrivo, un traguardo, ma soltanto un’ulteriore spinta a proseguire e a superare ogni acquisizione certa.
Luigi Nono, 6 maggio 1983:
“Di Roberto Fabbriciani
o della <<nuova provocazione>> per gli infiniti mondi a inventare a scoprire
con il flauto
<<provocazione>> di innovante sapienza, memore di altre, come quella appassionata degli antichi
cantori dei grandi lamenti ebraici (fino all’uso del micro-intervallo)
<<provocazione>> per continua conferma-confronti-analisi,suggerimenti nella pratica esaltante
dello studio <<live electronics>> di Freiburg in B. fisica-tecnologia-spazi
sorprendenti per altrettante sorprendenti qualità di Roberto nella formazione
anche di sinusoidi nella emissione e nell’immissione del fiato, nell’uso del
microfono come nuovo strumento a fiato
<<provocazione>> a splendore qualitativo di nuove albe, impietoso verso i <<virtuosi-velocisti>>
quantitativi scadenti a perdi fiato, tuttora conservati e conservanti.
Roberto Fabbriciani, o della sapienza tra sperimentazione spesso a sorpresa
tra sorprese spesso sconvolgenti per naturalezza (la Foresta Nera. che ci
accoglie, informa) tra l’inaudibile trasporto <<pensato>> tra magici
<<pensieri>> sull’infinito del mare.
Così Massimo Cacciari scrive sul percorso sperimentale e compositivo verso Prometeo:
“… Ogni nota è carica del rischio, dell’avventura di un inizio. Ogni anche debole mutamento segna un’origine. Si capisce perfettamente come l’arte di Fabbriciani si intrecci alla ricerca e ai problemi attuali di un compositore come Nono. Vorrei dire che a me pare che Fabbriciani suoni come Nono pensa. E vi è la stessa attenzione, la stessa attesa, la stessa insoddisfazione per il già raggiunto. Fabbriciani reinventa continuamente il suo strumento: nelle sue mani esso diviene un intero universo di possibili. Ma l’esperimento non è mai sperimentalismo. Nulla più estraneo a questo grande musicista di retoriche avanguardistiche. Egli ci insegna il rigore dell’esperimento, come l’esperimento stesso debba essere definito, analizzato, studiato. Per dirla con il nostro Prometeo (di Nono, anzitutto, ma un po’, credo, anche di Fabbriciani, ……”.
Luigi Nono era cauto nell’utilizzare il live electronics poichè temeva di produrre effetti fini a se stessi, creando un ascolto superficiale. Uno dei suoi obbiettivi era un ascolto più cosciente, teso ad assaporare ogni piccolo cambiamento carico di significati, generando emozioni forti contro qualsiasi forma accademica. Gli esecutori dovevano interagire con il mezzo elettronico. E’ possibile parlare di un nuovo virtuosismo costituito non da velocismi ma da una grande abilità nella realizzazione del suono, da un controllo assoluto dell’emissione, attraverso l’analisi creativa del suono e dei suoi “…infiniti possibili…”.
Das atmende Klarsein per piccolo coro, flauto basso, live electronics e nastro magnetico è stato il primo brano di questo nostro cammino insieme verso Prometeo. Tragedia dell’ascolto..
A propostito di Das atmende Klarsein Nono scrisse: “…E’ la realtà che suscita la possibilità …, tuttavia nella media o nella somma rimarrebbero sempre le stesse possibilità che si ripetono, finchè viene qualcuno per il quale una cosa reale non vale di più che una immaginaria. E’ lui che dà finalmente senso e determinazione alle nuove possibilità e le suscita. Per me questo “qualcuno” è l’ampliamento fantastico possibile per lo studio sperimentale necessario e paziente a Freiburg, nelle vibrazioni fascinose della “foresta nera”, per le sorprendenti innovazioni di Fabbriciani (anche lui “calato” nello studio di Freiburg, e io “calato” nella sua maestria). …questo diverso istante di studio mi è naturale per quel “das atmende Klarsein”, bisogno e necessità suscitatimi per fantasticare “la realtà possibile” del cacciariano Prometeo”.
In Prometeo tutta la drammaturgia risiede nel suono, nelle sue pieghe più riposte, nella sua più intima e mobilissima struttura. Prometeo è “Tragedia dell’ascolto”, al punto che l’idea di rappresentarlo sulla scena è da sempre controversa.
La prima rappresentazione dell’opera avvenne nella chiesa di S. Lorenzo a Venezia il 25 settembre 1984 nell’ambito del festival della Biennale Musica, la musica era di Luigi Nono su testi raccolti e rielaborati da Massimo Cacciari con interventi luminosi di Emilio Vedova e la realizzazione della struttura architettonica lignea di Renzo Piano.
“…gli interventi cromatici che creò Vedova divennero puri interventi luminosi, pura luce in alcuni momenti e basta. Quindi ci fu un processo di progressivo svuotamento, di vera e propria Kenosi; gli stessi elementi “spettacolari” che dovevano esserci all’inizio nella macchina di Renzo Piano vennero radicalmente eliminati e la macchina risultò, alla fine, pura funzione per i movimenti degli interpreti in modo da accentuare tutto l’effetto di musica-spazio che era centrale in Nono, e non a caso, perché laddove si elimina o si tende ad eliminare l’aspetto propriamente temporale cronologico, l’istante, diventa fondamentale l’elemento spaziale.” (Massimo Cacciari).
Aver partecipato al percorso di ricerca che ha condotto al noniano Prometeo, opera che nel XX secolo ha radicalmente cambiato l’idea di teatro musicale, è stata un’esperienza importante e significativa della mia vita artistica che ha generato in me nuove consapevolezze.
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